sabato 30 giugno 2018

Camerun, già 180mila anglofoni fuggiti. Rischio grave crisi umanitaria

Sono già 180mila i camerunensi anglofoni fuggiti nelle ultime settimane dall'ovest del Paese.


Una fuga verso la Nigeria del Sud, nella foresta di Cross River, per le rappresaglie del governo di Yaoundé alla loro richiesta di usare l’inglese nelle loro scuole e nei loro tribunali, sullo sfondo di un annoso conflitto separatista.

Sono già 180mila i camerunensi anglofoni fuggiti nelle ultime settimane dall'ovest del Paese verso Cross River, nella Nigeria del Sud, per le rappresaglie del governo di Yaoundé alla loro richiesta di usare l’inglese nelle loro scuole e nei loro tribunali. Sullo sfondo di un annoso conflitto separatista.


Andrew Nkea, vescovo della diocesi di Mamfe, nel sud-ovest del Camerun, parla della violenza “cieca, inumana e mostruosa” dell’esercito nei confronti di una popolazione che si sta schierando con gli indipendentisti più agguerriti, quelli che vorrebbero creare una nuova nazione, l’Ambazonia.

Ai giornalisti è vietato entrare nella regione, dove l’ingresso è consentito solo a pochi operatori umanitari. Le condizioni più preoccupanti riguardano oggi gli ultimi ventimila profughi, molti dei quali non hanno un luogo dove dormire, né cibo né acqua.

Nella speranza di trovare di che nutrirsi, in molti si sono rifugiati nelle foreste che separano i due Paesi, dove hanno trovato però altri pericoli, quali ragni e serpenti velenosi. I più fortunati sono coloro con famiglia in Nigeria, dove hanno trovato rifugio. Senza l’intervento delle Nazioni Unite o dell’Unione africana, c’è il rischio che continui ad aggravarsi questa già gravissima emergenza umanitaria.



Intanto BBC News Africa ha raccolto centinaia di video girati con gli smartphone che documentano le violenze sia dell'esercito che dei ribelli contro la popolazione.

Centinaia di telefoni cellulari hanno documentato le atrocità in Camerun e hanno inondato i social media. La BBC Africa Eye ha così potuto documentare il coinvolgimento sia del governo sia dei ribelli in atti atroci, tra cui torture, incendi e uccisioni a sangue freddo.

Un uomo da fuoco a una casa protetto da un gruppo di almeno 12 uomini vestiti in uniforme, elmetti e cinghie nere, uniformi uguali a quelle di un'unità dell'esercito d'élite in Camerun.

"Voglio morire", un capo villaggio implora i suoi torturatori mentre lo picchiano e minacciano di ucciderlo. Sembrano membri di una milizia separatista.

Video condivisi a decine sui social media dal Camerun negli ultimi sei mesi, alcune delle quali sono state analizzate dalla BBC Africa Eye. Alcuni di loro mostrano villaggi in fiamme. Altri registrano atti di tortura e omicidio. Molti sono troppo violenti per essere mostrati.

Sebbene spesso confusi e difficili da verificare, questi filmati mostrano una nazione che scivola verso una brutale guerra civile mentre il governo cerca di sopprimere un'insurrezione armata nelle aree di lingua inglese del Camerun occidentale.






Articolo a cura di
Maris Davis


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Il fallito vertice europeo sui migranti e il gelo Macron-Conte

Un accordo, ma solo sulla carta quello sui migranti che arriva dal vertice di Bruxelles. E si riaccende lo scontro Roma-Parigi.


«L'accoglienza riguarda i Paesi di primo arrivo», Italia, Spagna e Grecia, «la Francia non lo è», sottolinea il presidente francese Emmanuel Macron. «Era stanco, lo smentisco», replica il premier italiano Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio ribadisce: «L'Italia non ha dato disponibilità sui centri»

E resta aperto un altro fronte di divisione, con la cancelliera Angela Merkel che fa muro sui movimenti secondari e si esalta sul tema dei respingimenti: «La Cdu può essere soddisfatta», afferma. I paesi dell'Est del gruppo di Visegrad esultano per avere evitato le quote obbligatorie.

