sabato 5 gennaio 2019

Litorale Domitio e mafia nigeriana. Traffico di organi e schiave sessuali. Interviene l'FBI

Crocevia internazionale per le schiave del sesso e per le persone rapite destinate al commercio di organi sembra essere il litorale campano.


Un atroce sospetto
C'è chi parte piena di speranze dall'Africa e ricompare nelle città del nord Europa o sulla via Domitiana e c'è chi, invece, una volta lasciato il proprio villaggio, sparisce nel nulla.

La tratta degli esseri umani gestita dalla mafia nigeriana ha due finalità. Entrambe mostruose. Lo sfruttamento delle schiave del sesso, per le ragazze, e il traffico di organi che coinvolge sia uomini che donne. È su questo che lavora una task force internazionale che, dal mese di luglio, vede impegnate l'FBI, la polizia italiana, con lo Sco a coordinare i lavori delle squadre mobili di Caserta, Roma, Palermo e Torino e che, a breve, potrebbe vedere coinvolta anche la polizia canadese.

Sono giunti gli ispettori del Fbi, entrati da una porta laterale del palazzo della Procura di Napoli per non dare nell’occhio. Hanno parlato con i magistrati che si occupano di mafia nigeriana a Castel Volturno e nel casertano. Si sono fatti spiegare le tecniche investigative messe in piedi dalla Dda partenopea da cui hanno appreso notizie e segreti

La traccia
Ripercorrendo un anomalo transito di soldi dalle città statunitensi roccheforti della mafia nera, le indagini degli agenti federali americani si sono incrociate con l'inchiesta che, ormai da anni, impegna la Dda di Napoli sul fronte Casertano.

Da Atlanta, New York City e Chicago è stato monitorato un flusso di denaro costante tra personaggi di un certo rilievo in seno ai Vicking, agli Eyes e ai Black Axe, ovvero i principali gruppi del crimine organizzato nigeriano attivo negli Usa, e immigrati africani che vivono in povertà sul Litorale Domitio. Ricorrendo al money transfer con la Western Union, ma anche a prepagate paypal, pezzi grossi della mafia nera hanno fatto transitare il denaro di attività illecite di varia natura per Castel Volturno.

Il Litorale campano è crocevia di esseri umani, ormai è fatto storico e noto, ma lo è anche crocevia di flussi di soldi veicolati dal crimine organizzato nigeriano. È stato riannodando quei fili che gli agenti dell'Fbi sono stati in Italia, in estate e, in autunno, la polizia italiana incaricata dell'inchiesta si è recata a New York per uno scambio informativo.

I capimafia nigeriani residenti negli Usa utilizzano anche canali di underground banking ovvero servizi finanziari del deep web. Intercettando quei flussi di soldi la Dda e le forze di polizia americane hanno trovato un filo conduttore esistente tra il nord America, il Canada e il Litorale Domitio dove sui conti di insospettabili immigrati arrivano somme di denaro da «deposito» provenienti dai boss neri che vivono nelle grandi città americane e nel Canada.

Soldi che in parte potrebbero provenire dall'imponente giro di droga che la mafia nera gestisce in Europa e in almeno altri due continenti, e che servono per finanziare il principale business: la tratta di esseri umani. Per corrompere funzionari, pagare i traghettatori che accompagnano le vittime lungo il viaggio che risale l'Africa dalla Costa D'Avorio, dal Niger e da altri Paesi del continente africano, servono molti soldi e, a quanto pare, il crimine organizzato che ha base principale a Benin City, in Nigeria, ne dispone.

Indagini a livello internazionale
L'inchiesta è partita seguendo le tracce di passaggi anomali di denaro delle bande criminali della mafia nigeriana negli Stati Uniti (i Vicking, gli Eyes e i Black Axe), e analizzando i flussi, veicolati attraverso i money transfer ma anche paypal, è arrivata a Castel Volturno. Qui, sui conti di insospettabili immigrati nigeriani, arrivano fondi ingenti.

