martedì 9 febbraio 2016

Brescia, baby squillo di 15 anni in vendita a 10 euro. Contatti su Facebook

L’inchiesta nasce dalla denuncia di una madre, cinque compagne di classe di Brescia si prostituivano con uomini di tutto il nord Italia. I contattati avvenivano grazie a profili facebook falsi.

La 15enne ha lasciato gli agenti della polizia provinciale di Brescia senza parole. Non ha negato, anzi, ha confessato tutto in modo disinibito. Come se fosse naturale. "Se magari volevo un paio di jeans nuovi mi proponevo al primo che mi metteva gli occhi addosso. Ero sempre pronta a un rapporto sessuale"

Un nuovo caso di degrado giovanile scuote la provincia di Brescia. Protagoniste cinque ragazzine tra i 15 e i 16 anni cresciute in contesti senza alcun problema economico. Compagne di scuola, amiche di vita, ed infine "baby squillo" per pagarsi l'aperitivo o l'uscita del sabato sera.

Si vendevano a uomini anche di altre province del nord Italia per dieci, venti, trenta euro a seconda della prestazione sessuale richiesta. Non solo, per incrementare il fatturato le ragazzine si prostituivano in cambio di ricariche telefoniche da cinque euro anche ai compagni di scuola, un istituto professionale della città.

Le ragazze tenevano i contatti con i clienti via Facebook. Tutto è partito da una madre che, insospettita dai rientri a notte fonda della figlia, in due casi accompagnata da un 70enne (che sembra uscirne pulito), si è informata sulle prestazioni scolastiche.

In classe la giovane ci andava pochissimo e la mamma, con sospetti sempre più forti, si è rivolta alla Polizia Provinciale di Brescia "Credo che mia figlia si prostituisca". Gli agenti hanno ricostruito l'intera vicenda con non poche difficoltà, All'inizio le cinque baby squillo si servivano di un 30enne bresciano come intermediario, poi avevano iniziato a gestire da sole il proprio giro.

Non usavano le normali chiamate del telefono ma contattavano i clienti con profili falsi creati ad hoc su facebook. il giro arrivava fino a Bergamo, Mantova, Torino e Milano, gli incontri si tenevano sopratutto nei parcheggi del centro commerciale Freccia Rossa di Brescia.

lunedì 8 febbraio 2016

Etiopia nella morsa della siccità, una tragedia umanitaria senza precedenti

Emergenza umanitaria in Etiopia, una tragedia dalle proporzioni bibliche. Il Corno d’Africa di nuovo nella morsa della siccità sia per la mutazione di El Niño che a causa dell'uomo. 10 milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti, ma di rifugiati ambientali e di fame il mondo non vuole più saperne.

Sarebbero oltre 10 milioni le persone che hanno urgente bisogno di aiuti internazionali in conseguenza della siccità che ha colpito l’Etiopia, ma anche le nazioni vicine come parte della Somalia e del Kenya. "Al momento stiamo cercando di assicurarci che nessuno perda la vita"

Il responsabile etiope per gli aiuti umanitari ha calcolato nell'equivalente di ben 200 milioni di dollari l’ammontare delle risorse messe sino ad ora a disposizione dal governo etiope per far fronte all'emergenza. Ma evidentemente questa cifra non basta comparata alla gravità del problema e le autorità locali lanciano un appello alla comunità internazionale affinché si possano raggiungere le popolazioni a rischio immediato.

La situazione si presenta dunque come una vera e propria tragedia di proporzioni bibliche, dovuta ad una serie di concause tra il locale, lo sfruttamento intensivo delle falde acquifere per l’agricoltura intensiva, e quella globali, i tanto citati cambiamenti climatici. All'emergenza ha contribuito il fenomeno di El Niño, o meglio la sua mutazione a causa delle manomissioni antropiche, legate al riscaldarsi delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico.

Una delle conseguenze immediate, la più grave da affrontare subito, è la scarsità di acqua e cibo. Il bestiame sta morendo, perché non trova più pascolo, la siccità ha progressivamente consumato quel poco di terreno utile e le masse rurali che vivono ancora prevalentemente di pastorizia cominciano anche a fare i conti con una produzione alimentare dimezzata.

