lunedì 1 febbraio 2016

Nigeria-Italia, firmato accordo contro il traffico di esseri umani

Abuja, Matteo Renzi con il presidente nigeriano Buhari
Il capo della polizia Alessandro Pansa, in Nigeria con il premier Matteo Renzi nell'ambito della missione nell'Africa Sub-sahariana per contrastare l'immigrazione clandestina, ha firmato con il suo omologo nigeriano Solomon E. Arase un accordo di cooperazione tra i due paesi per la lotta al traffico di esseri umani. Il memorandum prevede un collaborazione reciproca tra le autorità anche per i rimpatri dei nigeriani che non hanno diritto a restare in Italia.

Solo nel 2015 più di 5.000 ragazze nigeriane sono sbarcate in Italia, un numero triplo rispetto all'anno precedente, e la quasi totalità delle quali destinate al mercato della prostituzione coatta - leggi qui -

"Distruggeremo i terroristi con determinazione, perché i nostri valori e le nostre idee sono troppo profondi per essere bloccate dai trafficanti di esseri umani". Lo ha detto il premier Matteo Renzi ad Abuja, dopo un incontro con il presidente nigeriano.

"L'Italia è con voi, con il vostro popolo, negli sforzi contro il nemico Boko Haram" ha affermato il premier Matteo Renzi da Abuja nel corso conferenza stampa congiunta con il presidente della Repubblica Federale di Nigeria Muhammadu Buhari.

"Per troppo tempo l'Italia ha trascurato l'Africa, non l'ha considerata una priorità mentre l'Italia deve essere un ponte con l'Africa. La cooperazione internazionale con la Nigeria sia una grande priorità. La Nigeria è un paese pieno di risorse e di talento. Siamo qui anche per discutere di investimenti ma per me la cosa più importante sono i valori comuni. Dobbiamo fare tutto il possibile per rendere più umano questo pianeta"



Il precedente
Benin City, la fabbrica italiana delle prostitute di colore. "C’è un pezzo d’Africa dove le ragazze non parlano italiano ma sanno dire perfettamente quanto mi dai? .. Benvenuti a Benin City, la fabbrica italiana di prostitute all'equatore. Interi quartieri hanno cambiato aspetto da quando si vende all'Italia il petrolio della cittadina, ovvero le giovani ragazze. Ed è così che i giornali locali chiamano la rotta delle schiave, pipeline, oleodotto"

"Vie Libere" e il suo fallimento. Subito dopo l'entrata in vigore della Bossi-Fini, legge 189/2002 ovvero la legge che regolamenta in Italia i flussi migratori, il Viminale dell'allora ministro dell'interno Maroni avviò la campagna "Vie Libere", almeno due volte al mese voli charter riportavano in Nigeria le ragazze sfruttate sulle strade italiane.

Era la strategia delle retate, ovvero andarle a prendere sui luoghi della prostituzione. Ma ciò non ostacolò, bensì alimentò il business dei trafficanti che si ritrovarono nella condizione di poter far pagare ripetutamente il viaggio per il passaggio della medesima merce (la ragazza)

Tutto questo fu possibile a seguito degli accordi bilaterali, Italia - Nigeria del 2002, le nigeriane vengono rispedite a casa con aerei appositamente noleggiati, in cui viaggiano scortate dai poliziotti con un rapporto di 1 a 1 ovvero una ragazza un poliziotto, come fossero criminali che hanno commesso chissà quale reato.

Una volta in Nigeria queste ragazze rimpatriate venivano ammassate in una sorta di centro di detenzione temporanea che si trova ancora a Lagos, finché non venivano reclamate dalle famiglie (e non sempre le famiglie le reclamavano).

Il rimpatrio "forzoso" per le ragazze non ha il significato di libertà. Solo poche rimangono in Nigeria, rientrano nelle famiglie di origine o vengono ospitate presso parenti o amici, molte si suicidano, altre ricontattano gli Italos (ovvero i trafficanti) e tornano in Italia con un debito raddoppiato, il che ha conseguenze sull'aumento del rischio e diminuzione della protezione. E così la ragazza sempre più indebitata, sempre più fragile è più propensa ad accettare le richieste di sesso non protetto che arriva dai clienti italiani.

Quella delle retate fu una strategia che ebbe vita breve, fu un vero e proprio fallimento. Veniva colpito solo l'anello più debole, ovvero le ragazze, mentre i trafficanti e le mamam non venivano quasi toccati perché in possesso di regolari permessi di soggiorno e sopratutto perché anche nei casi in cui veniva avvita un'indagine per sfruttamento o per riduzione in schiavitù, quasi sempre riuscivano a sfuggire al carcere (avvocati ben pagati, decorrenza dei termini, lungaggini della giustizia italiana, ecc..)

Dal 2002, ovvero dall'entrata in vigore della Bossi-Fini, il numero delle ragazze nigeriane in Italia è più che triplicato. La strategia "Vie Libere" non ha portato a risultati, la strategia delle retate a tappeto non ha fatto aumentare le denunce, anzi, ha messo ancora più paura alle ragazze che quasi mai hanno denunciato le loro mamam o i loro sfruttatori.

Una legge, la Bossi-Fini, che mette tutti gli immigrati sullo stesso piano, senza distinguere le vittime della tratta dai migranti "volontari". Una lacuna imperdonabile che pesa anche oggi quando, nelle poche volte che queste ragazze trovano il coraggio per chiedere aiuto alle associazioni di volontariato, hanno mille difficoltà ad ottenere il permesso di soggiorno per "protezione sociale" (art. 18).

Vogliamo credere che il nuovo accordo tra Italia e Nigeria contro il traffico di esseri umani sia diverso dal precedente, e che colpisca i veri trafficanti e non semplicemente i "clandestini" o le "clandestine schiave", le nostre "Ragazze di Benin City"

Nessun commento:

Posta un commento