E quando i poveracci che finiscono nelle mani dei trafficanti arrivano in Italia, invece di una vita di speranza inizia l'incubo: le ragazze, nascoste in case abusive della costa casertana, vengono avviate alla prostituzione a suon di pugni, calci, stupri e riti woodoo. Le più belle e giovani sono quindi mandate nei bordelli del nord Europa, mentre le altre restano sulla via Domiziana fino a quando non riescono, se riescono, a ripagare il "debito" contratto con la mafia nigeriana, che si aggira tra i 15 e i 20mila euro a testa.

La rotta
Il denaro parte dall'America e transita per il napoletano e casertano per poi partire verso altre rotte per ora sconosciute, le donne e le ragazze sono destinate al mercato del sesso, come vere e proprie "schiave bambine", e solo in alcuni casi la meta finale delle persone rapite resta il Litorale.

Le connection house allestite nelle oltre 700 case abusive abbandonate lungo la costa casertana sono solo la punta di un iceberg. Lo stato di abbandono totale degli edifici simbolo del mancato boom turistico rappresenta una base sicura da cui far ripartire le ragazze che, contro la propria volontà, massacrate di botte, violentate, legate al nodo del rito woodoo, finiscono nel Nord Europa e nei Paesi scandinavi nei bordelli d'élite. C'è una selezione, spiegano alcune delle ragazze che sono riuscite a pagare il «debito» con la mafia nigeriana e hanno riconquistato la propria libertà dopo aver messo insieme cifre oscillanti tra i 15mila e i 20mila euro. «Le più belle vengono mandate al nord», dicono, «le altre, come me, restano sulla Domitiana». Ma non solo: c'è anche il fenomeno del traffico di organi.

Il listino nigeriano
La tratta che alimenta il traffico di organi resta un fenomeno tutto da esplorare. Non è possibile stabilire quante persone spariscono dai villaggi africani per mano della mafia nera. Inchieste non troppo datate, risalenti al 2010, hanno stabilito alcune delle cifre che muovono il business: un rene «costa» 12 milioni di naira, la moneta nigeriana, ovvero 60mila euro. A Lagos, più volte, la polizia ha trovato donne segregate e costrette a mettere al mondo figli poi destinati al traffico di bambini, al mercato del sesso o alla compravendita di organi. Il cuore della tratta è a Benin City, Edo State.

Traffico di organi
Ma oltre alla prostituzione c'è un orrore più grande. Il traffico di organi, un mondo nel quale ancora gli investigatori non sono riusciti a fare luce. Quel che è certo è che il fenomeno esiste, ma in che termini non si sa di preciso.

Quello che si è accertato è che non tutte le ragazze che partono dalla Nigeria arrivano in Europa. Molte muoiono lungo il viaggio, nel deserto, altre vengono vendute già in Libia e si disperdono nei bordelli libici, ma altre ancora (compresi uomini) restano vittime del traffico di organi.

Ed è proprio questa l'atroce ipotesi fatta dall'FBI americana arrivata negli scorsi mesi in Italia per aiutare la DDA italiana ad analizzare l'anomalo flusso di denaro che transita attraverso la rocca-forte della mafia nigeriana in Italia, il litorale Domitio, Castel Volturno e dintorni.
(Il Messaggero)


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Perché chiudere i porti è una scelta disumana e incivile

Da giorni, ci sono circa 49 migranti che nessuno vuole, che nessuno Stato vuole accogliere. Nel silenzio dell’Unione Europea, Italia, Malta, Spagna, Germania e Olanda hanno scelto di non rispondere alla richiesta di aiuto della Sea Watch 3 e della Sea Eye, che attendono l’indicazione di un place of safety in cui sbarcare.


Stiamo letteralmente lasciando in mezzo al mare 49 disperati. Senza neanche assumercene la responsabilità, ma nascondendoci dietro una posizione di comodo.

Malta ha concesso alla Sea Watch 3 e alla Sea Eye di entrare nelle proprie acque territoriali per trovare riparo dalle avverse condizioni meteorologiche. La decisione è stata presa dopo l'allarme lanciato dai medici, che hanno sottolineato come le condizioni a bordo fossero estremamente precarie, dopo giorni passati in mare aperto e con pochissimi generi di conforto e medicinali.