Conte mostra soddisfazione al termine del vertice europeo ha lasciato Bruxelles spiegando che a fine luglio, alla Casa Bianca, dirà al presidente Usa Donald Trump che l'Italia «ha rivoluzionato il tavolo» in Europa. Ma spiega anche che qualche capitolo lo avrebbe scritto diversamente: si è trattato di una trattativa a 28 «lunga e complessa», ammette, di più non si poteva ottenere. E l'Italia non poteva correre il rischio di far saltare tutto, anche quanto di buono c'è in quel documento.

Ai giornalisti, in conferenza stampa, il premier Conte elenca i risultati ottenuti, dai centri di accoglienza su base volontaria, che l'Italia non intende aprire senza che prima lo facciano altri, all'azione condivisa sui salvataggi. Novità indubbie rispetto al passato, ma il premier sa bene che un conto sono le parole, altro i fatti. E lo sa anche il leader del Carroccio Matteo Salvini, che mostra subito scetticismo.

Alle 8.30 del mattino, quando Conte è andato a dormire da appena un'ora, smorza gli entusiasmi: «Non mi fido delle parole, vediamo che impegni concreti ci sono perché finora è sempre stato viva l'Europa viva l'Europa ma poi paga l'Italia. Vediamo che soldi e che uomini ci sono», fermo restando che i «principi fondamentali erano e continuano ad essere la protezione delle frontiere esterne, non lasciare sola l'Italia, investimenti veri in Africa». Principi che nel documento in realtà ci sono. E soprattutto, Salvini ottiene uno dei passaggi cui teneva di più, il riferimento al fatto che tutte le navi, comprese dunque quelle delle ong, devono rispettare le leggi. «Non vedranno più l'Italia se non in cartolina», il commento.

Ma quello che ora preoccupa il governo giallo-verde è che all'atto pratico tutto possa restare com'è. Il no ai centri è netto, e lo ripetono sia Conte che Salvini. Ma il documento, se puntella una vittoria dell'Italia spiegando che «nel territorio dell'Ue» chi viene salvato deve essere preso in carico «sulla base di uno sforzo condiviso», spiega poi che è proprio grazie ai centri su base volontaria che potranno rapidamente e a spese dell'UE essere smistati «i migranti irregolari, che saranno rimpatriati» e i rifugiati, «cui si applicherebbe il principio di solidarietà». La paura è che senza centri (inaccettabili per la Lega) al prossimo sbarco rischi di non cambiare nulla.

Non a caso proprio su questo è salita la tensione con Macron, prima di riuscire a trovare un compromesso nella notte. Tensione poi riesplosa con le dichiarazioni successive al vertice, quando il capo dell'Eliseo ha precisato che i centri di accoglienza saranno «solo nei paesi di primo arrivo», perché quel concetto è insuperabile. «Era stanco, lo smentisco», gli ha risposto stizzito Conte.

Anche con Merkel lo scambio è stato duro: non prenderemo «nessun migrante dalla Germania», ha assicurato il premier. E del resto era atterrato a Bruxelles con questo preciso mandato: per la Lega sarebbe stato impensabile accettare come vincolante il rientro dei migranti dalla Germania lasciando su base volontaria tutto il resto.

Se Conte ai giornalisti parla di risultati centrati «all'80%» e Salvini al 70, restano dunque i timori per la traduzione pratica dell'accordo. Intesa che, assicura chi ha seguito la lunga maratona notturna, contiene però una novità da non sottovalutare: per la prima volta parla di condivisione dell'emergenza tra gli Stati europei. È un principio che l'Europa al prossimo sbarco non potrà ignorare. «Sono soddisfatto e orgoglioso per i risultati del nostro governo a Bruxelles», è il messaggio che in serata decide di far passare Salvini, «finalmente l'Europa è stata costretta ad accettare la discussione su una proposta italiana»

Merkel intanto torna a casa visibilmente sollevata: il vertice europeo le distribuisce le carte per salvare governo e mandato. Il risultato potrà certamente soddisfare gli alleati della Csu, secondo la cancelliera, che conferma in modo netto la sua linea: la Germania non ricorrerà a misure «unilaterali, non concordate e sulle spalle di Paesi terzi». Anche i bavaresi esultano, a caldo, ed è Alexander Dobrindt, il capogruppo regionale, a lanciarsi sulla preda, osservando che i respingimenti immediati dei migranti registrati in altri Paesi sono a questo punto previsti in un passaggio della dichiarazione finale del vertice a 28, che prescrive «misure legislative e amministrative» nei diversi Stati membri contro i cosiddetti movimenti secondari. È il provvedimento che ha messo in crisi il governo, per l'ostinazione del ministro dell'Interno Horst Seehofer e del suo partito, che vorrebbero vedere la norma in vigore già la settimana prossima.

