giovedì 29 novembre 2018

Migranti. Cos'è il "Global Compact for Migration"

Già bocciato dal ministro dell'interno Salvini che ha annunciato che l'Italia NON parteciperà alla Conferenza Intergovernativa prevista in Marocco tra due settimane e chiamata ad adottare il "Global Migration Compact" sotto l'egida delle Nazioni Unite.


Come al solito Salvini decide e Conte lo segue come un cagnolino bastonato. Deciderà il Parlamento, così dicono, ma l'Italia è sempre più isolata. I migranti saranno sempre di più, e non si risolve il problema alzando muri e barriere, ma occorre avere una visione globale per gestire una problematica così vasta e complessa.

Scontro sul "Global Compact for Migration", il patto globale sulle migrazioni. Tra due settimane, in Marocco, il 10 e 11 dicembre è in programma la conferenza intergovernativa chiamata ad adottare il documento, il primo accordo negoziato intergovernativo stilato sotto l'egida delle Nazioni Unite per la gestione dei fenomeni migratori.

Il patto punta a realizzare 23 obiettivi partendo dalla raccolta dei dati come base per le politiche da implementare
  • L'azione mira a contrastare i fattori negativi e strutturali che impediscono alle persone di costruire e mantenere mezzi di sostentamento nei paesi di origine.
  • Intende ridurre i rischi e le vulnerabilità che gli individui affrontano nelle diverse fasi della migrazione.
  • Mira alla protezione e al rispetto dei diritti umani, quindi, deve essere abbinata l'assistenza rispettando, proteggendo e rispettando gli individui che abbandonano il proprio paese e che hanno bisogno di assistenza nel loro percorso.
L'intesa punta a occuparsi anche delle legittime preoccupazioni degli Stati e delle comunità, riconoscendo che le società stanno subendo cambiamenti demografici, economici, sociali e ambientali che sono connessi a fenomeni migratori.

Il Global Compact si sforza di creare condizioni favorevoli che consentano a tutti i migranti di arricchire le società attraverso le loro capacità umane, economiche e sociali.

Oggi, evidenziano le stime dell'Onu, ci sono oltre 258 milioni di migranti in tutto il mondo che vivono fuori dal loro paese di nascita. La cifra è destinata ad aumentare per l'aumento della popolazione e della connettività, l'ulteriore sviluppo del commercio, l'allargamento delle disuguaglianze, gli squilibri demografici e i cambiamenti climatici. Nel settembre 2016 l'Assemblea Generale ha deciso, attraverso l'adozione della Dichiarazione di New York per i rifugiati e i migranti, di sviluppare un patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare.

L'iter per sviluppare il patto è cominciato ad aprile 2017. Il 13 luglio 2018 gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno finalizzato il testo. Il 10 e 11 dicembre, a Marrakech è in programma la conferenza intergovernativa chiamata ad adottare il patto.

Il Global Compact non sarà legalmente vincolante. Il patto, ricorda l'Onu, è fondato sui valori della sovranità statale, sulla condivisione delle responsabilità, sulla non discriminazione e sui diritti umani. Il documento, inoltre, si basa sul riconoscimento della necessità di un «approccio cooperativo per ottimizzare i benefici complessivi della migrazione, affrontando i rischi e le sfide per gli individui e le comunità nei paesi di origine, transito e destinazione»


