Il Centro Siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” e il Comune di Palermo parti civili nel processo contro la “Black Axe”, la mafia nigeriana per la prima volta alla sbarra a Palermo.
A Torino e a Brescia “L’ascia Nera” (Black Axe) è già stata riconosciuta come organizzazione di tipo mafioso. La divisione territoriale in Continenti, Nazioni e città, la struttura verticistica, il rigido cerimoniale d’iniziazione, le ferree regole d’appartenenza, ne fanno una pericolosa ma sottovalutata associazione criminale.
Le maggiori fonti di accumulazione finanziaria sono il commercio di droga, il traffico di esseri umani, lo sfruttamento della prostituzione e ora anche le frodi informatiche, le truffe on-line, i trasferimenti di denaro sporco tramite l’underground banking.
Ma l’attività più evidente e odiosa, quella che però spesso non si vuole affrontare, è senz'altro quella della “Tratta”, la compra-vendita delle ragazze poco più che adolescenti. Tutto inizia dalle condizioni miserevoli della Nigeria: spesso è la stessa famiglia d’origine, d’accordo con i trafficanti, che spedisce la giovane in Europa. Questa, per ripagare il viaggio e le spese di mantenimento, deve vendere il proprio corpo per venti euro a prestazione, fino a risarcire l’Organizzazione di 25-45 mila euro. Un calvario di anni e anni di ricatti, minacce, degrado, torture, e qualche volta anche la morte.
Nino Rocca del Centro Impastato che da anni segue questo fenomeno. “Il controllo sulle giovanissime ragazze che sono costrette a vendere il proprio corpo è continuo e capillare. Da quando partono dalla Nigeria, lungo tutto il viaggio nel deserto, fino alla Libia, poi l’imbarco sui gommoni, l’arrivo nei centri d’accoglienza in Italia, fino allo smistamento nelle varie città, la “Black Axe” segue passo passo queste donne. È un’organizzazione molto abile e strutturata. Sono capaci di spostare le ragazze in 24 ore”
A Palermo, tra le vie Oreto, Roma, Maqueda, corso Tukory, all’interno di Ballarò, sono più di trenta le “Connection house” dove si esercita il sesso a pagamento. Non solo, quindi, nelle strade, tra i viali della Favorita o a piazza Tredici Vittime, ma anche all'interno di case diroccate e cadenti del centro storico.
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Associazione "Donne di Benin City", Palermo |
Con l’associazione “Donne di Benin City”, a Palermo abbiamo aiutato ad uscire da questo inferno quasi venti donne. Ma è un percorso difficile, pericoloso e che soprattutto non è compreso dagli organi istituzionali competenti. Prima di tutto non si tratta di “minori non accompagnati”, ma, al contrario, di persone seguite e monitorate ogni momento dalla “Black Axe”: dai villaggi del loro Paese fino a quando dimorano qui nelle case delle “mamam” che le sfruttano. Poi, quando tentano di fuggire dalla loro condizione, i giuramenti woodoo, le minacce alla famiglia in Nigeria, i complicatissimi iter giudiziari-burocratici, scoraggiano queste ragazze, che spesso rimangono incinta, dal proseguire nei racconti e nelle dichiarazioni agli organi di Polizia”
Formata da nigeriane che in passato hanno subito questo destino, l’associazione “Donne di Benin City” sembra aver imboccato la strada giusta per aiutare le giovani vittime. Con le stesse storie, nel loro dialetto, con la piena comprensione di chi ha vissuto le medesime esperienze, le accolgono e le ascoltano. Danno speranze e conforto a chi tenta di uscire disperatamente dall'incubo della “Tratta”
Il Processo
Il procedimento nasce da un’indagine della procura di Palermo iniziata nel 2015 a carico di una organizzazione mafiosa transnazionale, con base in Nigeria, denominata Black Axe, l’ascia nera. Gli investigatori della squadra mobile scoprirono un clan che aveva la gestione e il controllo di una serie di attività economiche illecite: dalla riscossione di crediti, allo sfruttamento della prostituzione e al traffico di stupefacenti.
