mercoledì 31 ottobre 2018

Nigeriana pestata e stuprata nel Cara di Bari. Arrestati cinque connazionali

Non sarebbe stata solo di una violenza sessuale di gruppo, ma si tratterebbe di una vera e propria "punizione" della mafia nigeriana perché la ragazza non voleva prostituirsi e, appena arrivata in Italia era sfuggita ai suoi sfruttatori.


Accusati dello stupro di una ragazza nigeriana di 24 anni al Cara di Bari (Centro di accoglienza per migranti). Per questo cinque suoi connazionali nigeriani sono stati arrestati dalla polizia a Bari. La procura che ha ottenuto dal GIP le ordinanze di custodia cautelare li ritiene responsabili, in concorso, di violenza privata e violenza sessuale di gruppo.

Gli arrestati, giovani tra i 21 ed i 37 anni, alcuni dei quali con precedenti di polizia e irregolari sul territorio dello Stato (uno di essi, in particolare, già detenuto in carcere per omicidio di un cittadino nigeriano avvenuto l’8 maggio 2017). Nei primi giorni del maggio 2017 hanno fatto irruzione all'interno di un modulo del Centro Accoglienza di Bari-Palese e, secondo il racconto della ragazza, hanno dapprima bloccato la 24enne, e l’hanno poi costretta, sotto la minaccia di un’arma da taglio, a subire uno stupro di gruppo.

Un vero e proprio raid che aveva come obbiettivo proprio quella ragazza che aveva disobbedito agli ordini di coloro che l'avevano fatta arrivare in Italia

I fatti risalgono al maggio del 2017 quando i giovani, di età compresa fra i 21 e i 37 anni, irregolari in Italia e che non erano ospiti del Centro di accoglienza, una volta entrati avrebbero bloccato la ragazza e sotto la minaccia di un coltello la avrebbero obbligata ad avere un rapporto sessuale dopo averla pestata brutalmente con schiaffi e pugni in pieno viso. Mentre a turno la violentavano, gli altri avrebbero montato la guardia alla cameretta dove dormiva.

Dopo qualche mese la ragazza ha preso coraggio e ha denunciato lo stupro alla polizia, e ha raccontando la sua storia. Una volta approdata sulle coste italiane agli inizi del 2017, seguendo l’iter delle carovane di migranti attraverso la Libia, era stata minacciata, da non meglio identificati connazionali, di doversi prostituire per ripagare interamente il debito contratto per il viaggio, una somma pari a circa 20.000 euro. Trascorso qualche giorno, era però riuscita a sfuggire ai suoi sfruttatori ed a raggiungere il Cara di Bari-Palese. Un luogo che riteneva sicuro e che invece si è rivelato teatro dell'ennesimo incubo. I suoi sfruttatori l'avevano ritrovata.

La sua è una storia drammatica, che inizia con la partenza dalla Nigeria nel 2016, l'approdo sulle coste italiane nei primi mesi del 2017 dopo una vera e propria odissea di minacce, botte e violenza nei campi profughi della Libia.




Articolo a cura di
Maris Davis


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Pakistan. Asia Bibi sarà liberata, cancellata la pena di morte per blasfemia

La Corte suprema del Pakistan ha assolto Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per presunta blasfemia nel 2010. Ordinato il rilascio immediato.

Asia Bibi

Asia Bibi è stata assolta. Oggi 31 ottobre 2018 alle 9,20 del mattino (le 5,20 in Italia), la Corte Suprema del Pakistan ha dichiarato innocente la donna cristiana arrestata nel 2009 e condannata a morte nel 2010 per presunta blasfemia, ordinandone il rilascio immediato.

Dopo l'assoluzione paura per quello che potrà succedere
"È una grande notizia per il Pakistan e per il resto del mondo. Asia Bibi ha ottenuto giustizia”, ha dichiarato l'avvocato di Asia Bibi, il musulmano Saiful Malook. "Ma abbiamo molta paura di quanto potrà succedere. In questo Paese ci sono molti fondamentalisti"

All'avvocato non è stato permesso di informare personalmente la sua assistita. "È stato un ordine della corte Suprema, ma ho potuto chiamare la prigione in cui è detenuta Asia e chiedere che lei fosse informata". Ci vorranno alcuni giorni prima che la donna venga liberata. Il verdetto deve essere consegnato all’Alta Corte di Lahore e poi alla prigione di Multan.

