mercoledì 8 febbraio 2017

Udine, suicida a 30 anni. Gesto di estrema ribellione verso questa società o solo il gesto di un vigliacco ribelle ??

La denuncia dei genitori: "Nostro figlio ucciso dal precariato, il suo grido simile ad altri che migliaia di giovani probabilmente pensano ogni giorno di fronte a una realtà che distrugge i sogni". Michele ha scritto: "Non posso passare il tempo a cercare di sopravvivere". Ecco il suo scritto-denuncia

Il giovane di Udine ha affidato le sue ultime parole a una lettera: "sono stanco di sopravvivere"


Ad ucciderlo il precariato e la mediocrità. È successo a Udine, dove un ragazzo di 30 anni si è tolto la vita lo scorso 31 gennaio, lasciando ai genitori una lettera di scuse e di addio. Parole che il padre e la madre hanno deciso di far pubblicare sul Messaggero Veneto.

Con questa lettera un trentenne friulano ha detto addio alla vita. Si è ucciso stanco del precariato professionale e accusa chi ha tradito la sua generazione, lasciandola senza prospettive. La lettera viene pubblicata per volontà dei genitori, perché questa denuncia non cada nel vuoto: «Di Michele ricorderemo il suo gesto di ribellione estrema e il suo grido, simile ad altri che migliaia di altri giovani probabilmente pensano ogni giorno di fronte ad una realtà che distrugge i sogni»

di Michele (la lettera integrale)
Ho vissuto (male) per trent'anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.

Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.

Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.

A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.

Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.

Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.

Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’
Basta con le ipocrisie

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all'individuo, non ai comodi degli altri.

Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.

Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene

Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.

Ho resistito finché ho potuto


Il mio pensiero. Di certo una lettera commovente, scritta da una persona istruita e perfino intelligente, che però denuncia non solo il fallimento di questa società ma anche il fallimento personale di chi l'ha scritta.

Non entro nella testa di Michele, di un trentenne che magari avrà anche sofferto per mancanza di lavoro, per le tante delusioni ricevute, per i tanti NO della sua vita, ma che ha trascurato gli altri, i suoi genitori (che coraggiosamente hanno voluto rendere pubblica la sua ultima lettera), le persone che le volevano certamente bene. Un ragazzo che si è ostinato a percorrere sempre quella stessa strada che lo ha portato a sbattere contro lo stesso muro, un giovane che non ha saputo guardare "altrove", un'altra strada da percorrere che magari le permettesse di aggirare quel muro.


Suicidandosi ha pensato solo a se stesso

Il suicidio è l'estremo gesto un fallito, non del fallimento della società. Migliaia sono i giovani in Italia, in Europa, nel Mondo nelle sue stesse condizioni. Ragazzi e ragazze che vivono nel precariato, con scarse prospettive per il futuro, ma che per questo non decidono di ammazzare se stessi.

Il suicidio è l'estremo gesto di una persona che non vede oltre il proprio giardino. Michele, se pur senza lavoro, viveva in una famiglia che lo amava e senza apparenti difficoltà economiche. Michele è un giovane che si è arreso troppo presto perché NON ha saputo guardare oltre .. Chissà magari poteva dedicarsi agli altri, fare il volontario in Africa (dove lì si che i giovani vivono peggio di lui), oppure avrebbe potuto fare la stessa "denuncia" da vivo. La vita ci è stata regalata, bella o brutta ma va vissuta, nel bene e nel male.

Per il mio passato di schiava sessuale, per le mie personali sofferenze del passato mi assumo tutte le responsabilità di quello che affermo. Per il mio lavoro. Come mediatrice culturale vengo spesso a contatto con ragazze (nigeriane) che nonostante la gravità della situazione in cui sono costrette a vivere mai pensano al suicidio. Sono ragazze, che come me, non pensano solo a se stesse ma hanno pensieri di affetto per la loro famiglia e per tutti coloro a cui voglio bene.

Il mondo, la società, siamo noi. Siamo noi, giovani e meno giovani, con la nostra lotta, con le nostre battaglie che dobbiamo "migliorare" il mondo in cui viviamo e questa società che spesso ci delude.

Il suicidio è solo l'estremo gesto di un vigliacco che pensa solo a se stesso, di una persona che non conosce la "speranza". Nonostante la sua istruzione e la sua intelligenza. Il mio disprezzo per chi si toglie la vita è sempre stato totale e senza appello

Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso
(Che Guevara)



Articolo a cura di
Maris Davis

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