Nella contestatissima manovra economica arriva anche la tassa sulle rimesse dei migranti. I più colpiti sono i bangladesi.
Il tributo è dell'1,5% e secondo lo studio della Fondazione Moressa porterà nelle casse dello Stato circa 60 milioni di euro, una miseria per raschiare denaro tra i poveri e finanziare il reddito di cittadinanza da regalare agli italiani comodamente seduti in poltrona.
La chiamano “tassa sui migranti regolari”. È il nuovo balzello dell’1,5% sulle rimesse per far cassa. Il governo si prepara a pescare in quel fiume di denaro che scorre dall'Italia verso i Paesi d’origine degli immigrati. Un prelievo che porterà allo Stato poco più di 60 milioni di euro e che peserà soprattutto sulle tasche dei lavoratori bangladesi, filippini, senegalesi e indiani.
Non solo. La nuova tassa sui money transfer si aggiunge alle spese di commissione già pagate dai migranti, cozza contro tutti gli impegni assunti a livello internazionale e rischia di ingrossare i canali informali (talvolta illegali) di trasferimento del denaro.
La tassa sui migranti: 62 mln l’anno. L’intenzione del governo è dunque quella di introdurre nel decreto fiscale (tramite un emendamento targato Lega) un prelievo dell’1,5% su tutti i trasferimenti di denaro diretti verso Paesi extraeuropei. A pesarne le conseguenze è uno studio della Fondazione Leone Moressa, che parte dalla crescita degli ultimi mesi.
Nel primo semestre del 2018, per la prima volta dal 2013, si registra infatti un segnale di ripresa: 2,71 i miliardi di euro spediti all'estero, con un aumento dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2017. Mantenendo la tendenza dei primi sei mesi, a fine 2018 si sfiorerebbero i 5,5 miliardi. Lo scorso anno le rimesse complessive dal nostro Paese si sono invece fermate a quota 5 miliardi. Di questi, circa l’80% è destinato a Paesi extra Ue (4,13 miliardi). «Applicando la nuova ipotetica tassa dell’1,5%, entrerebbero dunque nelle casse dello Stato 62 milioni di euro»
Bangladesi e filippini i più colpiti. Chi pagherebbe la nuova tassa? Se si guarda alla classifica di chi spedisce più soldi a casa, dopo i romeni (che non sarebbero tassati in quanto comunitari), da tempo si segnala il record dei bangladesi. E infatti, «il contributo più consistente imposto dalla tassa sarebbe dato dai cittadini del Bangladesh, con ben 8 milioni di euro». E visto che i bangladesi in Italia sono circa 130mila, sarebbe come chiedere a ciascuno di loro, inclusi bambini e anziani, un contributo annuale di circa 60 euro. Seguono i migranti delle Filippine (che verserebbero 4,9 milioni complessivi di tasse), Senegal (4,6 milioni), India (4,4 milioni), Sri Lanka (4,2) e Marocco (4,2).
Non è tutto. Sulle rimesse già incidono le commissioni pagate al servizio di money transfer: considerando che la media italiana è del 6,20%, si calcola che i migranti abbiano pagato oltre 335 milioni di euro in commissioni lo scorso anno.
Numerosi accordi internazionali sono volti a ridurre il costo di queste transazioni finanziarie verso l’estero effettuate da persone fisiche. Durante il G8 del 2009 a L’Aquila fu stabilito l’obiettivo di portarlo al 5%. Lo stesso obiettivo fu ribadito ai G20 di Cannes (2011) e Brisbane (2014). Inoltre, all'interno degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite è fissato l’impegno di ridurre i costi al 3% entro il 2030.
Con la nuova “tassa sui migranti regolari” l'Italia prende invece tutt’altra direzione: portando di fatto oltre il 7% (tra commissione e balzello) il costo delle rimesse.
(la Repubblica)
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