Gli obiettivi
  • 1. Raccogliere e utilizzare dati accurati e disaggregati come base per le politiche basate su elementi concreti.
  • 2. Ridurre al minimo i fattori negativi e i fattori strutturali che costringono le persone a lasciare il loro paese d'origine.
  • 3. Fornire informazioni accurate e tempestive in tutte le fasi della migrazione.
  • 4. Garantire che tutti i migranti abbiano la prova dell'identità legale e documentazione adeguata.
  • 5. Migliorare la disponibilità e la flessibilità dei percorsi per la migrazione regolare.
  • 6. Agevolare il reclutamento equo ed etico e salvaguardare le condizioni che garantiscono un lavoro dignitoso.
  • 7. Affrontare e ridurre le vulnerabilità nella migrazione.
  • 8. Salvare vite umane e organizzare sforzi internazionali coordinati per i migranti dispersi.
  • 9. Rafforzare la risposta transnazionale al traffico di migranti.
  • 10. Prevenire, combattere e sradicare la tratta di esseri umani nel contesto della migrazione internazionale.
  • 11. Gestire i confini in modo integrato, sicuro e coordinato.
  • 12. Rafforzare la certezza e la sistematicità delle procedure di migrazione per gestire in maniera appropriata screening, valutazione e rinvio.
  • 13. Utilizzare la detenzione solo come misura di ultima istanza e lavorare per individuare alternative.
  • 14. Migliorare la protezione consolare, l'assistenza e la cooperazione nel ciclo migratorio.
  • 15. Garantire l'accesso ai servizi di base per i migranti.
  • 16. Responsabilizzare i migranti e le società affinché si realizzino la piena inclusione e la coesione sociale.
  • 17. Eliminare tutte le forme di discriminazione e promuovere un discorso pubblico basato su elementi concreti per modellare la percezione della migrazione.
  • 18. Investire nello sviluppo delle competenze e facilitare il riconoscimento reciproco delle competenze e delle qualifiche.
  • 19. Creare condizioni affinché i migranti contribuiscano pienamente allo sviluppo sostenibile in tutti i paesi.
  • 20. Promuovere il trasferimento più rapido, più sicuro ed economico delle rimesse e favorire l'inclusione finanziaria dei migranti.
  • 21. Cooperare per agevolare il ritorno sicuro e dignitoso e la riammissione, nonché la reintegrazione sostenibile.
  • 22. Stabilire meccanismi per la portabilità dei diritti di sicurezza sociale e dei benefici ottenuti.
  • 23. Rafforzare la cooperazione internazionale e la partnership globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare.



Articolo a cura di
Maris Davis


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mercoledì 28 novembre 2018

Potenza. Smantellato clan di spacciatori nigeriani, 21 arresti

Alcuni dei 21 indagati saranno detenuti in carcere, ad altri è stato notificato il divieto di dimora. La base del clan era proprio nel capoluogo lucano.


Ventuno misure cautelari sono state eseguite ieri dai carabinieri al termine di indagini su altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione a fini di spaccio di droga, proprio nel capoluogo lucano.

Le misure cautelari sono state eseguite a Potenza, dove è stata sgominata «una cellula criminale nigeriana», a Napoli e in alcuni comuni della provincia di Potenza. Alcuni dei 21 indagati sono stati arrestati e saranno detenuti in carcere, ad altri è stato notificato il divieto di dimora. La base del clan era proprio a Potenza.

Tredici dei cittadini nigeriani arrestati erano richiedenti asilo ospiti di centri di accoglienza del Potentino. Sono ritenuti responsabili di aver organizzato una «frenetica attività di spaccio» di eroina, hashish e marijuana nel centro storico di Potenza. I carabinieri hanno eseguito anche otto divieti di dimora nel capoluogo lucano, a carico di persone sia italiane sia nigeriane.

All'operazione, denominata «Level», hanno partecipato 120 Carabinieri e un elicottero del Nucleo di Pontecagnano-Faiano (Salerno) dell’Arma. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza, sono cominciate nell'ottobre del 2017. I carabinieri hanno stabilito che al vertice del clan vi era un cittadino nigeriano, Samuel Dumkwu, che, grazie alla sua «posizione di supremazia», assicurava «un continuo rifornimento di sostanza stupefacente alla piazza di spaccio di Potenza», dove poi la droga veniva venduta e ha agito con «criteri tipicamente mafiosi», rilevabili dalla «precisa ripartizione dei compiti affidati ai suoi connazionali».

