giovedì 10 ottobre 2019

Como, 13enne nigeriana attirata in trappola e poi stuprata per una notte intera da due giovani connazionali poi arrestati

La ragazzina è stata attirata in trappola da un conoscente, come lei di origini nigeriane, le ha strappato il telefonino di mano, lei lo ha rincorso per recuperare il prezioso smartphone ed è così finita in balia del giovane suo vicino di casa e di un altro ventenne nigeriano che hanno abusato di lei per tutta la notte nella casa di uno dei due.


Le ha strappato il cellulare, sapendo che per la ragazzina quello era l’oggetto più importante. Lei l’ha rincorso per farselo ridare ed è caduta nella sua trappola. È stata trascinata per un braccio in un appartamento e violentata per tutta la notte dal ventenne e da un altro ragazzo, arrivato sul posto poco dopo. La vittima del grave episodio di violenza sessuale è un ragazzina di soli 13 anni, che ha trovato poi la forza di raccontare gli abusi subiti e ha denunciato gli stupratori, ora in carcere al Bassone di Como.

La violenza

La violenza è avvenuta il 5 ottobre scorso. Dopo aver trascorso il sabato pomeriggio con un’amica la 13enne, nata in Italia da genitori nigeriani e residente nel Comasco, stava tornando a casa attorno alle 21.30, quando è stata avvicinata dal 20enne, suo vicino di casa, anche lui di origini nigeriane, che le ha rubato il cellulare ed è fuggito.

La ragazzina lo ha seguito supplicandolo di ridarle il suo prezioso telefonino e si è trovata in trappola. Lui l’ha afferrata per un braccio e trascinata in casa. Nell’appartamento è stato raggiunto da un coetaneo ed entrambi hanno abusato della 13enne fino all’alba. Soltanto quando si sono addormentati la ragazzina è riuscita a fuggire e a tornare a casa, dove ha trovato i genitori disperati: non vedendola tornare, avevano già denunciato la scomparsa della figlia.

La solidarietà delle compagne di classe la convincono a denunciare

Lei però sul momento, sotto choc, non è riuscita a confidarsi. Solo lunedì, tornata da scuola dove forse era stata incoraggiata dalla solidarietà delle amiche, la ragazzina ha trovato la forza di confidarsi con la mamma.

La donna si è precipitata a casa del vicino ventenne e l’ha affrontato. È scoppiata una colluttazione e sono intervenuti gli agenti di polizia che, informati della situazione, hanno avviato un’indagine lampo sfociata nel fermo dei due ventenni. La scientifica ha sequestrato nell’appartamento lenzuola e indumenti che saranno ora analizzati. I due violentatori, entrambi regolari in Italia, ora sono in carcere con l’accusa di atti sessuali con minore (reato che, secondo la legge italiana, si applica quando viene coinvolto un minore di 14 anni) e violenza sessuale.
Corriere della Sera

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Nazista in Germania. Voleva fare una strage nella Sinagoga e non ci riesce, durante la fuga uccide due persone a caso

Halle, ex-Germania dell'Est, Stephan Balliet, il 27enne riprende la sua azione per 35 minuti, il video va in diretta su un sito di videogame. Attentato sostanzialmente fallito solo per la prontezza dei fedeli della Sinagoga che sono riusciti a chiudere il portone blindato dell'ingresso appena in tempo.


Si presenta come 'Anon' ("anonymous user"), si irrita perché non riesce a entrare nella sinagoga, e spara a caso a una donna per strada. Quindi sembra improvvisare, entra in un negozio e uccide un'altra persona prima di fuggire. Alla fine è stato arrestato.


L'odio dei confronti degli ebrei

Per questo ieri in Germania ad Halle, una cittadina di poco meno di 240 mila abitanti della Sassonia-Anhalt, un uomo è arrivato armato, in mimetica, la telecamera fissata sull'elmetto per filmare in diretta web quella che sperava sarebbe stata una strage. L'aveva pianificata per colpire nel giorno dello Yom Kippur, la ricorrenza religiosa ebraica che celebra il giorno dell'espiazione.

A terra vicino la sinagoga dove non è riuscito a entrare respinto dal portone chiuso che ha retto al suo impatto omicida, sono rimaste due persone. Una donna che camminava nei pressi del cimitero ebraico a fianco alla Sinagoga, e un uomo che si trovava in una tavola calda di kebab a 600 metri di distanza, nessuno dei due aveva origini ebraiche.