Manifestanti bloccano le strade dopo l'assoluzione di Asia Bibi

Intanto si teme anche per la sicurezza dei familiari di Asia e di chiunque ne abbia favorito l’assoluzione. "Io e la mia famiglia siamo in grave rischio, specie perché io sono un musulmano che difende una cristiana che ha commesso blasfemia". Le autorità pachistane hanno intensificato la sicurezza in tutto il Paese, soprattutto nelle aree dove vivono i cristiani e le altre minoranze. Si temono massacri come quelli avvenuti a Gojra nel 2009 e a Joseph Colony nel 2013. "La situazione è tesa ma oggi ringraziamo Dio per questo momento storico in cui Asia Bibi, dopo 9 anni e mezzo, ha finalmente avuto giustizia"

Le reazioni dei familiari di Asia Bibi
"Siamo felicissimi. Il Signore ha ascoltato le preghiere di Asia di tutti coloro che le sono stati vicini. Oggi è un giorno bellissimo, che ricorderemo per tutta la vita. La giustizia ha trionfato e una innocente è finalmente libera", ha commentato a Vatican Insider (La Stampa) Joseph Nadeem, l’uomo che in tutti questi anni ha garantito, grazie alla Renaissance Education Foundation che guida a Lahore, istruzione e ospitalità alla famiglia di Asia Bibi.

Non vedo l’ora di riabbracciare mia madre. Finalmente le nostre preghiere sono state ascoltate”. Con la voce rotta dal pianto Eisham Ashiq, la figlia minore di Asia Bibi ha accolta la notizia che riguarda la madre, arrestata nel 2010. "È la notizia più bella che potessimo ricevere, ha affermato il marito di Asia, Ashiq Masih, è stato difficilissimo in questi anni stare lontano da mia moglie e saperla in quelle terribili condizioni. Ora finalmente la nostra famiglia si riunirà, anche se purtroppo dubito che potremo rimanere in Pakistan"

"Molti cristiani e non cristiani in tutto il mondo hanno pregato per la liberazione di Asia, mentre era in carcere da innocente. Ora le preghiere sono state ascoltate: ringraziamo il Signore. Occorre dire grazie anche alle organizzazioni per i diritti umani che si sono interessate a questo caso e hanno alzato la loro voce per la giustizia" così ha commentato padre James Channan, domenicano e responsabile del “Peace Center” a Lahore in Pakistan all'agenzia Fides.

Il caso giudiziario di Asia Bibi. Le tappe
La donna era stata arrestata nel 2009 dalla polizia nel suo villaggio di Ittanwali, nella provincia del Punjab, in seguito alla denuncia di altre donne di fede musulmana per blasfemia dopo un presunto reato contro il profeta Maometto durante una discussione.

La legge sulla blasfemia del Pakistan è contestata anche a livello internazionale come strumento di pressione nei confronti delle minoranze non islamiche. Finora, a ogni modo, nessuna delle condanne a morte è stata eseguita sulla base di questa legge.

La notizia della sentenza è oggi l'apertura di alcuni dei principali mezzi di informazione di Islamabad. Secondo l'emittente Geo Tv, all'origine della decisione dei giudici la "mancanza di prove oltre ogni ragionevole dubbio"

Il caso di Bibi riguardava un litigio con alcune lavoratrici di un frutteto nel Punjab che l'avevano accusata di aver bevuto da un pozzo per lei proibito in quanto "infedele cristiana" e quindi "impura". Allora, Bibi avrebbe detto: "Credo nella mia religione e in Gesù Cristo, morto sulla croce per i peccati dell'umanità; cosa ha mai fatto il vostro profeta Maometto per salvare l'umanità?"