La droga veniva comprata a Napoli e ciò ha confermato l’allarmante sinergia fra criminalità straniera e quella operante nell'area partenopea. Lo spaccio avveniva nel centro storico di Potenza, che il clan controllava in modo «monopolistico»

Avevano creato un meccanismo organizzato per lo spaccio di droga a Potenza, in prevalenza nel centro storico della città, diventando il riferimento «stabile" di consumatori e piccoli spacciatori: il gruppo era composto da cittadini nigeriani, tutti richiedenti asilo per motivi umanitari, in Italia da circa tre anni e ospitati in alcune strutture del capoluogo lucano, e per i quali sono state emesse 18 ordinanze di custodia cautelare (di cui 13 in carcere e otto divieti di dimora).

I particolari dell’operazione «Level» sono stati illustrati nel corso di una conferenza dal Procuratore, Francesco Curcio, dal pm Antonio Natale e dal comandante del Comando provinciale dei Carabinieri, il colonnello Nicola Albanese.

Nel corso dell’operazione sono stati impiegati 120 militari, un elicottero e tre unità cinofile. L’organizzazione, diventata il riferimento della droga in città, era guidata da un nigeriano che si occupava dei «rifornimenti» a Napoli, in prevalenza eroina, hashish e marijuana: lo stupefacente veniva poi consegnato agli spacciatori, sempre nigeriani, per essere venduto nel centro storico e nella villa di Santa Maria, a volte anche a piccoli spacciatori italiani, con un giro di affari di molte migliaia di euro al mese.

Il Procuratore ha evidenziato la difficoltà delle indagini, in quanto «gli spacciatori comunicavano in un dialetto del delta del Niger», e non avevano mai addosso grandi quantità di droga: "Non solo l’eroina era pericolosa per i composti chimici con cui era tagliata ma il gruppo si era ormai 'insediato' nella città in cui era ospitato, per altro in strutture pubbliche»
(La Gazzetta del Mezzogiorno)


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Arriva la tassa sui migranti regolari. Si tassano gli stranieri per finanziare i fannulloni italiani

Nella contestatissima manovra economica arriva anche la tassa sulle rimesse dei migranti. I più colpiti sono i bangladesi.


Il tributo è dell'1,5% e secondo lo studio della Fondazione Moressa porterà nelle casse dello Stato circa 60 milioni di euro, una miseria per raschiare denaro tra i poveri e finanziare il reddito di cittadinanza da regalare agli italiani comodamente seduti in poltrona.

La chiamano “tassa sui migranti regolari. È il nuovo balzello dell’1,5% sulle rimesse per far cassa. Il governo si prepara a pescare in quel fiume di denaro che scorre dall'Italia verso i Paesi d’origine degli immigrati. Un prelievo che porterà allo Stato poco più di 60 milioni di euro e che peserà soprattutto sulle tasche dei lavoratori bangladesi, filippini, senegalesi e indiani.

Non solo. La nuova tassa sui money transfer si aggiunge alle spese di commissione già pagate dai migranti, cozza contro tutti gli impegni assunti a livello internazionale e rischia di ingrossare i canali informali (talvolta illegali) di trasferimento del denaro.

La tassa sui migranti: 62 mln l’anno. L’intenzione del governo è dunque quella di introdurre nel decreto fiscale (tramite un emendamento targato Lega) un prelievo dell’1,5% su tutti i trasferimenti di denaro diretti verso Paesi extraeuropei. A pesarne le conseguenze è uno studio della Fondazione Leone Moressa, che parte dalla crescita degli ultimi mesi.