Il Federal Criminal Office ha fatto sapere, ma solo diverse ore dopo l'attentato, di averlo arrestato. Si tratta di un tedesco di 27 anni, Stephan Balliet, cittadino della Sassonia-Anhalt, e gli inquirenti sono in possesso del suo video. Dopo gli spari, Balliet aveva provato a scappare, nel farlo ha ferito anche due persone, che sono state ricoverate e operate d'urgenza.

Il killer ha filmato tutto

La sua azione di 35 minuti postata su un sito di videogame. Si sente la sua voce prima di aprire il fuoco: "La radice di tutti i problemi sono gli ebrei". Un'azione pianificata, già da una settimana il killer stava pubblicando post nei social inneggianti al nazismo, contro gli ebrei, contro i migranti e contro le donne. Tutti segnali che, alla luce dei fatti di ieri, sono stati ampiamente sottovalutati.

Le immagini ricordano quelle degli attacchi del 15 marzo scorso alle due moschee di Christchurch in Nuova Zelanda. "Si vede prima l'attentatore esporre i punti di vista dell'estrema destra, poi guidare fino alla sinagoga", spiega Rita Katz, direttrice del sito di monitoraggio dei gruppi terroristici sul web, che ha trovato i filmati e invitato le persone a non diffonderli. "Segnalazioni, immagini e video vanno inviate al nostro portale", ha aggiunto la polizia in un tweet.

L'uomo, che secondo Katz, si presenta come 'Anon' ("anonymous user"), "si irrita perché non riesce a entrare nella sinagoga, e spara a caso a una donna per strada". Quindi sembra "improvvisare", "entra in un negozio e uccide un'altra persona prima di fuggire". Sulla base delle immagini si ipotizza che l'uomo abbia agito da solo. "La sua auto era piena di armi apparentemente fabbricate in casa, oltre a un laptop e a una macchina fotografica: il che suggerisce che dietro l'attacco ci sia un inquietante livello di pianificazione"

L'attentatore è stato fermato ad una quindicina di chilometri da Halle quando è stato intercettato dalle forze dell'ordine. Prima di essere ammanettato aveva fatto in tempo a prendere in ostaggio un tassista di passaggio. "Aveva una ferita di arma da fuoco al collo" e quindi "le autorità di sicurezza presumono un tentativo di suicidio"

"Abbiamo un numero sufficiente di indicazioni chiare per affermare l'attacco abbia una matrice di estrema destra e che dietro ci siano motivazioni antisemite", ha affermato il ministro dell'Interno tedesco Horst Seehofer.

I residenti locali sono stati invitati a restare nelle proprie abitazioni

Per varie ore non è stato chiaro se vi fossero altri aggressori in fuga e le autorità avevano inviato la popolazione a rimanere al chiuso. "L'attacco è l'espressione ulteriore dell'antisemitismo che c'è in Europa", ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ricorda come la sparatoria, che è costata la vita a due persone, sia avvenuto "nel giorno più sacro per il nostro popolo"

"Io chiedo alle autorità della Germania si continuare a agire con determinazione nei confronti del fenomeno dell'antisemitismo" ha aggiunto Netanyahu, "In nome del popolo di Israele, esprimo alle famiglie delle vittime il mio cordoglio e auguro ai feriti una pronta guarigione"

La cancelliere tedesca Angela Merkel ha partecipato a una veglia serale presso una storica sinagoga nel centro di Berlino in onore delle vittime dell'attacco dello Yom Kippur a Halle

La reazione in sinagoga, poi il negozio di kebab

Il presidente della Comunità ebraica di Halle, Max Privorotzki, che ha raccontato che il servizio di sicurezza della sinagoga è riuscito ad impedire l'ingresso del killer che ha sparato contro il portone, per poi lanciare una granata nel cimitero adiacente.

"L'attentatore ha lanciato anche diversi ordigni, forse molotov, petardi o granate per entrare. Il tutto è durato dai cinque ai dieci minuti". Il presidente della Comunità ebraica ha inoltre riferito di aver potuto osservare il tentativo di irruzione da una telecamera di sorveglianza posta all'entrata della sinagoga, spiegando che all'interno del tempio si trovavano 70-80 fedeli riuniti in occasione di Yom Kippur, principale ricorrenza religiosa ebraica.