Manifestanti a Lahore

Massima allerta a Islamabad dopo l'assoluzione di Asia Bibi
Intanto in Pakistan si attendono reazioni violente da parte dei gruppi fondamentalisti che hanno minacciato di morte i giudici e pretendono l'impiccagione per Asia Bibi. Se da un lato gli attivisti per i diritti umani e la comunità cristiana hanno accolto con favore il verdetto finale della Corte suprema, dall'altro la città di Islamabad è in stato di massima allerta. Oltre trecento poliziotti presidiano il palazzo della Corte Suprema e unità dell’esercito sono stanziate a difesa degli altri edifici istituzionali.

Khadim Hussain Rizvi, a capo del partito islamista Tehreek-e-Labbaik Pakistan, sta infatti organizzando una protesta nazionale contro l'assoluzione della donna. Le forze dell’ordine presidiano anche i più importanti luoghi di culto cristiani come le cattedrali.

Asia Bibi

Nel febbraio scorso papa Francesco aveva ricevuto in Vaticano la figlia Eisham e il marito di Asia Bibi, Ashiq, giunti a Roma ospiti di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) insieme a Rebecca, una ragazza nigeriana cristiana, vittima di Boko Haram.
(Avvenire)


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giovedì 25 ottobre 2018

Piemonte. Seicento ragazze nigeriane tolte dalla strada

La battaglia in Piemonte contro la tratta di esseri umani dell'assessore Monica Cerruti (SEL, Sinistra Ecologia e Libertà). "Il mio appello ai clienti, non favorite il traffico di esseri umani"


La tratta è un fenomeno terribile, che in Italia ruota soprattutto attorno alle principali città italiane e in modo particolare a Torino. Per questo in Piemonte abbiamo intrapreso una battaglia per cercare di rendere difficile la vita a sfruttatori senza scrupoli. Abbiamo adottato diverse misure che hanno portato dal 2014 al 2018, grazie alle unità di strada e ai nostri sportelli, a contattare 8.558 donne cadute nel giro. Oltre 600 sono state le ragazze, in prevalenza nigeriane, sottratte a sfruttatori senza scrupoli.

Certo, questa è poca cosa. Servirebbero interventi più incisivi. Ci chiediamo se una maggiore consapevolezza da parte dei clienti sul fatto che queste persone sono costrette a prostituirsi perché hanno paura per la vita dei familiari ancora in Nigeria, della loro stessa incolumità, potrebbe indurli a desistere dal pagarle per fare sesso? Forse no. Ma noi continuiamo a sperare e a loro ci appelliamo perché non favoriscano il traffico di esseri umani.

Per far riflettere su tutto ciò, in occasione della dodicesima giornata europea contro la tratta che cade ogni anno il 18 ottobre, abbiamo fatto sì che il simbolo di Torino venisse illuminato. La Mole Antonelliana si è colorata di blu e arancione con le frasi ‘Stop tratta esseri umani’ e ‘Stop human trafficking’

Proprio ai suoi piedi abbiamo pensato di liberare quaranta palloncini con sopra il numero verde antitratta. Mentre nella sede della Regione abbiamo voluto inaugurare la mostra fotografica ‘Princess, a life helping victims of human trafficking’, della fotoreporter spagnola Quintina Valero. Con questi appuntamenti vogliamo sottolineare la gravità di quanto sta avvenendo sulle nostre strade. E ricordare che in Piemonte siamo impegnati ad aiutare le vittime, attraverso una rete di case rifugio, associazioni, e l’osservatorio l’Anello Forte. La tratta è una violazione dei diritti umani, che si traduce nella mercificazione dell’individuo e nella sopraffazione della sua dignità. Va fermata.
(Monica Cerruti, assessore Pari Opportunità regione Piemonte)



Grazie Monica, grazie anche a nome delle altre 32.000 ragazze nigeriane che ancora oggi in Italia sono "trafficate", non ancora salvate, costrette a prostituirsi, violentate ogni giorno da "clienti" che le stuprano per pochi euro. Battaglie come la sua dovrebbero essere prese ad esempio da tutte le altre regioni italiane.
(Maris Davis e Le Ragazze di Benin City)




Articolo a cura di
Maris Davis


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Presi gli assassini di Desirée. Stuprata per ore, costretta ad assumere stupefacenti e poi uccisa