Nel primo semestre del 2018, per la prima volta dal 2013, si registra infatti un segnale di ripresa: 2,71 i miliardi di euro spediti all'estero, con un aumento dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2017. Mantenendo la tendenza dei primi sei mesi, a fine 2018 si sfiorerebbero i 5,5 miliardi. Lo scorso anno le rimesse complessive dal nostro Paese si sono invece fermate a quota 5 miliardi. Di questi, circa l’80% è destinato a Paesi extra Ue (4,13 miliardi). «Applicando la nuova ipotetica tassa dell’1,5%, entrerebbero dunque nelle casse dello Stato 62 milioni di euro»

Bangladesi e filippini i più colpiti. Chi pagherebbe la nuova tassa? Se si guarda alla classifica di chi spedisce più soldi a casa, dopo i romeni (che non sarebbero tassati in quanto comunitari), da tempo si segnala il record dei bangladesi. E infatti, «il contributo più consistente imposto dalla tassa sarebbe dato dai cittadini del Bangladesh, con ben 8 milioni di euro». E visto che i bangladesi in Italia sono circa 130mila, sarebbe come chiedere a ciascuno di loro, inclusi bambini e anziani, un contributo annuale di circa 60 euro. Seguono i migranti delle Filippine (che verserebbero 4,9 milioni complessivi di tasse), Senegal (4,6 milioni), India (4,4 milioni), Sri Lanka (4,2) e Marocco (4,2).


Contro gli impegni internazionali
Non è tutto. Sulle rimesse già incidono le commissioni pagate al servizio di money transfer: considerando che la media italiana è del 6,20%, si calcola che i migranti abbiano pagato oltre 335 milioni di euro in commissioni lo scorso anno.

Numerosi accordi internazionali sono volti a ridurre il costo di queste transazioni finanziarie verso l’estero effettuate da persone fisiche. Durante il G8 del 2009 a L’Aquila fu stabilito l’obiettivo di portarlo al 5%. Lo stesso obiettivo fu ribadito ai G20 di Cannes (2011) e Brisbane (2014). Inoltre, all'interno degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite è fissato l’impegno di ridurre i costi al 3% entro il 2030.

Con la nuova “tassa sui migranti regolari” l'Italia prende invece tutt’altra direzione: portando di fatto oltre il 7% (tra commissione e balzello) il costo delle rimesse.
(la Repubblica)


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domenica 25 novembre 2018

Nella vigilia della giornata contro la violenza sulle donne sei episodi in 24 ore

Gli episodi avvenuti alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza di genere. Da Genova a Napoli, quasi tutte le vittime avevano già subito soprusi.


Da Genova a Napoli e poi Bologna, Firenze, Rimini, Bari. Sono i sei casi di violenza sulle donne registrati in un giorno in Italia, alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza di genere promossa dall'Onu.

Firenze, strangola la fidanzata durante una vacanza
Le ha stretto le mani intorno al collo e l’ha strangolata fino a ucciderla. Il motivo? Banale, apparentemente. Una lite, qualche insulto. Ma alla fine un 30enne messicano ha ucciso sua moglie, una cinese di 21 anni, in un ostello di Firenze, il Plus Ostel, proprio durante il loro viaggio di nozze. I due, infatti, si erano sposati da circa un mese e sul passaporto del messicano è comparso anche un timbro per un passaggio a Parigi. A Firenze la coppia si trovava da circa dieci giorni.

Il 30enne è stato arrestato per omicidio volontario e ora si trova in carcere, a Sollicciano. Davanti al pm si è avvalso della facoltà di non rispondere. Secondo le prime ricostruzioni delle forze dell’ordine, ha strangolato la moglie come reazione a un diverbio in camera, poi è sceso alla reception dicendo che la donna stava male. A quel punto in camera, insieme con lui, è salita una dipendente della struttura che ha constatato che la 21enne era gravissima ed ha allertato i soccorsi. In quei momenti all'addetta della reception il 30enne avrebbe detto di averla uccisa. I sanitari giunti sul posto hanno provato inutilmente a rianimare la donna ma è morta.

Rimini, marito arrestato dopo il suicidio della moglie
Un uomo di 57 anni di Valconca, in provincia di Rimini, mercoledì è finito in manette dopo aver minacciato di morte la figlia, rea di averlo denunciato, insieme alla madre, per maltrattamenti in famiglia. La vicenda inizia lo scorso settembre, quando, dopo 34 anni di matrimonio, le due donne trovano il coraggio di denunciare il 57enne ai carabinieri.