La banda, che aveva il quartier generale nel quartiere storico di Ballarò e cellule anche in altra città italiane, era organizzata secondo una struttura verticistica basata su rigide regole fatte di “battesimi“, riti di affiliazione dei membri e precisi ruoli all'interno del sodalizio simili a quelli di Cosa nostra.
Tra gli arrestati c’è anche il capo del clan Festus Pedro Erhonmosele e il suo vice Osahon Kennet Aghaku, nigeriano, di 22 anni che si occupava personalmente di punire chi disubbidiva.
A svelare i meccanismi dell’associazione criminale, dopo il blitz, fu uno degli arrestati che ha scelto di collaborare con gli inquirenti. Nel corso dell’udienza in cui diversi imputati hanno anche chiesto l’interrogatorio, ci sono stati momenti di tensione tra i legali e il giudice. I legali hanno lamentato l’irritualità dell’udienza in cui, hanno sostenuto, i tempi avrebbero limitato i diritti di difesa.
L'udienza che ha rinviato a giudizio gli imputati e che ha il via al processo si è svolta nel capoluogo siciliano in novembre. Cinque rinvii a giudizio per associazione mafiosa. Solo che le persone che saranno processate per 416 bis a Palermo non sono esponenti di Cosa nostra. Nel capoluogo siciliano, infatti, arrivano i primi dibattimenti su una mafia nuova: quella nigeriana. Dopo un’udienza-fiume di oltre dieci ore che ha evitato la scadenza dei termini di custodia cautelare e la scarcerazione dei componenti della banda, il gip di Palermo ha rinviato a giudizio 5 dei 19 imputati. Quattordici hanno scelto l’abbreviato. La seconda udienza del processo è fissata per il 6 febbraio. Oltre al reato di associazione mafiosa, mai contestato a una organizzazione straniera prima d’ora nel capoluogo siciliano, rispondono a vario titolo di lesioni e violenza sessuale.
Black Axe
Nata negli anni ’70 all'università di Benin City, in Nigeria, come una confraternita di studenti, Black Axe all'inizio è una gang a metà tra un’associazione religiosa (li chiamano culti) e una banda criminale, che stabilisce riti d’iniziazione e impone ai suoi affiliati di portare un copricapo, un basco con un teschio e due ossa incrociate, come il simbolo dei corsari.
Diverse indagini avevano ricostruito come da qualche anno i tentacoli di questa nuova piovra criminale siano arrivati anche in Italia, dove i boss nigeriani hanno iniziato a dettare legge nei sobborghi di città come Brescia e Torino: droga, spaccio, gestione delle prostitute e un regime di terrore molto simile a quello che è il marchio di fabbrica delle mafie di casa nostra.
Già nel 2011 un’informativa dell’ambasciata nigeriana a Roma aveva dato l'allarme “Vorrei attirare la vostra attenzione sulla nuova attività criminale di un gruppo di nigeriani appartenente a sette segrete, proibite dal governo a causa di violenti atti di teppismo: purtroppo gli ex membri di queste sette che sono riusciti ad entrare in Italia hanno fondato nuovamente l’organizzazione qui, principalmente con scopi criminali”
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Leoluca Orlando, sindaco di Palermo |
Il Gup Claudia Rosini, nel corso dell’udienza di stamani, ha rigettato le opposizioni dei difensori ed ha ammesso la costituzione di parte civile del Comune di Palermo, rappresentato dall'avvocato Giovanni Airò Farulla, nel processo alla cosiddetta mafia nigeriana, accusata di sfruttamento della prostituzione, traffico di stupefacenti e riduzione in schiavitù.
"Confermiamo il nostro impegno - ha dichiarato il Sindaco, Leoluca Orlando - in tutte le sedi e con tutti gli strumenti possibili sul fronte del contrasto alla tratta. Il Comune ribadisce, con questo atto, la sua vicinanza alle vittime, un passo che si affianca alle tante azioni realizzate in questi anni con le associazioni, i comitati e con tantissime cittadine e cittadini"
La prossima udienza del processo, in corso di svolgimento presso il Tribunale di Palermo, è fissata per il 6 febbraio prossimo.
Comunicato stampa del Comune di Palermo (25 gennaio 2018) |