In affanno la mafia nigeriana della Black Axe Confraternity
Una trentina di arresti in tredici province
L’importante operazione avviata da un paio di anni dalla squadra mobile di L’Aquila sulla mafia nigeriana dei Black Axe e condotta in ben tredici province con una trentina di arresti e perquisizioni domiciliari, è la conferma di una accentuata attenzione investigativa nei confronti di una criminalità divenuta con il passar degli anni sempre più intraprendente e pericolosa.
Un centinaio i capi di imputazione rilevati dalla DDA abruzzese tra i quali il traffico di stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione, le truffe informatiche (ambito nel quale i nigeriani sono grandi esperti), il riciclaggio attuato anche mediante la compravendita di bitcoin.
I Black Axe si confermano, dunque, uno dei quattro cults (insieme ai Supreme Eiye Confraternity, ai Maphite e ai Vikings) a connotazione mafiosa operativi sul territorio nazionale. Già la DIA, tre anni fa (relazione semestrale 2018), aveva riservato una speciale attenzione alla mafia nigeriana presente in Italia (più recentemente, gennaio 2021, sul tema un documento è stato elaborato dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale).
La Black Axe (nota anche come Neo Black Movement of Africa), è nata il 7 luglio 1977 a Benin City (Nigeria) in un Campus universitario e, come le altre analoghe confraternite, aveva intenti caritatevoli e di diffusone di messaggi positivi per il rispetto, la pace, la tolleranza, contro il razzismo. La Black Axe è presente con proprie cellule in diverse regioni tra cui il Piemonte, la Campania, la Puglia, la Sicilia (principalmente a Palermo) ma anche in alcuni paesi europei ed extraeuropei. L’ascia (axe in inglese) è il simbolo della confraternita che sta a rappresentare lo strumento che ha reciso le catene della schiavitù (il numero 7, giorno della fondazione, viene anche utilizzato per rappresentare l’ascia).
La Black Axe pur mantenendo gli aspetti magici e religiosi legati alla cultura tribale di origine, è anche “..dotata di una struttura fortemente gerarchizzata e piramidale, basata su precise regole per l’elezione dei propri capi, una tassa da pagare per farvi ingresso, complessi cerimoniali di affiliazione..” (relazione DIA, cit.). In ogni Stato, poi, l’organizzazione ha la sua Zone con un capo chiamato National Head (a L’Aquila individuato un nigeriano di 35 anni) nominato direttamente dal capo supremo del cult in Nigeria, al quale sono subordinati i Forum che sono le cellule di riferimento in ogni città. Dai capi locali detti anche Lord, dipendono le persone incaricate di spedizioni punitive (i picchiatori detti sluggers).
La scelta dell’Aquila quale base di “lavoro” della organizzazione criminale pare si stata dettata proprio dalla considerazione di una “città tranquilla” dove si poteva lavorare comodamente da casa, nell’ombra, privilegiando truffe informatiche e reinvestendo il denaro provento dai vari delitti commessi in un fitto reticolo di transazioni finanziarie nel tentativo di dissimulare l’origine illecita dei fondi.
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