L’uomo viene allontanato da casa, ma il procedimento va avanti fino allo scorso 19 ottobre, quando il tribunale conferma il provvedimento di allontanamento. Una pronuncia che, però, non basta alla donna. Il giorno dopo, per le vessazioni subite, decide di togliersi la vita. Ieri, venerdì 23 novembre, si è svolto l’interrogatorio di garanzia davanti al gip del tribunale di Rimini, al quale l’uomo si è rivolto per chiedere i domiciliari. Il 57enne ha infatti definito uno “sfogo” le minacce nei confronti della figlia. “È giusto e doveroso denunciare i soprusi, ma questa vicenda è estremamente complicata, non siamo di fronte ad un mostro – ha spiegato il suo avvocato, Giuliano Cardellini – Il mio cliente era già stato allontanato da casa quando si è verificata la tragedia”, aggiungendo che, prima di settembre, non c’erano state altre denunce.

Napoli, aggredisce la ex in strada. I cittadini lo fanno arrestare
La perseguitava da tre anni, da quando uscì dal carcere dove era detenuto per rapina. Lei aveva annunciato di voler interrompere la loro relazione. Da allora nessuna tregua. Le minacce di morte si sono alternate ad aggressioni fisiche e verbali. Tutto per non rassegnarsi alla fine della storia.

L’ultimo episodio è avvenuto ieri, in strada, a Pozzuoli, quando l’uomo, un 32enne, si è impossessato del telefono della ex, con l’intenzione di picchiarla. Tempestivo l’intervento di alcuni passanti che hanno subito chiamato il 112, facendo arrestare il molestatore. Lo stalker è ora accusato di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori e rapina commessi ai danni della ex compagna e si trova ai domiciliari, in attesa di giudizio. La donna è stata accompagnata in ospedale per un trauma al braccio.

Cerca di uccidere la moglie in Germania. Arrestato a Bari dopo una fuga di 20 giorni
Dopo averla attirata in trappola dandole un falso appuntamento, ha cercato di ucciderla con un coltello lungo 20 centimetri. Poi, convinto di esserci riuscito, si è dato alla fuga, per 20 giorni, lasciandola agonizzante a terra.

Per questo un latitante di nazionalità afgana è stato arrestato a Bari mentre tentava di nascondersi al porto. L’uomo, un 35enne residente in Germania, in fase di separazione, è accusato di tentato omicidio e su di lui pende un mandato di arresto europeo. Il fuggitivo in questi giorni ha attraversato alcune frontiere di alcuni paesi del Nord Europa, fino ad arrivare in Italia. Al molo si era rifugiato tra i numerosi mezzi pesanti parcheggiati nell'area di fronte alle banchine di attracco delle motonavi dirette in Grecia.

Bologna, botte alla moglie davanti al figlio. Arrestato
L’ha insultata, le ha sputato addosso e schiaffeggiata. Il tutto davanti agli occhi del figlio piccolo. Per questo un 27enne di origini tunisine di Castel San Pietro Terme, nel Bolognese, è finito ai domiciliari. La vittima è la moglie di 34 anni che, subito dopo la violenza, ha chiamato i carabinieri per denunciare l’accaduto. Il fatto, secondo quanto denunciato, è avvenuto sotto l’abitazione dei due. La 34enne era appena tornata a casa con il piccolo dopo essere andata a prenderlo alla scuola materna.

Genova, sfonda la porta della ex e tenta di aggredirla, arrestato
Ha sfondato la porta di casa della sua ex a calci e una volta dentro ha cercato di aggredirla minacciandola di morte. Per questo un 33enne di origini serbe la scorsa notte è stato arrestato dai carabinieri di Chiavari, in provincia di Genova.