A causa di questo, e delle odiose manovre speculative locali che sempre accompagnano queste situazioni, il prezzo dei prodotti di base come il riso e il mais ha raggiunto livelli record in alcune zone. In Somalia, ad esempio, il costo del sorgo è salito del 240% rispetto allo scorso anno.

Nel breve periodo questo significa un aumento dei tassi di malnutrizione, gli indicatori sono già allarmanti, superano del 15% quelli che le Nazioni Unite considerano già emergenza umanitaria, nelle regioni di Turkana, in Kenya, adesso la malnutrizione colpisce più del 37% della popolazione mentre, a causa della carestia le ONG umanitarie presenti in loco, come Save the Children, denunciano che "circa 400.000 bambini rischiano di sviluppare nel 2016 forme acute di malnutrizione, arresti della crescita e ritardi mentali e fisici nello sviluppo"

Tutto questo ha anche ripercussioni drammatiche sul fronte dei cosiddetti rifugiati ambientali che si muovono in massa alla ricerca di posti più vivibili creando masse umane in movimento che rischiano di scompensare il già fragilissimo equilibrio della zona.

Se pensiamo al numero di profughi somali che campeggia nelle zone oramai preda della siccità, possiamo forse a malapena immaginare quale situazione possa essere per queste persone il sommarsi della condizione di profugo politico con quella di rifugiato ambientale. In quei luoghi si trova infatti il più grande campo profughi del mondo, quello di Dadaab.

L’alterazione del suo flusso di corrente naturale, che ha assicurato una equa distribuzione delle piogge su tutta la fascia transatlantica per millenni, veicolate e prodotte dalla sua circolazione della conseguente alternanza di corrente calda e fredda tra le due sponde dell’oceano, ha ora delle conseguenze disastrose anche per la parte africana che affaccia sull'Oceano Indiano.

La siccità in atto è ulteriormente pericolosa perché, con i suoi 95 milioni di abitanti, l’Etiopia è il secondo Paese più popoloso dell’Africa e questo rischia di destabilizzare, anche militarmente, una vasta zona già preda di guerre annose e immersa in un permanente sottosviluppo. Non è la prima volta che il Paese, ma più in generale il Corno d’Africa, si trova confrontato con gravi carestie, se ne sono già verificate nel 2008, nel 2011 e soprattutto nel 1984, quando le vittime furono centinaia di migliaia.

Uno scandalo italiano degli anni '80. Pochi ricordano, a questo proposito, che una delle fasi più corruttive della politica estera italiana fu il cosiddetto FAI, cioè il "Fondo di Aiuti Italiani" che riuscì nella incredibile impresa di far passare in parlamento una legge che destinava alla carestia nel Corno d'Africa (quella del 1984), ben 1.900 miliardi delle vecchie lire da spendere in soli 18 mesi creando una voragine di tangenti che hanno squassato dal profondo la credibilità italiana in Africa.

Una marea di denaro che NON arrivò a chi ne aveva davvero bisogno. Gli scandali che ne seguirono ridussero la cooperazione italiana a fanalino di coda tra quelle europee che ancora, nonostante le promesse legate alla nuova legge (la n°125 del 2014), non riesce a portarsi ai livelli medi europei.

Al contrario oggi sembra che fame e siccità non interessino più le speculazioni internazionali, ma che seguendo un ben collaudato schema che definisce il potere sovrano non più come quello che "dà la morte e concede la vita" ma come quello che "sostiene la vita o la lascia morire".

In pratica conviene di più che decine di milioni di persone siano lasciate morire o confinate nelle immense tendopoli ai bordi dei nuovi deserti, purché non vengano a casa nostra.

sabato 6 febbraio 2016

Blitz anti-prostituzione nel brindisino, foglio di via a 19 nigeriane

Sotto gli sguardi di numerosi clienti che pregustavano l'idea di un rapporto sessuale clandestino, i poliziotti della questura di Brindisi hanno effettuato un blitz anti-prostituzione nella scorso weekend sulla complanare che costeggia la strada statale 7 Brindisi-Taranto.

