venerdì 5 giugno 2015

L'ISTAT pubblica il Rapporto sulla Violenza delle Donne in Italia

Dati sconfortanti. Una donna su 3 subisce violenza. Un'italiana su 5 viene stuprata. Quasi 7 milioni di donne subiscono abusi.

Sono quasi sette milioni (6 milioni 788 mila) le donne in Italia che nella propria vita hanno subito violenze fisiche o sessuali. Preoccupano i dati che emergono dal rapporto "La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia" - Clicca qui -, presentato dall'Istat e da Giovanna Martelli, consigliere del premier in materia di pari opportunità.

Rispetto al passato, però, c’è "una maggiore capacità di prevenire le violenze contro le donne". I dati presentati dall’ISTAT descrivono un fenomeno "ampio e diffuso" e che oggi riguarda anche le più giovani, visto che un’italiana su 10 vittima di violenze ha meno di 16 anni.

"C’è una crescita della coscienza femminile", della prevenzione, del lavoro dei centri anti-violenza, dei media, di un clima sociale mutato verso una maggiore condanna del fenomeno.

La violenza fisica o sessuale riguarda il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni (quasi una su tre)
  • Il 20,2% ha subito violenza fisica,
  • Il 21% violenza sessuale.
  • Il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne stuprate e 746 mila le vittime di tentati stupri.
  • La diffusione della violenza psicologica registra una percentuale pari a oltre il 40%.
Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), mentre quella sessuale più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7% contro 5,1%). Le donne moldave (37,3%), rumene (33,9%) e ucraine (33,2%) subiscono più violenze.

I partner attuali o ex commettono le violenze più gravi. Il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Gli autori di molestie sessuali sono invece degli sconosciuti nella maggior parte dei casi (76,8%).

Una vittima su dieci subisce violenza prima dei 16 anni. Il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Considerando il totale delle violenze subìte da donne con figli, aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3% del dato del 2006 al 65,2% rilevato nel 2014).

Emergono importanti segnali di miglioramento rispetto all'indagine precedente: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all'11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006. Ciò è frutto di una maggiore informazione, del lavoro sul campo, ma soprattutto di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno e di un clima sociale di maggiore condanna della violenza.

Si segnalano però anche elementi negativi. Non si intacca lo zoccolo duro della violenza, gli stupri e i tentati stupri (1,2% sia per il 2006 sia per il 2014). Le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8% del 2006 al 34,5% del 2014).

Anche le violenze da parte dei non partner sono più gravi. 3 milioni 466 mila donne hanno subìto stalking nel corso della vita, il 16,1% delle donne. Di queste, 1 milione 524 mila l'ha subìto dall'ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall'ex partner.
(Fonte ISTAT)

Condividi la nostra Campagna contro la Violenza sulle Donne

No alla Violenza sulla Donne



Nigeria. Amnesty International accusa l'esercito per crimini di guerra contro i civili

"Stellette sulle loro spalle, sangue sulle loro mani". Sono gravissime le accuse mosse da Amnesty International all'esercito nigeriano che vanno dalla tortura alle esecuzioni sommarie. Ma soprattutto l'accusa è di aver preso parte, autorizzato o evitato d’impedire la morte di oltre 8.000 (ottomila) persone assassinate, soffocate, torturate o lasciate morire di fame.

Atrocità avvenute in gran parte nelle regioni del nord orientali della Nigeria. In pratica si accusa l'esercito di non aver fatto nulla, in questi anni, per impedire il massacro di civili da parte di Boko Haram.

La popolazione civile è sempre stata tra due fuochi, da un lato Boko Haram con le sue incursioni nei villaggi e la sua striscia di morte, dall'altro l'esercito nigeriano che ha sempre accusato la stessa popolazione di fede islamica di appoggiare, nascondere e favorire le milizie dell'integralismo islamico nigeriano.

In un nuovo rapporto diffuso il 3 giugno, Amnesty International ha chiesto che alcuni alti ufficiali dell'esercito nigeriano siano indagati per aver preso parte, autorizzato o evitato d'impedire la morte di oltre ottomila persone assassinate, soffocate, torturate o lasciate morire di fame.