Si tratta di un nigeriano e due senegalesi, Mamadou Gara (26 anni), Brian Minteh (43) e Alinno Chima, il nigeriano, 46 anni. Sono accusati di violenza sessuale di gruppo e omicidio volontario. "La quarta bestia è stata individuata e sarà presa a breve"


È stata drogata e poi abusata sessualmente quando era in uno stato di incoscienza Desirée Mariottini, la 16enne trovata morta in uno stabile occupato nel quartiere romano di San Lorenzo. Tre persone fermate: un nigeriano di 46 anni e due senegalesi, bloccati nella notte. Si cerca almeno un altro complice. Gli inquirenti indagano per violenza sessuale di gruppo, cessione di stupefacenti e omicidio volontario con varie aggravanti, tra cui la crudeltà.

I fermati durante la notte sono i due cittadini senegalesi Mamadou Gara (26 anni) e Brian Minteh (43), irregolari in Italia. Secondo gli inquirenti della squadra mobile, entrambi sono ritenuti responsabili, in concorso con altre persone, di violenza sessuale di gruppo, cessione di stupefacenti e omicidio volontario.

Un fermato aveva ricevuto un provvedimento di esplusione. Uno dei due senegalesi, Mamadou Gara, aveva un permesso di soggiorno per richiesta d'asilo scaduto e aveva ricevuto un provvedimento di espulsione firmato dal prefetto di Roma il 30 ottobre 2017. Il 26enne si era reso irreperibile. Era stato poi rintracciato dal personale delle volanti a Roma il 22 luglio 2018 ed era stato richiesto nulla osta dell'autorità giudiziaria per reati pendenti a suo carico.

Il nigeriano aveva il permesso umanitario scaduto. Il terzo fermato per la morte di Desirée Mariottini, il nigeriano Alinno Chima, 46 anni, risulta titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari rilasciato dalla questura di Roma il 14 marzo 2016 e scaduto il 13 marzo 2018. Lo si apprende da fonti investigative, che segnalano come per la banca dati del comune di Roma l'uomo era irreperibile.

Desirée conosceva i fermati, le hanno dato la droga. Secondo quanto emerso, Desirée conosceva i due fermati che gravitavano nel palazzo abbandonato che avrebbe già frequentato in passato. A quanto accertato, i due avrebbero ceduto alla ragazza la droga, forse parte del mix di stupefacenti che è poi stato fatale per la 16enne.

"Non cosciente per ore, abusata più volte". A quanto ricostruito dagli investigatori, Desirée sarebbe stata non cosciente per ore a causa di un mix micidiale di droghe e poi abusata più volte da più persone. La 16enne avrebbe assunto droga già nel pomeriggio del 18 e avrebbe perso coscienza per poi morire nella notte. In quel lasso di tempo, mentre dallo stato di incoscienza si passava alla morte, si sarebbero consumati gli abusi.

La madre: "Voglio giustizia, non deve più accadere". "Ora voglio giustizia per Desirée, voglio che questa tragedia non accada ad altre ragazze". Lo ha affermato Barbara Mariottini, la mamma di Desirée, commentando la notizia dei fermi. Chiusa in casa a Cisterna di Latina la donna ha preferito restare con la sua famiglia e lasciare Roma dove Desirée è morta.

Un testimone: "Stava male, intorno a lei 7-8 persone". "Quella notte ero nel palazzo. Ho visto Desirée stare male. Era per terra e aveva attorno 7-8 persone. Le davano dell'acqua per farla riprendere". A parlare è uno dei frequentatori del palazzo di via dei Lucani che dice di essere stato ascoltato in Questura. Il testimone racconta anche che la notte del 19 ottobre, attorno all'una, "qualcuno chiamò i soccorsi"

Salvini: "La quarta bestia sarà presa a breve". Sulla vicenda è intervenuto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini che ieri aveva visitato i luoghi dell'orrore: "Grazie alle forze dell'ordine. Farò di tutto perché i vermi colpevoli di questo orrore paghino fino in fondo, senza sconti, la loro infamia. Io oggi sono felice perché tre bestie che hanno stuprato una ragazza sono state prese, e la quarta verrà presa nei prossimi minuti"