Su 27 straniere d’età compresa fra i 16 e i 25 anni controllate, 19 nigeriane sono state raggiunte da un provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio per la durata di tre anni, un’altra nigeriana (condotta temporaneamente presso il CIE di Roma) è stata espulsa, una sua connazionale ha incassato il rifiuto del permesso di soggiorno per asilo politico, mentre a carico di tre rumene è stato emesso un provvedimento prefettizio di allontanamento comunitario.

L’attività è stata condotta da decine di agenti della Divisione Anticrimine, del commissariato di Mesagne, di Squadra mobile ed ufficio Immigrazione. L’intervento della polizia è stato attuato dopo la rapina perpetrata lo scorso 24 gennaio ai danni di una prostituta nigeriana lungo la stessa complanare. Tale episodio, verificatosi fra i centri abitati di Oria e Latiano, ha riproposto la necessità di arginare il dilagante fenomeno della prostituzione, che vede coinvolte un numero sempre maggiore di cittadine straniere, prevalentemente nigeriane.

Nella nota della polizia viene rimarcato "l’abnorme numero di potenziali clienti che affollavano, a bordo anche di autovetture lussuose, la zona battuta delle cittadine straniere ed il disappunto di taluni per aver visto perdere l’opportunità di giornata di consumare un rapporto sessuale clandestino e mercenario. Si era creata dunque una situazione paradossale, in cui togliere dalla strada quelle donne significava per gli avventori di cui si è detto una sorta di danno, un’ingiustizia"

La complessa e articolata attività di controllo della documentazione si è conclusa nella tarda serata presso gli uffici della questura, i cui dirigenti intendono riproporre, a breve, un ulteriore coordinato servizio, nel tentativo di arginare un fenomeno che presenta aspetta preoccupanti non solo sotto il profilo dell’ordine pubblico, ma anche per quello che riguarda l'aspetto dello sfruttamento a cui sono costrette queste ragazze.

In questo caso è balzato subito agli occhi l'alto numero di clienti in attesa del loro turno per "un rapporto sessuale a pagamento", ciò nonostante sono state identificate solo le ragazze e nessun cliente.

Necessaria e urgente una legge che regoli la prostituzione e "punisca" soprattutto i clienti, così come raccomanda anche l'Unione Europea e come anche noi stessi abbiamo documentato essere un buon metodo per far diminuire il numero di ragazze sulla strada, e allo stesso tempo stroncare il loro sfruttamento, così come raccomanda anche l'Unione Europea. Il modello della Svezia è il modello europeo da prendere ad esempio (Non punire le prostitute, ma punire i loro clienti anche con sanzioni penali).
Prostituzione. Punire, legalizzare o scoraggiare
- leggi -

lunedì 1 febbraio 2016

Nigeria-Italia, firmato accordo contro il traffico di esseri umani

Abuja, Matteo Renzi con il presidente nigeriano Buhari
Il capo della polizia Alessandro Pansa, in Nigeria con il premier Matteo Renzi nell'ambito della missione nell'Africa Sub-sahariana per contrastare l'immigrazione clandestina, ha firmato con il suo omologo nigeriano Solomon E. Arase un accordo di cooperazione tra i due paesi per la lotta al traffico di esseri umani. Il memorandum prevede un collaborazione reciproca tra le autorità anche per i rimpatri dei nigeriani che non hanno diritto a restare in Italia.

Solo nel 2015 più di 5.000 ragazze nigeriane sono sbarcate in Italia, un numero triplo rispetto all'anno precedente, e la quasi totalità delle quali destinate al mercato della prostituzione coatta - leggi qui -

"Distruggeremo i terroristi con determinazione, perché i nostri valori e le nostre idee sono troppo profondi per essere bloccate dai trafficanti di esseri umani". Lo ha detto il premier Matteo Renzi ad Abuja, dopo un incontro con il presidente nigeriano.

"L'Italia è con voi, con il vostro popolo, negli sforzi contro il nemico Boko Haram" ha affermato il premier Matteo Renzi da Abuja nel corso conferenza stampa congiunta con il presidente della Repubblica Federale di Nigeria Muhammadu Buhari.