Dopo l'assalto fallito alla sinagoga l'attacco si è spostato contro il negozio di kebab. "Un uomo è entrato nel locale, ha lanciato qualcosa come una bomba a mano, che non è esplosa ed ha aperto il fuoco con un fucile automatico, l'uomo dietro a me deve essere rimasto ucciso, io mi sono nascosto nel bagno", ha detto un testimone alla televisione tedesca N-TV.


Le armi del killer

Secondo quanto si vede nei video diffusi da testimoni nei social, lo sparatore indossava un casco e un giubbotto antiproiettile e ha tre armi: un fucile semiautomatico, un mitra e una pistola. La pistola sembra essere un'arma monocolpo (che va ricaricata ad ogni colpo). Si tratta di armi rare, in genere di calibro 12,5, usate solitamente per sparare proiettili di gomma o comunque munizioni non lesive ma che possono essere modificate per sparare proiettili reali a corta distanza.

La comunità di estrema destra lo definisce "santo"

Anche se l'attacco "non è stato ancora rivendicato da alcun gruppo", le comunità online di estrema destra l'hanno già fatto proprio e chiamano l'ignoto sparatore 'santo'.

Il Papa prega per le vittime

Papa Francesco oggi in apertura dei lavori per il Sinodo ha pregato per i "fratelli ebrei" nel giorno di Yom Kippur. Poi a fine Congregazione, riporta Vatican News, ha ricordato nella preghiera anche le vittime dell'attentato alla sinagoga di Halle, in Germania.


La Repubblica

E adesso, non solo alla luce di questo semi-fallito attentato, ma soprattutto per il proliferare di tutto un sottobosco di estrema destra in Europa, è necessario fare "piazza pulita" di gruppi neo-nazisti e neo-fascisti. Basta con gli appoggi "politici" più o meno alla luce del sole. In Italia, nello specifico, è necessario ripulire l'aria impregnata dall'odio contro gli stranieri, gli ebrei, i migranti, i neri, che diffondono, nella sostanziale impunità, gruppi come Casa-Pound e Forza Nuova, e gruppi politici neo-razzisti legalizzati come la Lega di Salvini.

(Maris Davis)

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lunedì 7 ottobre 2019

Mafia Nigeriana, pericolosa anche dal carcere

A sostenerlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo. "Violenti e senza scrupoli. Sia applicato anche a loro il 41 bis"



L’indagine, condotta dagli agenti della Squadra mobile di Brescia e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Brescia (DDA), con l’arresto degli affilati ad un “cult”, i gruppi criminali provenienti dalla Nigeria, conferma la brutalità della mafia nigeriana.

Ma attenzione, non basta arrestarli perché in carcere sono comunque pericolosi sia in azioni violente contro il personale di polizia penitenziaria ed altri detenuti che in attività di reclutamento per i “cult” di appartenenza. A sostenerlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo, per il quale “a questi nigeriani violenti che non si fanno scrupoli nella tratta di esseri umani e perfino nel traffico di organi umani, va applicato lo stesso regime del 41 bis previsto per i mafiosi italiani

Nelle carceri italiane, al 31 agosto scorso, erano detenuti 1.654 nigeriani di cui 995 imputati e 659 condannati, che rappresentano l’8% della popolazione carceraria straniera, con un incremento annuo del 5% e, secondo gli ultimi dati disponibili, su 12.387 reati firmati dalla criminalità nigeriana (un quinto di quelli commessi da tutti gli stranieri), 8.594 avvengono al Nord, 1.675 al Centro, 1.434 al Sud, 684 nelle Isole.

Da mesi abbiamo lanciato l’allarme e sollecitato il Ministero della Giustizia e l’Amministrazione Penitenziaria a non sottovalutare la crescente pericolosità della mafia nigeriana nelle carceri, nei Centri di Accoglienza per richiedenti asilo dove avvengono l’affiliazione o il reclutamento delle cosche africane. La cella diventa il luogo preferito per “formare” nuovi criminali sempre più spietati.

È il clima di semi-impunità e di sottovalutazione della pericolosità a favorire la ramificazione di nigeriani nelle città italiane 

Un clima che non può essere ulteriormente tollerato. È necessario quindi provvedere al rimpatrio di tutti i criminali stranieri, soprattutto i nigeriani. Ma inchieste come quella di Brescia, le cronache dei giornali e i servizi televisivi sulla criminalità nigeriana sempre più frequenti, dimostrano il grado di penetrazione sul territorio italiano. Una criminalità di tipo mafioso che ormai ha sfidato quella campana, calabrese, pugliese, fuori e dentro gli istituti penitenziari, non consente più di voltare la testa dall’altra parte.