Esercito nigeriano
Il rapporto, "Stellette sulle loro spalle, sangue sulle loro mani", è basato su anni di ricerche e di analisi delle prove, tra cui documenti e corrispondenza riservata diventati di dominio pubblico ed oltre 400 interviste a vittime, testimoni oculari e alti funzionari delle forze di sicurezza - Download rapporto (inglese) -

Crimini di guerra e contro l'umanità. Il rapporto dell'organizzazione umanitaria elenca una serie di crimini di guerra e contro l'umanità commessi dalle forze armate della Nigeria nel contesto dello scontro contro Boko Haram nel nord-est del paese. Rivela che, dal marzo 2011, oltre 7.000 uomini in giovane età, anche minorenni, sono morti nelle carceri militari e che dal febbraio 2012 più di 1.200 persone sono state uccise in circostanze misteriose.

Vanno trovate le responsabilità individuali. Amnesty International ritiene che, sulla base delle prove fornite nel suo rapporto, sia necessaria un'indagine sulle responsabilità individuali e di quelle connesse alla funzione di comando, che includa anche i comandanti di medio e di alto grado. Il rapporto descrive il ruolo e le possibili responsabilità penali di coloro che fanno parte della catena di comando (fino al comandante generale delle forze armate e al capo di stato maggiore dell'Esercito) e fa i nomi di nove alti ufficiali che dovrebbero essere indagati per responsabilità individuali e di comando.

Lasciati morire in carcere in condizioni orrende. "Queste prove, nauseanti, rivelano come migliaia di giovani uomini e minorenni siano stati arrestati in modo arbitrario e deliberatamente uccisi o lasciati morire in carcere, nelle più orrende delle condizioni. Vi sono forti ragioni per indagare sulle possibili responsabilità penali dei rappresentanti delle forze armate, compresi quelli ai più alti livelli"

Il rapporto non è circoscritto alle singole responsabilità penali, ma chiama in causa la leadership della Nigeria, che deve agire per porre fine al clima d'impunità che domina le forze armate.

Responsabilità individuali di singoli militari accertate e documentate. Amnesty International chiede alla Nigeria di assicurare indagini rapidi, indipendenti ed efficaci sugli ufficiali che nel rapporto sono elencati per nome e cognome, sui quali grava il sospetto di pesanti responsabilità penali individuali o di comando per i crimini di guerra di omicidio, tortura e sparizione forzata.

L'elenco dei vertici del comando militare. Inoltre, Amnesty International chiede alla Nigeria indagini rapide, indipendenti ed efficaci sui alti ufficiali per le loro possibili responsabilità di comando, in relazione a crimini commessi dai loro sottoposti. La responsabilità di comando esiste quando le persone in questione sapevano o avrebbero dovuto essere a conoscenza di crimini di guerra e non hanno preso misure adeguate per impedirli o per assicurare la consegna alla giustizia dei responsabili.

Decessi di massa in carcere. Nel corso della risposta agli attacchi di Boko Haram nel nord-est del paese, dal 2009 le forze armate nigeriane hanno arrestato almeno 20.000 uomini, giovani e minorenni, alcuni dei quali di soli nove anni, spesso sulla base della segnalazione di un unico informatore segreto. La maggior parte di queste persone è stata arrestata nel corso di massicce operazioni di "controllo" o di rastrellamenti di centinaia di uomini. Quasi nessuno degli arrestati è stato condotto di fronte a un giudice e tutti sono stati privati delle salvaguardie fondamentali contro l'omicidio, la tortura e i maltrattamenti.

Senza acqua né cibo in celle sovraffollate. Le persone arrestate dall'esercito sono state trattenute senza poter comunicare con l'esterno, in celle sovraffollate, prive di ventilazione e di servizi igienico-sanitari e con poco cibo e acqua a disposizione. Molti prigionieri sono stati sottoposti a tortura e migliaia di essi sono morti per questo motivo o a causa delle pessime condizioni detentive. "Tutto quello che so è che una volta che sei stato preso dai soldati e portato a Giwa (una base militare), la tua vita è finita", ha denunciato un ex detenuto ad Amnesty International.

Benvenuto nel luogo dove morirai. Un militare di alto grado ha fornito ad Amnesty International l'elenco di 683 detenuti morti in carcere dall'ottobre 2012 al febbraio 2013. L'organizzazione per i diritti umani ha inoltre verificato che nel 2013 oltre 4.700 corpi sono stati trasferiti dalla base militare di Giwa a una camera mortuaria. Solo nel giugno 2013, ne sono arrivati oltre 1.400. Un uomo che ha trascorso quattro mesi in carcere ha descritto come all'arrivo i soldati gli abbiano detto "Benvenuto nella tua camera della morte. Benvenuto nel posto dove morirai". Solo 11 dei 122 uomini arrestati con lui sono sopravvissuti.