A chiamare i soccorsi un vicino che ha sentito le urla della donna, scappata in strada per sfuggire alla furia dell’ex convivente. L’uomo era già stato ammonito un mese fa dal questore di Genova dopo aver manifestato segni di violenza e gli era proibito avvicinarsi alla casa. Due settimane fa si era ripresentato dalla donna e, dopo averle sfondato anche in quel caso la porta, l’aveva picchiata davanti ai due figli minorenni. La vittima era stata ricoverata in ospedale con una prognosi di 20 giorni. L’uomo era stato fermato ma il pm aveva deciso di non mandarlo in carcere.
(Il Fatto Quotidiano)


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venerdì 23 novembre 2018

Attacco di Boko Haram ad una base militare, oltre 100 militari nigeriani uccisi

Si inasprisce, nel nord della Nigeria, il conflitto tra esercito e combattenti jihadisti Boko Haram, in vista delle elezioni generali del 16 febbraio prossimo.

In Nigeria tornano a farsi sentire i colpi esplosi da Boko Haram. Nonostante le ripetute affermazioni del governo secondo cui il gruppo è sul punto di essere sconfitto, gli attacchi si stanno intensificando principalmente contro le basi militari, con importanti perdite nei ranghi dell’esercito.

Tra domenica e martedì circa 100 soldati nigeriani sono stati uccisi in un duplice attacco ad una base militare nel villaggio di Metele, nello Stato nord-orientale di Borno, epicentro delle attività di Boko Haram e del gruppo scissionista legato allo Stato Islamico.



«Gli insorti ci hanno preso di sorpresa», ha detto all'agenzia Reuters un ufficiale che ha chiesto l'anonimato. «La base è stata bruciata con le armi e abbiamo perso circa 100 soldati. È una perdita enorme». Molti soldati sarebbero dispersi e il numero delle vittime potrebbe essere anche superiore.

Un soldato ha detto che la maggior parte dei colleghi è morta martedì, in un agguato compiuto mentre cercavano di recuperare i corpi delle vittime dell’attacco di domenica. «Abbiamo abbandonato carri armati e armi e il villaggio è ancora sotto il loro controllo»

I militanti jihadisti hanno ucciso centinaia di soldati nella regione negli ultimi mesi. Fonti militari e di sicurezza parlano di una situazione in costante deterioramento, con «truppe male equipaggiate e stanche che hanno raggiunto il punto di rottura»

Il bilancio è tra i più alti da quando il presidente Muhammadu Buhari è salito al potere nel 2015 e potrebbe aumentare le pressioni su di lui, in vista delle elezioni di febbraio, anche per le sue costanti rivendicazioni di vittoria sui terroristi, fatte durante i suoi anni di presidenza.
(Reuters)

Ultima ora. Boko Haram uccide anche in Niger
Otto dipendenti della società francese di trivellazione Foraco sono state uccise in Niger nel corso di un’incursione di un commando armato del gruppo islamista Boko Haram.

Le vittime si trovavano nel Paese, nel villaggio di Toumour (a ridosso del confine con la Nigeria), per trovare e fornire acqua per un campo profughi.

Alle due del mattino, un gruppo di terroristi ha attaccato lo stabilimento, situato nel villaggio di Toumour, dove riposava una squadra di perforatori e tecnici della Foraco” si legge in un comunicato diffuso dalla società francese. “I terroristi hanno poi aperto il fuoco sui lavoratori che dormivano

Foraco ha fatto sapere che, oltre alle otto vittime, sono stati feriti cinque soldati delle Forze armate del Niger, due dei quali gravemente.


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mercoledì 21 novembre 2018

Sud Sardegna, droga, torture, prostituzione. Blitz contro la mafia nigeriana

Disarticolata dalla Polizia una pericolosa cellula della Mafia Nigerina nel cagliaritano


Operazione della polizia di Cagliari denominata "Calypso Nest" contro la mafia nigeriana. Diversi fermi sono stati eseguiti nei confronti di persone di nazionalità nigeriana ritenute responsabili di associazione di stampo mafioso, tratta di esseri umani aggravata dallo sfruttamento della prostituzione e traffico di sostanze stupefacenti.