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mercoledì 2 ottobre 2019

Nigeria. "Fabbrica di bambini", donne violentate per vendere i loro figli

Salvate 19 ragazze incinte e quattro bimbi che stavano per essere ceduti. Le vittime venivano attirate a Lagos con l’inganno e poi costrette a subire rapporti sessuali per renderle gravide. Due arresti.


La Nigeria è la prima economia africana ma la povertà resta molto diffusa, così come il traffico di esseri umani.

La metà dei 190 milioni di abitanti vive in povertà estrema. Negli ultimi anni l’economia, prima basata solo sul petrolio, si è abbastanza diversificata, puntando su commercio, telecomunicazioni, tecnologia. Fondamentale resta la sfida della sicurezza, soprattutto al Nord, per la minaccia fondamentalista di Boko Haram.

Si vendevano bambini, al 14 di Adisa street, Lagos, Nigeria

«Cinquecentomila naira nigeriani (equivalenti a 1.270 euro) per un maschio, trecentomila per le femmine». Questo era il tariffario della vergogna di questa «fabbrica di bambini». E anche se i dettagli di questa storia che ha dell’incredibile non sono ancora del tutto noti, lo choc nella capitale commerciale del più popoloso Stato africano è forte. Perché non solo i bambini si vendevano, ma li si concepiva apposta per ricavarne denaro, violentando povere donne che erano costrette con la forza a subire rapporti sessuali e a trascorrere l’intera gravidanza in alcuni appartamenti, guardate a vista.

1.270 euro è il prezzo al quale veniva venduto un neonato maschio dal gruppo criminale scoperto a Lagos

Sono state salvate 19 giovani donne

Diciannove giovani ragazze incinte attirate fino a Lagos dalle zone rurali con il miraggio di un lavoro e rimaste vittime di un gruppo criminale. Con loro, gli agenti hanno messo in salvo da alcune case nella zona di Ikotun anche quattro bambini che sarebbero stati presto ceduti al primo acquirente.

Per ora la polizia ha arrestato due donne, Happiness Ukwuoma, di 40 anni, e Sherifat Ipeya, 54, lanciando una ricerca a tappeto per gli altri sospettati. Tra loro la principale sospetta è un’altra donna, “MadamOluchi, nativa di Mbano, nello stato nigeriano di Ino, madre di cinque figli.

Le donne salvate, tutte di età compresa tra i 15 e i 28 anni, erano state vittime di tratta dagli stati di Rivers, Cross River, Akwa Ibom, Anambra, Abia e Imo. Trasferite a Lagos, stando a quanto riferito dalle forze di polizia, venivano costrette a prostituirsi oppure a subire rapporti sessuali anche con diversi uomini con l’obiettivo di vendere poi i bambini così concepiti a potenziali compratori.

Le due donne finora arrestate, originarie della zona di Lagos, operavano anche come «infermiere» anche se non avevano mai seguito alcuna formazione medica. In realtà il loro principale compito consisteva nel limitare i movimenti delle donne rimaste incinte, che venivano strettamente monitorate fino al parto.

15 anni, è l'età della ragazza più giovane salvata dalla polizia a Lagos

Dopo la nascita i bambini venivano trasferiti in appartamenti e poi venduti

Tra questi, l’appartamento al 14 di Adisa Street, e poi altri in Owosho Street, Olugbeyohun Street e Anomo Street. A interrompere provvidenzialmente le attività del gruppo sono stati i dubbi dei vicini, che hanno avvisato gli agenti insospettiti dalla presenza di tutte quelle giovani incinte e, probabilmente, da qualche pianto dei neonati.

Ora le autorità, che già in passato hanno sgominato gruppi criminali simili, stanno lavorando con alcune agenzie governative e altri enti per prestare le cure necessarie, fisiche e psicologiche, alle vittime di questa tratta, che verranno aiutate a trovare al più presto una sistemazione adeguata.

Le indagini continuano per arrivare a individuare gli altri criminali coinvolti in questo traffico di bambini e risalire anche all'identità dei "clienti", ovvero chi, attraverso il denaro, aveva pensato di poter comprare un figlio frutto di violenze e sopraffazioni.

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