lunedì 13 febbraio 2017

Sud Sudan, sarebbero 17.000 i "bambini soldato" arruolati nel conflitto

L'Unicef ricorda che decine di migliaia di bambini vengono reclutati e utilizzati nei conflitti in tutto il mondo. Solo nel Sud Sudan, dal 2013, sono stati utilizzati nel conflitto oltre 17.000 bambini.

L'Agenzia delle Nazioni Unite per i diritti dell'infanzia punta il faro sul Sud Sudan, dove a oltre tre anni dall'inizio del conflitto i bambini continuano a essere reclutati da forze e gruppi armati. Secondo l'Unicef nel 2016 sono stati reclutati 1.300 bambini. Questo porta il numero totale di bambini utilizzati nel conflitto dal 2013 a oltre 17.000. Dal 2013, l'Unicef e i suoi partner hanno registrato: 2.342 bambini uccisi o mutilati, 3.090 bambini rapiti, 1.130 bambini vittime di abusi sessuali. Inoltre 1.932 bambini sono stati rilasciati da forze e gruppi armati, 1.755 nel 2015 e 177 nel 2016.

"Non possiamo aspettare la pace per aiutare i bambini intrappolati nelle guerre. Dobbiamo investire in interventi concreti per tenerli lontani dalle linee di combattimento, soprattutto attraverso l'istruzione e il sostegno economico". L'Unicef opera per rispondere ai bisogni specifici e ai diritti dei bambini e delle bambine vittime dei conflitti armati, promuovendo interventi immediati e a lungo termine di sostegno psico-sociale, educativo e di formazione professionale.

Solo nel 2015 l'Unicef ha assicurato il rilascio di più di 10.000 bambini costretti a combattere da forze armate regolari oppure da gruppi armati ribelli, e ha contribuito a reinserire nel tessuto familiare più 8.000 bambini in tutto il mondo.

Un bambino soldato è una persona sotto i 18 anni di età, che fa parte di qualunque forza armata o gruppo armato, regolare o irregolare che sia, a qualsiasi titolo, combattenti ma anche cuochi, facchini, messaggeri. Questo dramma riguarda anche le ragazze reclutate per fini sessuali e per matrimoni forzati.

Per aiutarli, secondo l'Unicef bisogna:
  • allontanare dei bambini dai gruppi armati o dagli eserciti;
  • assicurare loro l'accesso ai servizi sanitari e sociali di base;
  • consentire il reinserimento familiare e sociale presso le comunità di origine degli ex bambini soldato;
  • offrire loro alternative concrete attraverso percorsi di scolarizzazione, formazione psico-attitudinale, supporto psicologico, mediazione familiare e supporto alle comunità di provenienza;
  • proporre progetti specifici rivolti alle bambine e ragazze vittime di violenza sessuale e alle giovani madri.


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Articolo a cura di
Maris Davis

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