La Squadra mobile aveva avviato le indagini nel 2017 e il blitz di oggi ha consentito di smantellare il sodalizio criminale che opera nella zona di Cagliari ed è riconducibile alla "Supreme Eiye confraternity", una nota organizzazione della galassia appartenente alla Mafia Nigeriana.

Individuato in particolare un capannone dove si svolgevano le riunioni e identificati tutti i componenti della cellula. Ciò ha consentito di ricostruire l'intero organigramma composto da persone con precisi e distinti ruoli, oltre che i diversi incarichi affidati a ciascun affiliato.

I dettagli
Il decreto di fermo eseguito dalla Squadra mobile è a carico di oltre 20 indagati, tutti nigeriani. Gli approfondimenti investigativi hanno avuto origine dalla scoperta di un traffico di cocaina ed eroina gestito attraverso "ovulatori", sempre originari della Nigeria.

Grazie alle riprese eseguite all'interno di un capannone di Selargius, usato come luogo di riunione, i componenti della cellula sarda della Supreme Eiye confraternity sono stati identificati e questo ha permesso di ricostruire l'intero organigramma.

Numerosi i "general meeting" registrati, durante i quali gli affiliati indossavano baschi o berretti azzurri e sciarpe di colore giallo e rosso a seconda dei ruoli e degli incarichi ricoperti. Svolgevano poi riti tipici anche con l'applicazione di pene corporali.

Il capo del sodalizio era denominato Flying Ibaka, mentre il gruppo direttivo era composto dall'Ostric (lo Struzzo) e dal Dove (la Colomba). C'era poi il comitato esecutivo, con otto membri, chiamato EXCO, presieduto dal Flight Commandant, che aveva il compito di riunire e coordinare gli altri, chiamati Birds o Airlords.

Le attività
Fra le attività illecite emerge in particolare il traffico di stupefacenti, con importazione di ingenti quantità di cocaina ed eroina a Cagliari svolto da Lazarus Kenneth Chiejene con il concorso di altri connazionali attraverso il sistema degli "ovulatori" (spedizioni di droga attraverso "ovuli" ingeriti, attività che viene di solito affidata alle donne o a ragazze compiacenti)

Durante le indagini sono state arrestate cinque persone e sequestrati circa 7,5 chili di droga arrivata dal Sud Africa, dal Mozambico e dall'Olanda.

Nel corso delle operazioni sono stati acquisiti elementi di reato riferibili anche a due donne, Loveth Enogieru ed Edith Ehimwenma, ritenute responsabili della tratta e dello sfruttamento a danno di alcune connazionali. Queste ultime erano state reclutate nel Paese di origine, la Nigeria, con false promesse di lavori stabili e regolari, ma erano state poi avviate alla prostituzione sia su strada sia a casa di una delle "mamam"

Il metodo mafioso
La caratteristica principale della cellula sgominata in Sardegna era il forte vincolo associativo che nasceva con dei riti e delle pratiche anche violente. I componenti dovevano rispettare rigorosamente le regole di obbedienza, con pene corporali in caso di violazione, e periodicamente dovevano obbligatoriamente versare somme di denaro da destinare alla "casa madre" nigeriana.

Salvini
Anche il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha commentato l'operazione. "Associazione di stampo mafioso, droga, sfruttamento della prostituzione, traffico di esseri umani. Dopo una lunga indagine, la Polizia ha colpito la mafia nigeriana che spadroneggiava nel cagliaritano. Grazie alle Forze dell'Ordine. Nessuna tolleranza per chi porta la guerra in casa nostra. Domani sarò in Sardegna, per ricordare ai delinquenti che la pacchia è finita"
(L'Unione Sarda)


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