Fame, disidratazione e malattie. I ricercatori di Amnesty International hanno potuto vedere corpi emaciati negli obitori. Un ex detenuto di Giwa ha dichiarato che circa 300 persone della sua cella sono morte dopo essere state private dell'acqua per due giorni "A volte bevevamo le nostre urine, ma alla fine non c'era neanche quella".

Le prove fornite da ex detenuti e testimoni oculari sono corroborate dalle fonti militari. Un alto ufficiale ha detto ad Amnesty International che i centri di detenzione non ricevono danaro sufficiente per fornire cibo a tutti e che a Giwa i prigionieri vengono "deliberatamente affamati".

Una fossa comune con 500 corpi. Le malattie, comprese possibili epidemie di colera, sono diffuse. Un agente di polizia assegnato a un centro di detenzione chiamato "La casa del riposo", nella località di Potiskum, ha rivelato ad Amnesty International la sepoltura sommaria di oltre 500 cadaveri "Non li portano in ospedale quando sono ammalati e non li portano all'obitorio quando sono morti".

Come lager nazisti. Alla base militare di Giwa e nel centro di detenzione di Damaturu il sovraffollamento è tale che centinaia di detenuti in ciascuna cella devono fare i turni per dormire o anche per sedere sul pavimento. La base di Giwa, che non è stata progettata come centro di detenzione, e che dalle descrizioni evoca un vero e proprio lager nazista, ha avuto in una sola volta anche 2.000 detenuti. Un ufficiale dell'esercito ha dichiarato ad Amnesty International che "centinaia di persone sono morte in carcere, o uccise dai soldati, oppure morte per soffocamento" nel settore Alfa di Giwa, chiamato "Guantánamo". Amnesty International ha potuto confermare che in un solo giorno, il 19 giugno 2013, 47 detenuti sono morti soffocati.

Sostanze chimiche per abbattere i cattivi odori. Per combattere la diffusione delle malattie e il cattivo odore, le celle vengono regolarmente irrorate di sostanze chimiche che, a causa della scarsa ventilazione, possono causare la morte di molti detenuti. Un militare di stanza a Giwa ha dichiarato ad Amnesty International "Molti presunti membri di Boko Haram sono morti a causa della fumigazione. Spruzzano gli insetticidi che voi usate per uccidere le zanzare. Sono molto potenti e pericolosi".

Le torture. Amnesty International ha ricevuto credibili rapporti e prove filmate sulle torture commesse dai militari durante e dopo gli arresti. Ex detenuti e fonti militari hanno parlato di persone regolarmente torturate a morte, appese a pali sotto i quali viene acceso il fuoco, interrati in fosse profonde o colpiti con manganelli elettrici. Queste conclusioni sono analoghe a quelle cui Amnesty International era giunta in rapporti pubblicati negli anni precedenti.

Esecuzioni extragiudiziali. Oltre 1.200 persone sono state uccise nel nord-est della Nigeria dai militari e dalle milizie loro alleate. Nel peggiore dei casi denunciati da Amnesty International, il 14 marzo 2014 l'esercito ha ucciso oltre 640 persone che erano evase dal centro di detenzione di Giwa a seguito di un attacco di Boko Haram. Molte di queste uccisioni appaiono atti di ritorsione contro gli attacchi di Boko Haram. Un alto ufficiale ha dichiarato ad Amnesty International che si tratta di una prassi comune. I soldati "vanno nel posto più vicino e uccidono tutti i giovani, persone che potrebbero essere innocenti e non armate".

Gli ufficiali non potevano non sapere. Le prove raccolte da Amnesty International mostrano che gli ufficiali dell'esercito erano a conoscenza, o avrebbero dovuto essere a conoscenza, della natura e della dimensione dei crimini in corso. Come si legge nei documenti interni dell'esercito, erano aggiornati sull'alto numero di morti tra i detenuti mediante rapporti quotidiani dal campo, lettere e schede di valutazione provenienti dai comandanti locali e indirizzati al quartier generale della Difesa e a quello dell'Esercito.