In realtà su questo la cancelliera ha portato a casa accordi con Grecia e SpagnaL'Italia, invece, cioè uno dei Paesi decisivi in materia, non ha stretto alcuna intesa.

E dalle pagine della Bild Sebastian Kurz avverte: «Se la Germania respinge, l'Austria chiude a sud. Sarà un effetto domino». Altre rogne? Quando a Bruxelles hanno chiesto a Frau Merkel se la pretesa della Csu «dei respingimenti o di qualcosa di equivalente peso» sia stata esaudita, non ha avuto dubbi: «Se verrà realizzato tutto quello che è stato deciso, si può dire che questo sia ben più che qualcosa di equivalente»


Cosa prevede l'accordo UE sui migranti
Un compromesso in 12 punti, lungo più di tre pagine. In sintesi si prevede che i salvataggi dei migranti avvengano a norma del diritto internazionale (le navi vanno nel porto sicuro più vicino); centri di accoglienza su base volontaria e redistribuzione dei rifugiati sempre solo su base volontaria.

L'accordo di Dublino, criticato dall'Italia, resta in vigore

Le conclusioni del Consiglio europeo sulle migrazioni, diffuse dopo l'accordo raggiunto al termine di una notte di contrattazioni, consentono a tutti i 28 capi di Stato e di governo dell'Unione di portare a casa qualcosa.

Se il presidente del Consiglio Giuseppe Conte può dire che «l'Italia non è più sola», il premier spagnolo Pedro Sanchez può a buon diritto sottolineare il riconoscimento dell'aumento dei flussi nel Mediterraneo occidentale. E persino il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha affermato, soddisfatto, che «dopo due anni di difficili discussioni, controversie e pressioni, l'intera UE ha adottato all'unanimità le posizioni dei "Quattro di Visegrad" e della Polonia: no ai ricollocamenti obbligatori e unanimità sulla riforma di Dublino», ha twittato la rappresentanza della Polonia presso l'Ue.

«Ribadisce che il buon funzionamento della politica dell'Ue presuppone un approccio globale alla migrazione che combini un controllo più efficace delle frontiere esterne dell'Ue, il rafforzamento dell'azione esterna e la dimensione interna, in linea con i nostri principi e valori. È una sfida, non solo per il singolo Stato membro, ma per l'Europa tutta»
(La Repubblica)

In sintesi
Salvini e Conte stimano una vittoria tra il 70 e l'80%. Scontro duro con la Francia anche nel dopo-vertice. La Germania incassa accordi bilaterali con Grecia e Spagna (paesi di primo approdo), ma l'Italia, anch'essa paese di primo approdo, rimane a mani vuote.

I paesi dell'Est del gruppo di Visegrad esultano per avere evitato le quote obbligatorie, e i paesi africani hanno già fatto sapere che non vogliono gli hot-spot europei a casa loro.

L'esito finale è che ogni Paese penserà ai fatti propri, le frontiere si chiuderanno, anche quelle interne, e tutto resterà così com'è adesso. Per l'Italia un vero e proprio fallimento.


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Migranti. Ennesimo naufragio nel Mediterraneo, morti 3 bambini, 100 i dispersi

A dare notizia dell'affondamento del gommone la Guardia costiera libica, 16 i superstiti. Avvistati dalla guardia costiera libica atri tre barconi con 345 migranti. Sono 1.000 le vittime del mare dall'inzio dell'anno.


Il ministro dell'Interno: "Le organizzazioni non governative vedranno l'Italia solo in cartolina". Toninelli "ferma" l'Astral. MSF dopo l'accordo Ue: "Condannano le persone a rimanere intrappolate in Libia o a morire in mare". Malta processa il capitano della Lifeline.