Raggi: "Atroce delitto, ora giustizia". "Giustizia per Desirée. Grazie alla Procura e alle forze dell'ordine per il fermo di due persone nelle indagini sul terribile omicidio della ragazza. Si cercano altri due complici dell'atroce delitto. Chi ha fatto questo pagherà". Lo ha scritto su Twitter il sindaco di Roma Virginia Raggi.
(TgCom24)



Chi era Desirée, e cos'è San Lorenzo
Frastornati, sbigotti, increduli. I cittadini di Cisterna di Latina, dove è nata e cresciuta Desirée Mariottini, la sedicenne stuprata per ore e uccisa da una banda di balordi africani nel quartiere San Lorenzo di Roma, sono sotto choc. Non parlano alle telecamere ma si scambiano pensieri e riflessioni per chat, commentano in piazzetta raccontando la vera storia dei parenti (le famiglie Mariottini e Mazzoli) della sfortunata ragazza sulla quale la stampa si sta scatenando in cerca del particolare pruriginoso o del titolo a effetto. «Era una “brava” famiglia, quella di Desirée, rispettata e amata da tutti». Una famiglia “normale”. Ma anche una famiglia molto complicata, Desirée viveva con la mamma e la nonna, alla quale era stata affidata, perché il padre non l’ha mai riconosciuta. E per questo la ragazza portava il cognome della mamma che la ebbe a soli 16 anni.

Cisterna sotto choc: è una storia bruttissima
«È una storia bruttissima», dicono scuotendo la testa gli abitanti della cittadina in provincia di Latina, «una storia incredibile». «Lei è la nipote di un sindacalista impiegato del Comune di Cisterna, la moglie, Patrizia Mazzoli, è un’impiegata della Prefettura, sorella dell’ex vice-comanante dei vigili urbani». Insomma una famiglia storica, radicata nel tessuto di una piccola-grande città di provincia nel cuore dell’Agro pontino. L’ultimo contatto con Desirée dei suoi familiari è una telefonata con la nonna materna il 17 ottobre. Poi più nulla, fino alla tragica fine con il ritrovamento del corpo martoriato due giorni dopo in uno stabile “occupato” nel quartiere romano di San Lorenzo, una dei più violenti della città, un vero e proprio Bronx. «Ho perso l’autobus, resto a Roma da un’amica», queste le ultime parole che Desirée avrebbe detto alla nonna prima di sparire. A rivelarlo è stato l’avvocato della famiglia della ragazza, Valerio Masci che spiega come la telefonata sia arrivata «stranamente da un’utenza privata, che ha subito messo in allarme la famiglia».

Lo sciacallaggio della stampa
Stampa e televisioni, come per altri drammi simili, fanno a gara nella narrazione dell’orrore sfoderando servizi improbabili. Dotti commentatori, cresciuti a pane e “Repubblica”, spostano i riflettori sul presunto clima di razzismo che sarebbe alimentato dal governo della ruspa e dei rimpatri. Uno squallore incommentabile. Ma nessuno che approfondisca le dinamiche di un quartiere off limits dove il crimine e il malaffare regnano sovrani e immigrati irregolari senza documenti, come gli assassini di Desirée, girano indisturbati. San Lorenzo, i romani lo sanno bene, è uno dei quartieri dal passato antifascista che accoglie a braccia aperte le “risorse” straniere. Per non parlare degli stabili occupati. Alcuni sono intoccabili, coccolati dalle istituzioni, spesso covi di delinquenti pronti a partire in missione per raid, stupri e spaccio. Altri, radicati nel territorio e magari benvisti dai residenti che “così” si sentono “più sicuri”, sono in cima alla lista degli sgomberi. Ma questa è un’altra storia.
(Secolo XIX)


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lunedì 15 ottobre 2018

Lecco, quando il razzismo si insinua nelle istituzioni anche contro i bambini

Niente mensa per i figli di oltre 300 famiglie extracomunitarie. Polemica contro la sindaca leghista.