"Per troppo tempo l'Italia ha trascurato l'Africa, non l'ha considerata una priorità mentre l'Italia deve essere un ponte con l'Africa. La cooperazione internazionale con la Nigeria sia una grande priorità. La Nigeria è un paese pieno di risorse e di talento. Siamo qui anche per discutere di investimenti ma per me la cosa più importante sono i valori comuni. Dobbiamo fare tutto il possibile per rendere più umano questo pianeta"



Il precedente
Benin City, la fabbrica italiana delle prostitute di colore. "C’è un pezzo d’Africa dove le ragazze non parlano italiano ma sanno dire perfettamente quanto mi dai? .. Benvenuti a Benin City, la fabbrica italiana di prostitute all'equatore. Interi quartieri hanno cambiato aspetto da quando si vende all'Italia il petrolio della cittadina, ovvero le giovani ragazze. Ed è così che i giornali locali chiamano la rotta delle schiave, pipeline, oleodotto"

"Vie Libere" e il suo fallimento. Subito dopo l'entrata in vigore della Bossi-Fini, legge 189/2002 ovvero la legge che regolamenta in Italia i flussi migratori, il Viminale dell'allora ministro dell'interno Maroni avviò la campagna "Vie Libere", almeno due volte al mese voli charter riportavano in Nigeria le ragazze sfruttate sulle strade italiane.

Era la strategia delle retate, ovvero andarle a prendere sui luoghi della prostituzione. Ma ciò non ostacolò, bensì alimentò il business dei trafficanti che si ritrovarono nella condizione di poter far pagare ripetutamente il viaggio per il passaggio della medesima merce (la ragazza)

Tutto questo fu possibile a seguito degli accordi bilaterali, Italia - Nigeria del 2002, le nigeriane vengono rispedite a casa con aerei appositamente noleggiati, in cui viaggiano scortate dai poliziotti con un rapporto di 1 a 1 ovvero una ragazza un poliziotto, come fossero criminali che hanno commesso chissà quale reato.

Una volta in Nigeria queste ragazze rimpatriate venivano ammassate in una sorta di centro di detenzione temporanea che si trova ancora a Lagos, finché non venivano reclamate dalle famiglie (e non sempre le famiglie le reclamavano).

Il rimpatrio "forzoso" per le ragazze non ha il significato di libertà. Solo poche rimangono in Nigeria, rientrano nelle famiglie di origine o vengono ospitate presso parenti o amici, molte si suicidano, altre ricontattano gli Italos (ovvero i trafficanti) e tornano in Italia con un debito raddoppiato, il che ha conseguenze sull'aumento del rischio e diminuzione della protezione. E così la ragazza sempre più indebitata, sempre più fragile è più propensa ad accettare le richieste di sesso non protetto che arriva dai clienti italiani.

Quella delle retate fu una strategia che ebbe vita breve, fu un vero e proprio fallimento. Veniva colpito solo l'anello più debole, ovvero le ragazze, mentre i trafficanti e le mamam non venivano quasi toccati perché in possesso di regolari permessi di soggiorno e sopratutto perché anche nei casi in cui veniva avvita un'indagine per sfruttamento o per riduzione in schiavitù, quasi sempre riuscivano a sfuggire al carcere (avvocati ben pagati, decorrenza dei termini, lungaggini della giustizia italiana, ecc..)

Dal 2002, ovvero dall'entrata in vigore della Bossi-Fini, il numero delle ragazze nigeriane in Italia è più che triplicato. La strategia "Vie Libere" non ha portato a risultati, la strategia delle retate a tappeto non ha fatto aumentare le denunce, anzi, ha messo ancora più paura alle ragazze che quasi mai hanno denunciato le loro mamam o i loro sfruttatori.

Una legge, la Bossi-Fini, che mette tutti gli immigrati sullo stesso piano, senza distinguere le vittime della tratta dai migranti "volontari". Una lacuna imperdonabile che pesa anche oggi quando, nelle poche volte che queste ragazze trovano il coraggio per chiedere aiuto alle associazioni di volontariato, hanno mille difficoltà ad ottenere il permesso di soggiorno per "protezione sociale" (art. 18).

Vogliamo credere che il nuovo accordo tra Italia e Nigeria contro il traffico di esseri umani sia diverso dal precedente, e che colpisca i veri trafficanti e non semplicemente i "clandestini" o le "clandestine schiave", le nostre "Ragazze di Benin City"