Un altro gommone affondato, altre cento vittime nel mar Mediterraneo. E sono quasi 1000 i morti dall'inizio dell'anno. A dare notizia del nuovo naufragio è la guardia costiera libica che è intervenuta in soccorso dell'imbarcazione a est di Tripoli, ad appena sei chilometri dalla costa. I corpi senza di vita di tre bambini sono stati recuperati, 16 le persone portate in salvo.

Il naufragio
A bordo del gommone sarebbero partiti in 120, sono un centinaio i dispersi. Tre i bambini finora recuperati privi di vita. E sono stati avvistati altri tre barconi con circa 345 persone, sempre a est di Tripoli. Lo dice Ayoub Gassim portavoce della guardia costiera libica parlando con l'Associated Press. I sopravvissuti sono stati trasferitinella regione di Al-Hmidiya, a 25 km a est del confine.

Tutto nel giorno in cui il ministro dell'Interno Salvini annuncia la chiusura dei porti italiani alla Ong e il ministro dei Trasporti Toninelli 'scappa' davanti alle 24mila firme raccolte per chiedere invece di non ostacolare il lavoro dei soccorritori. Non è ancora chiaro se il gommone affondato sia lo stesso, con 150 persone senza salvagente, avvistato questa mattina da un aereo militare spagnolo che aveva allertato la Open Arms, la nave della Ong Proactiva che è in zona Sar. La nave non è potuta intervenire perché il gommone distava ottanta miglia ed è a corto di carburante. "Siamo senza benzina perché Malta non ci ha concesso il rifornimento e non ci fa entrare nelle sue acque territoriali", ha detto Riccardo Gatti dalla Open Arms. Da bordo si sono poi messi in contatto con la sala operativa della Guardia costiera di Roma che ha spiegato che il soccorso era stato preso in carico dai libici.


Mille morti in sei mesi
Da Ginevra l'Oim, l'Agenzia delle Nazioni Unite per la migrazione, ricorda la triste contabilità: dall'inizio dell'anno al 27 giugno scorso, 972 uomini, donne e bambini hanno perso la vita mentre tentavano di raggiungere l'Europa via mare. Di questi 653 sono deceduti sulla rotta del Mediterraneo centrale tra l'Africa del nord e l'Italia. Il dato sulle vittime nel 2018 è pari a meno della metà dei morti segnalati nello stesso periodo del 2017 (erano 2.172). Rispetto all'anno scorso anche il numero di arrivi è in calo. L'Oim riferisce infatti che dal primo gennaio scorso al 27 giugno, un totale di 44.957 migranti e rifugiati sono giunti in Europa via mare, di cui circa il 38% in Italia (16.566) ed il resto diviso tra Grecia (13.157) e Spagna (14.953). Un numero ridotto di arrivi è inoltre segnalato a Cipro e Malta (rispettivamente 47 e 234 migranti). Nello stesso periodo dell'anno scorso, il totale degli sbarchi era di 94.986 e di 230.230 nel 2016.

Salvini: "Le Ong vedranno l'Italia solo in cartolina"
È ai microfoni di Circo Massimo che il ministro dell'Interno Salvini annuncia: "Porti chiusi per tutta l'estate alle navi delle Ong. Vedranno l'Italia solo in cartolina, e l'Italia non sarà sola a comportarsi così. Continueremo a salvare tutti quelli che sono da salvare, ma con gli Stati che faranno gli Stati. E non saremo più soli". Porti italiani off limits per i volontari dunque, così come quelli di Malta dopo l'annuncio di ieri del governo de La Valletta che impedirà sia i nuovi ingressi sia alle navi di ripartire. "Come mi dicono i militari italiani e persino quelli libici - spiega il ministro - le navi delle Ong aiutano gli scafisti, consapevolmente o meno: la loro presenza è un pericolo per chi parte e un invito a nozze per gli scafisti. Chi finanzia le Ong? C'è l'Open Society Foundations di Soros che ha un chiaro disegno, quello di un'immigrazione di massa per cancellare quella che è un'identità che può piacere o meno ma che mi dispiacerebbe venisse distrutta. Ora ci sono due navi davanti alla Libia di Proactiva Open Arms, chiedo che oggi stesso pubblichino l'elenco dei finanziatori".