Camusso: "Bambini come ostaggi, scandaloso". Martina: "Governo fermi subito questa vergogna". Renzi: "Disumano"

Polemica sul caso delle mense scolastiche di Lodi "vietate" a oltre 300 famiglie extracomunitarie. Il fatto nasce con il nuovo regolamento, approvato dal Comune a guida Lega, che disciplina i servizi scolastici come mensa e scuolabus. Chi vuole accedere alle agevolazioni tariffarie, infatti, deve presentare la documentazione Isee.

Il problema, però, è che agli stranieri viene richiesto in aggiunta un documento del proprio paese d'origine che attesti che non possiedono nulla e che deve essere tradotto in italiano. Molti, a causa della difficoltà di reperire un documento del genere, rinunciano. Ma questo significa automaticamente passare nello scaglione più alto, che molti extracomunitari non riescono a pagare. E questo significa rinunciare al servizio della mensa e dello scuolabus. Il Comune di Lodi l'ha definita una norma 'antifurbetti', ma dal PD e dalla Curia sono partite le prime bordate.

Sul Cittadino, il quotidiano locale, il vescovo Maurizio Malvestiti ha ricordato che "La scuola deve accogliere tutti, con pari diritti e doveri. Talora ci sono problemi ma i bambini non vanno mai coinvolti"

Sono poi arrivate le parole dure del segretario del PD, Maurizio Martina, e dell'ex premier, Matteo Renzi. "Come fa ad addormentarsi sereno un sindaco che caccia bambini da una mensa scolastica? A quale livello di meschinità siete arrivati? Fermatevi. Subito". Mentre Renzi ha attaccato: "Vedere dei bambini discriminati alla mensa scolastica per ragioni economiche fa male al cuore. La politica basata sull'odio e sulla paura genera mostri. Quello che sta accadendo a Lodi per me è disumano"

Dura anche la Camusso: "La scelta di Lodi è scandalosa: come si fa a utilizzare i bambini come ostaggi di una partita che è quella della separazione del Paese? C'è un clima che andrebbe ricondotto alla ragionevolezza anche perché siamo di fronte a un allarme che non ha ragione d'essere ed è figlio dell'assenza di leggi che regolino con normalità i flussi che ci sono e che ci saranno sempre"

Sulla questione interviene anche il ministro dell'Interno, Matteo Salvini: "Non devono esserci furbetti: tutti devono pagare, tutti devono essere trattati alla stessa maniera. Il fatto che qualcuno, certamente non i bambini ma i genitori, che potrebbe pagare ritiene di non doverlo fare, rappresenta un insulto a genitori italiani e stranieri, che invece pagano quello che devono. Quindi fa bene qualunque sindaco, e l'hanno fatto anche quelli di sinistra a chiedere che non ci siano genitori furbi e altri meno furbi"
(Huffington Post)

Il vero problema NON sono i "furbetti", il vero problema è il diverso trattamento riservato ai figli "italici" rispetto ai figli di stranieri. Mentre ai bambini italiani è sufficiente l'autocertificazione, ai figli di stranieri sono richiesti, al contrario, documenti non facili da reperire e quasi impossibili da avere, e che comunque richiederebbero tempi lunghissimi. Di fatto una discriminazione.

"Colmiamo la differenza", raccolta fondi per aiutare i bambini dalle mense scolastiche di Lecco
"A tutti i bambini deve essere garantita la possibilità di avere pasti nutrienti, spiegano in un comunicato il gruppo di genitori che hanno aderito all'iniziativa. La mensa rappresenta inoltre un importante momento di socialità nella vita scolastica. Di fronte a questo provvedimento, le scuole sono state lasciate a sé stesse a gestire una situazione di emergenza. I bambini sono tutti uguali, non vogliamo credere che oggi, nel 2018, a Lodi non sia possibile trovare una soluzione giusta che non segreghi alcuni bambini rispetto ad altri"



Spari contro migranti, tutti i casi dell'ultimo periodo

Sono almeno sette gli episodi di violenza ai danni di cittadini stranieri da inizio giugno, ultimi in ordine di tempo quelli di Caserta e Cassola. Pochi giorni prima la vicenda della bimba rom ferita per strada, ma ci sono state denunce anche a Napoli, Forlì e Latina