Il giorno di Natale i circa 300 migranti a bordo della nave Open Arms lo hanno passato in viaggio verso il porto spagnolo di Algeciras, in Andalusia, dopo che Malta e Italia si sono rifiutate di fornire un posto sicuro di sbarco.

I 32 migranti salvati dalla nave Sea Watch 3 (cui se ne sono aggiunti altri 17 da un intervento successivo della Sea Eye), invece, hanno vissuto un Natale ancora peggiore, nel limbo fra Italia, Malta e Libia e senza alcuna prospettiva di soluzione immediata. Anche in questo caso, né Italia né Malta, e neanche Paesi Bassi, Spagna e Germania, intendono fornire un posto sicuro di sbarco, anzi, accusano i volontari delle ONG di aver impedito che la Guardia Costiera libica intervenisse.

Come se il vero problema fosse rifiutarsi di consegnare 49 persone a un destino di “orrori inimmaginabili (le parole sono contenute in un report recente delle Nazioni Unite) e non quello di aver fatto accordi scellerati con uno Stato che non ha recepito la Convenzione di Ginevra, non rispetta i diritti umani basilari e affida il mantenimento dell’ordine sulle rotte dei migranti a miliziani e agi stessi trafficanti di esseri umani.

Ma così vanno le cose nell'epoca del cinismo e della paura, e mentre l’ONU chiede agli stati europei di “riconsiderare i costi umani delle loro politiche e dei loro sforzi per arginare la migrazione”, in Italia si continua a mostrare i muscoli contro gli ultimi della terra.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini continua a ripetere compulsivamente chei porti sono chiusi” e “la pacchia è finita”, il suo sodale Luigi Di Maio glissa amabilmente per non urtare ciò che resta della sensibilità del suo elettorato e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è troppo impegnato a costruirsi un’immagine pubblica per interessarsi di questioni del genere. Nei fatti, che quasi 50 persone siano ancora in mezzo al mare, con questo clima e in condizioni estremamente precarie, pare non essere più neanche una notizia.

Ieri il vice-ministro Di Maio avrebbe aperto ad una soluzione (concordata con il premier Conte) per donne e bambini, ma subito l'altro vice Salvini ha tarpato le ali a tutti ("basta ricatti, io non mollo di un millimetro"). Ci sono, quindi, sul tema profondi disaccordi all'interno dello stesso governo italiano. Una posizione, quello di accogliere solo donne e bambini, che non sta bene nemmeno alle ONG coinvolte perché non si vuole dividere le famiglie.


Cosa accadrà ai migranti della Sea Watch 3 e della Sea Eye
Essenzialmente non lo sa nessuno e lo stallo potrebbe continuare ancora a lungo. Prima ancora della disponibilità ad accogliere i 49 migranti, occorre risolvere il problema del "place of safety" in cui la Sea Watch 3 e la Sea Eye possano sbarcare. Malta, Italia e Spagna hanno rifiutato di indicare uno dei loro porti come luogo sicuro per lo sbarco e le ipotesi Germania e Olanda appaiono francamente ridicole. Ritornare in Libia non è e non può essere un’opzione. I due casi sono molto più spinosi dei precedenti, anche considerando che una eventuale disponibilità di qualche Stato europeo ad accogliere i migranti è secondaria rispetto all'urgenza di individuare un porto in cui sbarcare.

Il soccorso è avvenuto in acque internazionali e non è stato coordinato né dalle autorità maltesi né da quelle italiane, dunque, in punta di diritto la questione appare molto complessa.

Il diritto internazionale stabilisce che, in linea di principio, uno Stato è libero di regolamentare l’accesso ai propri porti a navi straniere. La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 sancisce che il passaggio di una nave nelle acque territoriali di uno Stato è permesso “fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero

Agi spiega nel dettaglio qual è la normativa italiana: “Per quanto riguarda la legislazione italiana, il Codice della navigazione stabilisce (all’art. 83) che il Ministero dei Trasporti possa vietare, «per motivi di ordine pubblico, il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale» […] Insomma, se si sospetta che la nave stia violando le leggi sull'immigrazione italiane, il diritto internazionale permette alle autorità italiane di impedire l’accesso della nave nelle acque territoriali