La petizione da 24mila firme, Toninelli 'scappa'
Né le organizzazioni non governative possono sperare nel ministro delle Infrastrutture Toninelli: "La nostra petizione 'Lasciate i porti aperti a chi salva vite in mare' è stata firmata da oltre 24mila persone - denuncia Vittorio Longhi della noprofit Progressi - ma il ministro finora si è rifiutato di riceverci per la consegna, sostenendo che la petizione non ha alcun senso vista la decisione del governo. Stupisce che sia proprio un ministro del movimento Cinque stelle a rifiutarsi di ascoltare la voce dei cittadini, espressa con una petizione attraverso la rete".

E proprio in serata Toninelli chiude i porti alla nave ong Astral. "In ragione della nota formale che mi giunge dal ministero dell'Interno e che adduce motivi di ordine pubblico, dispongo il divieto di attracco nei porti italiani per la nave Ong Astral, in piena ottemperanza dell'articolo 83 del Codice della Navigazione". La nota del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti solleva subito le critiche di Riccardo Magi, deputato di +Europa e segretario di Radicali Italiani: "Non esistono motivi di ordine pubblico o di sicurezza della navigazione tali da motivare un divieto di transito o di sosta nei porti italiani delle imbarcazioni delle Ong. Un provvedimento del genere sarebbe illegittimo e a tutti gli effetti un abuso d'ufficio"

La voce dei volontari
"Ogni morte in mare causata da queste misure è nelle mani dell'Europa. Ci bloccano e ci impediscono di svolgere il lavoro che i governi dell'Ue non riescono a fare, mentre disumanizzano le persone in stato di bisogno. I governi europei devono ritrovare il buon senso e mettere fine alle politiche che costringono le persone a rimanere intrappolate in Libia o a morire in mare". 

L'ennesimo naufragio nel Mediterraneo arriva all'indomani del Consiglio europeo e richiamando il numero altissimo (almeno 220) di persone morte annegate durante le traversate solo la scorsa settimana, Medici senza frontiere rivolge un appello all'Europa.

Msf fotografa così la situazione attuale dei soccorsi nel Mediterraneo. "I governi europei hanno bloccato le operazioni di ricerca e soccorso in mare delle Ong, consegnando la responsabilità dei soccorsi alla guardia costiera libica. I governi europei stanno finanziando, formando ed equipaggiando la guardia costiera libica per intercettare barche alla deriva e rispedire le persone a bordo in Libia dove vengono detenute in condizioni disumane. Circa 2.000 persone sono state rispedite in Libia durante lo scorso fine settimana. All'arrivo sono stati condotti in centri di detenzione arbitraria senza alcun processo legale".

"L'UE sa delle violenze in Libia"
Centri in cui, ricorda Karline Kleijer, responsabile emergenze di Msf, l'organizzazione ha avuto modo di entrare riscontrando le drammatiche condizioni in cui le persone sono detenute. "Gli stati membri dell'Ue stanno abdicando alla loro responsabilità di salvare vite e deliberatamente stanno condannando le persone a essere intrappolate in Libia o a morire in mare. Lo fanno essendo pienamente consapevoli delle violenze e degli abusi estremi che migranti e rifugiati soffrono in Libia".

Nel corso dell'ultimo mese Msf è stata in grado di accedere a quattro centri di detenzione in Libia e ha condotto oltre 3.000 visite mediche. Le équipe mediche hanno riscontrato che i principali problemi di salute sono legati alle cattive condizioni di vita, incluso il sovraffollamento e la mancanza di acqua o servizi igienici sufficienti.

Dopo il summit a Bruxelles, si fa sentire anche la voce dell'Oxfam: "L'Europa decide di non decidere - spiega Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne italiane dell'organizzazione - i leader ancora una volta non sono riusciti a trovare un accordo per una vera riforma del sistema europeo di asilo. Inoltre la creazione solo su base volontaria di aree di sbarco dei migranti, rischia di far rivivere per tutta l’estate un braccio di ferro tra i paesi Ue, che potrebbe causare nuovi naufragi nel Mediterraneo". Inoltre, "i centri 'controllati' chiusi, rischiano di assomigliare a veri e propri centri di detenzione".