"L'Italia non può assomigliare a un Far West dove un tale compra un fucile e spara dal balcone". È il monito lanciato anche dal capo dello Stato Sergio Mattarella a un Paese che, tra giugno e settembre, conta sette episodi denunciati di aggressioni con spari contro migranti. Un’escalation di violenza che riporta innanzitutto a quel 3 febbraio 2018, quando Luca Traini ha seminato il terrore per le strade di Macerata in un raid razzista che ha portato al ferimento di sei persone straniere: l’obiettivo del 28enne era vendicare la morte di Pamela Mastropietro, per il suo omicidio si trova in carcere l’uomo di origini nigeriane Innocent Oseghale. Ultimi in ordine di tempo gli episodi del 27 luglio a Caserta e nel Vicentino.

11 giugno
Due migranti del Mali, beneficiari del progetto Sprar del Comune di Caserta, hanno denunciato di essere stati raggiunti da colpi di pistola ad aria compressa sparati da tre ragazzi che gridavano "Salvini, Salvini!". Uno dei due è rimasto ferito all’addome, mentre l’altro è stato solo sfiorato dai colpi. "Venivo da casa di un amico dove ero stato ospitato - ha raccontato uno dei due migranti - è passata una Panda nera che ha fatto dapprima un paio di giri, dopo ho sentito degli spari. Ho visto che la persona che stava accanto al guidatore sparava gridando 'Salvini, Salvini, Salvini'. Siamo scappati, avevo paura e non ho realizzato subito che ero stato ferito. Me ne sono accorto dopo quando stavo a casa"

20 giugno
Nella notte tra il 20 e il 21 giugno è la volta di Napoli. In pieno centro, intorno alla mezzanotte, un 22enne maliano viene ferito all'addome con due piombini esplosi da un fucile ad aria compressa. Il giovane, chef in un ristorante, ha raccontato di essere stato preso di mira da due sconosciuti a bordo di un'auto: "Sparavano e ridevano", ha detto il ragazzo, ma "ho temuto di morire"

3 luglio
A Forlì, nella notte tra il 2 e il 3 luglio, in corso Garibaldi, una donna nigeriana sarebbe stata avvicinata da un motorino e una delle due persone a bordo l'avrebbe ferita al piede con una pistola da softair.

5 luglio
Pochi giorni dopo, sempre a Forlì, in via Bolognesi, un migrante ivoriano di 33 anni è stato colpito da un proiettile partito presumibilmente da una pistola ad aria compressa: era in sella a una bici, ha raccontato, e il colpo sarebbe partito da un'auto che lo ha affiancato.

11 luglio
A Latina Scalo due giovani migranti di nazionalità nigeriana sono rimasti lievemente feriti dopo essere stati colpiti da alcuni spari esplosi da una pistola ad aria compressa mentre aspettavano l’autobus.

17 luglio
A Roma una bambina di etnia rom è stata colpita da un piombino di una pistola ad aria compressa mentre era in braccio alla madre. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la donna si è accorta che alla figlia usciva sangue dalla schiena e, una volta arrivata all'ospedale, è stata sottoposta a un intervento chirurgico durante il quale le hanno estratto un piccolo corpo estraneo metallico molto simile a un piombino di una pistola ad aria compressa. Per l’accaduto è indagato per lesioni gravi un uomo italiani tra i 45 e i 50 anni che si è difeso sostenendo che il colpo è partito inavvertitamente.

27 luglio
Due gli episodi avvenuti in un solo giorno. A Cassola, in provincia di Vicenza, un operaio di 33 anni di origine capoverdiana è stato ferito da un colpo d’arma da fuoco mentre stava lavorando su un ponteggio a 7 metri d'altezza. L’uomo che ha sparato da un condominio vicino, un 40enne disoccupato, si è giustificato dicendo che il suo reale obiettivo era un piccione.

Il secondo caso è avvenuto a Caserta, dove un migrante della Guinea, richiedente asilo e ospite di un centro di accoglienza di San Cipriano d'Aversa, ha denunciato di essere stato colpito in pieno volto con una pistola ad aria compressa. Il giovane, ferito superficialmente, ha detto di essere stato avvicinato da due ragazzi in moto che hanno poi fatto fuoco.




Articolo a cura di
Maris Davis


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