L'appello al presidente nigeriano. "Chiediamo al neo-eletto presidente Buhari di porre fine alla cultura dell'impunità che ha rovinato la Nigeria e sollecitiamo l'Unione Africana e la comunità internazionale a sostenere e incoraggiare questo tentativo. È urgente che il presidente lanci un'indagine immediata e imparziale sui crimini descritti nel nostro rapporto e chiami tutti i responsabili a rispondere del loro operato, a prescindere dal grado o dalla posizione. Solo allora potrà esserci giustizia per i morti e i loro parenti".
(Fonte Rapporto Amnesty International)


Video allegato al Rapporto di Amnesty International
(Attenzione, il video contiene scene cruente)

Rapporto Amnesty International (Inglese)


mercoledì 3 giugno 2015

Nigeria, il peggior Islam continua ad uccidere. Nuovo video di Boko Haram

Miliziani islamici Boko Haram
Bomba a Maiduguri, decine di morti. Un attentato in un mercato ha causato almeno 50 vittime nella città di Maiduguri. Un uomo si è fatto esplodere nel mercato di Gamboru, un quartiere della città, dove si commercia soprattutto bestiame.

L’attacco certamente provocato dal gruppo jihadista Boko Haram. Altre trenta persone sono morte in altri attacchi nel paese durante il fine settimana.

Secondo le testimonianze l'attentatore avrebbe nascosto la bomba sotto il tavolo di un macellaio nel mercato e l'avrebbe poi fatta esplodere uccidendo gli acquirenti e viaggiatori nelle vicinanze.

Ieri Boko Haram ha pubblicato un nuovo video di 10 minuti in cui NON appare Abubakar Shekau, il leader del gruppo. Al suo posto un giovane non meglio identificato parla in nome dell’esercito del califfato dell’Africa occidentale. La assenza di Shekau ha scatenato ipotesi non verificate sulle sue sorti.

Nel video il giovane portavoce liquida come menzogne le affermazioni dell'esercito nigeriano in cui si annuncia di aver ripreso tutte le città dai miliziani e poi mostra alcune carte d'identità di soldati governativi che dice di aver ucciso. Successivamente mostra dei rottami che afferma essere ciò che resta di un jet nigeriano abbattuto dal gruppo.

Il gruppo sta tornando alle tattiche di guerriglia e terrorismo da quando le offensive militari degli ultimi mesi di Ciad, Niger e delle truppe nigeriane hanno avuto successo e gli hanno fatto perdere il territorio che aveva guadagnato nel 2014. Secondo fonti militari il gruppo estremista islamico manterrebbe un'ultima roccaforte nella foresta di Sambisa nel Nord-est della Nigeria.
(Fonte BBC)

lunedì 1 giugno 2015

Nigeria, Boko Haram prende di mira Maiduguri con attentati kamikaze

Maiduguri
Ancora incubo Boko Haram in Nigeria. Il gruppo islamico armato ha preso di mira la città di Maiduguri, capitale dello Stato del Borno nel nord est del paese, con una serie di attentati kamikaze che hanno provocato decine di vittime.

In un primo tempo i miliziani hanno cercato a più riprese di assaltare alcune zone della città, ma sono stati respinti dall'intervento dell’esercito. In seguito a ciò attacchi kamikaze in diverse zone della città hanno provocato decine di feriti.

Una ragazza kamikaze si è fatta esplodere nel mercato del quartiere di Gamboru, sempre a Maiduguri. Nella stessa città, sabato un kamikaze si è fatto esplodere all'interno di una moschea e almeno 29 persone sono rimaste uccise. Poche ore prima i miliziani di Boko Haram avevano attaccato la periferia della città, lanciando razzi contro edifici residenziali.

La città, che conta circa due milioni di abitanti, è quella dove due anni fa ha visto la nascita il gruppo terroristico. Sempre sabato, uomini di Boko Haram avevano assaltato a colpi d'arma da fuoco edifici governativi in altre due località dello Stato di Yobe, incendiando vari immobili e saccheggiando cibo e bevande dai negozi, oltreché carburante dai venditori abusivi.

La nuova ondata di violenza arriva in risposta all'insediamento del nuovo presidente Muhammadu Buhari che durante la cerimonia ad Abuja ha promesso il pugno di ferro contro Boko Haram, creando prima di tutto un nuovo centro di comando militare proprio a Maiduguri per intensificare la lotta contro Boko Haram.

Situati nel nord della Nigeria a maggioranza musulmana, gli Stati di Borno, Adamawa e Yobe sono il fulcro della attività di Boko Haram, che combatte per instaurare un "califfato islamico" nella regione e ha tentato in varie occasioni di conquistare la città di Maiduguri, importante crocevia commerciale e geo-politico.

In 6 anni gli attacchi del gruppo islamico hanno provocato oltre 15 mila vittime e due milioni di sfollati.
(Fonte EuroNews)