La situazione delle navi delle Ong, Malta processa il capitano della Lifeline
Msf, che ha un team a bordo della nave Aquarius di Sos Mediterranée, annuncia che nonostante tutto la missione di soccorso nel Mediterraneo continuerà. La Aquarius è arrivata nel porto di Marsiglia dove è stata costretta ad andare per fare rifornimento e cambio di equipaggio vista la decisione del governo di Malta di inibire l'accesso alle sue acque territoriali e ai porti alle navi delle Ong anche senza migranti a bordo.

In zona Sar libica ci sono anche le due navi della spagnola Proactiva, la Open Arms e la Astral, con un gruppo di europarlamentari a bordo mentre sono bloccate a Malta la Sea Watch, che era ferma lì per cambio di equipaggio ma che ora, secondo le nuove disposizioni di Malta, avrebbe inibito pure l'uscita dal porto, e la Lifeline sottoposta a indagine dopo lo sbarco dei 224 migranti. Il comandante Carl Peter Reisch oggi è stato di nuovo interrogato dalla polizia e lunedi comparirà in aula per l'udienza preliminare del procedimento.
(La Repubblica)

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Contrasto al traffico migranti e alla mafia nigeriana. Plauso del Dipartimento di Stato americano

Le inchieste siciliane sul traffico di migranti e la lotta al contrasto alla mafia nigeriana finiscono negli atti del Dipartimento di Stato americano che giudica molto positivi i risultati degli inquirenti italiani.


Le indagini sul traffico dei migranti e sulla mafia nigeriana a Palermo e le condanne degli esponenti delle organizzazioni criminali che gestiscono i viaggi dei profughi verso le coste siciliane sono citati nel Report del Dipartimento di Stato Americano che, annualmente, analizza lo stato normativo e giudiziario sul fenomeno delle migrazioni dei vari Paesi.

Nella relazione si dà atto all'Italia dell'incremento dell'azione di contrasto dei reati legati al traffico e alla tratta di esseri umani:
  • Gli arresti nel 2017 sono stati 133 contro i 58 dell'anno precedente.
  • Lo scorso anno, poi, sono stati condannati per i reati di traffico e tratta 28 persone, contro le 12 del 2015.

Una menzione particolare va all'ufficio inquirente di Palermo. A novembre per traffico di migranti sono stati condannati a otto e sette anni di carcere e al risarcimento delle vittime due nigeriani e, sempre nel capoluogo siciliano, la Procura ha scoperto un'organizzazione criminale di nigeriani a cui, per la prima volta in Italia, è stato contestato il reato di mafia.

Nel report è citato anche il progetto sperimentale dell'Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine (UNODC), l'istituzione leader nel sistema Nazioni Unite nella lotta al crimine, alla corruzione, al terrorismo e al traffico di droga. Il progetto prevede la collaborazione tra una PM nigeriana e la Procura di Palermo per le indagini sulle organizzazioni criminali dell'Africa occidentale. L'iniziativa durerà sei mesi ed è finalizzata a facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie italiane e quelle del Paesi degli indagati.

La Procura di Palermo ha creato un pool che si occupa specificamente dei reati di traffico e tratta e del'associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina: il gruppo è coordinato dall'aggiunto Marzia Sabella. Ne fanno parte i pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Alessia Sinatra.
(Ansa)

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mercoledì 27 giugno 2018

Savona, palpeggiamenti su una bimba nigeriana di 8 anni ospite di un centro di accoglienza

Nigeriana la piccola vittima, nigeriano il violentatore, entrambi ospiti dello stesso centro di accoglienza.


Un centro di accoglienza straordinaria (Cas) per richiedenti asilo dove lei viveva con la mamma. L'uomo l’avrebbe accarezzata nelle parti intime, mettendo la mano sopra i suoi vestiti. È così che la bimba di 8 anni, di nazionalità nigeriana, avrebbe subito gli abusi da un connazionale ventottenne. La bimba avrebbe ricordato quello che le è successo e così lo ha raccontato prima alla mamma e in seguito agli inquirenti.

La piccola è stata ascoltata con un’audizione protetta, alla presenza di uno psicologo, durante l’incidente probatorio celebrato davanti al gip Alessia Ceccardi in questura.

Nel corso della sua deposizione la bambina avrebbe sostanzialmente confermato le accuse mosse nei confronti dell’uomo che, al momento, è indagato a piede libero per violenza sessuale aggravata. I presunti abusi sarebbero avvenuti proprio all'interno del Cas dove il ventottenne nigeriano era ospite insieme alla moglie e al figlio. Nella stessa struttura si trovava anche la bimba di otto anni insieme alla mamma. Proprio in quel contesto si sarebbero consumati gli atti sessuali (nella contestazione si parla appunto di palpeggiamenti nelle parti intime) che sono stati denunciati nel settembre scorso dalla madre della piccola. A quel punto erano iniziate le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Giovanni Battista Ferro, che avevano portato ad indagare il ventottenne nigeriano.

Alla luce dell’esito dell’audizione protetta della piccola (ritenuta attendibile dagli inquirenti), appare scontato che le accuse di violenza sessuale aggravata su minore vengano confermate dalla Procura. Con tutta probabilità, già nei prossimi giorni, il sostituto procuratore Giovanni Battista Ferro chiederà per il ventottenne nigeriano il giudizio immediato.
(Il Secolo XIX)

Chiunque abusi di una donna, a maggior ragione se minorenne e ancora di più se è una bambina, che sia italiano, nigeriano o straniero merita la massima delle condanne possibili e le peggiori sofferenze


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martedì 26 giugno 2018

Tredicimila migranti abbandonati nel deserto. Respinti dall'Algeria e lasciati vagare nel Sahara

Il Governo algerino li avrebbe espulsi nel corso degli ultimi 14 mesi, abbandonati a se stessi lasciati vagare nel deserto del Sahara.


L'Algeria negli ultimi 14 mesi ha abbandonato 13'000 migranti nel deserto del Sahara. Lasciati al loro destino senza acqua né cibo, la loro unica possibilità è quella di camminare per miglia e miglia sotto il sole, cercando di raggiungere il Mali o il Niger. È quanto riportato lunedì dall'Associated Press. È la denuncia che emerge da questo reportage fotografico di Associated Press che ha intervistato una ventina di sopravvissuti a queste vere e proprie deportazioni in Niger.

Tra loro, riferisce sempre l'agenzia, ci sarebbero anche donne incinta e bambini. I sopravvissuti hanno raccontato di aver visto persone morire o semplicemente "sparire" nel deserto. "Ognuno in questa marcia è solo, si perde la cognizione del tempo"

Quasi tutti gli intervistati, incontrati in un centro di transito di Arlit in Niger gestito dall'OIM, hanno detto di aver visto collassare tanti compagni di viaggio sotto il peso della temperatura che raggiunge anche i 48 gradi centigradi. Nessuno ha più visto vivi questi migranti dispersi durante il cammino. I più fortunati se la cavano raggiungendo in poche ore i villaggi più vicini al confine all'interno del territorio del Niger e, ultimamente, anche del Mali. Molti tuttavia si perdono e vagano per giorni nel deserto.

L'Algeria nega ogni addebito ma i racconti di questi migranti secondo Associated Press sono confermati dalle immagini e dai video che provengono dall'area e che mostrano centinaia di persone arrancare a piedi nel Sahara.

Le espulsioni di massa dall'Algeria sono aumentate dall'ottobre dello scorso anno, quando l'Unione Europea ha rinnovato la pressione sui paesi nordafricani per dirottare i migranti diretti a nord verso l'Europa attraverso il Mar Mediterraneo o le barriere con la Spagna. Un portavoce dell'UE ha dichiarato di essere a conoscenza di ciò che l'Algeria stava facendo, ma che i "paesi sovrani" possono espellere i migranti fintanto che si conformano al diritto internazionale.

Il reportage fotografico di Associated Press racconta le storie di chi, in cammino attraverso il Sahara verso l'Europa, è stato bloccato, respinto dall'Algeria verso il Niger e lasciato a vagare nella sabbia. Secondo l'Organizzazione Mondiale per le Migrazioni per ogni migrante morto nel Mediterraneo ce ne sono almeno due persi nel deserto. Ecco cosa succede ai migranti prima di arrivare sulle coste libiche.
(Rai News)

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