Dunque, ha ragione il governo italiano sulla legittimità della chiusura dei porti? Non è così semplice. Prima di tutto bisogna chiarire che i porti italiani non sono chiusi, che non c'è mai stato un provvedimento formale di "chiusura dei porti" e che in questi ultimi mesi sono continuati gli sbarchi e gli interventi delle autorità italiane (stesso discorso per quelle maltesi, che solo qualche giorno fa hanno messo in sicurezza circa 70 persone)

C'è stato qualche "aggiustamento" nelle regole di ingaggio della Guardia Costiera, con i nostri mezzi che ora pattugliano un'area meno ampia e con meno mezzi. Del resto, che i porti non si possano “chiudere a prescindere”, nemmeno per le ONG, appare un dato assodato.

Il rifiuto, aprioristico e indistinto, di far approdare la nave in porto comporta l’impossibilità di valutare le singole situazioni delle persone a bordo, e viola il divieto di espulsioni collettive previsto dall’art. 4 del Protocollo n. 4 alla CEDU

Il Governo italiano, o più precisamente il ministro dell'interno Salvini, ora si sta semplicemente rifiutando di indicare un POS a navi che hanno operato in acque internazionali (o libiche) senza ricorrere al coordinamento italiano. Danilo Toninelli e Matteo Salvini se ne stanno letteralmente fregando del destino di 49 persone, nascondendosi dietro una posizione di comodo e attendendo magari che siano altri Stati a farsi carico dell'accoglienza.

È il canovaccio adottato anche nel caso della Open Arms, che è riuscita a raggiungere l'Andalusia grazie alla disponibilità del Governo spagnolo. Una linea che è da tempo oggetto di polemiche politiche, ma anche di dubbi dal punto di vita del diritto. “Ci sono violazioni di leggi superiori e universali, dalla Costituzione alle Convenzioni internazionali sul diritto del mare e sulla protezione dei rifugiati. Tra tutti, il dovere inderogabile di solidarietà di cui all'articolo 2 e il diritto di asilo di cui all'articolo 10 della Costituzione. C’è una Procura della Repubblica in Italia che voglia valutare la liceità penale di una simile omissione, di soccorso e di atti doverosi, e di una palese violazione del principio di non refoulement, portata avanti con cinica impunità nientemeno che dal ministro responsabile?

Una tesi condivisa dai Radicali Italiani, che hanno scritto a Salvini e Toninelli, chiedendo di aprire i porti “non come implorazione ma come richiesta di rispetto delle leggi, dei trattati internazionali e della Carta universale dei diritti dell'uomo, quelle leggi e quei trattati che valgono innanzitutto per voi che rappresentate il governo di un Paese”

La soluzione, come detto, appare lontana, anche se c’è una questione ulteriore di cui tenere conto, quella relativa alla eventuale condizione di “distress” (ovvero in situazione di estremo pericolo) in cui le imbarcazioni delle ONG potrebbero trovarsi fra qualche giorno. Spiegava ASGI in un report di qualche mese fa.
Secondo il diritto internazionale generale, uno Stato è in via di principio libero di regolamentare l’accesso ai propri porti a navi straniere. Tuttavia tale libertà può essere limitata da altri obblighi, convenzionali o consuetudinari. In particolare, secondo una norma generalmente accettata, tale principio trova limiti per le navi straniere in situazione di distress (estremo pericolo). Tali navi sono altresì esenti dall'applicazione delle norme locali, incluse quelle di diritto penale. Il diniego di accesso ai porti potrebbe anche porsi in contrasto con altri obblighi assunti dall'Italia. In particolare, potrebbe costituire una violazione degli obblighi derivanti dalla Convenzione europea dei diritti umani, di proteggere la vita (art. 2 CEDU) e l’integrità fisica e morale (art. 3 CEDU) delle persone a bordo della nave, che si trovano soggette alla giurisdizione italiana (art. 1 CEDU)

Anche in questo caso il processo non appare semplice. E sicuramente provocherebbe delle conseguenze per i membri degli equipaggi delle ONG. Siamo del resto in presenza di un Governo che ha impedito per giorni a una nave militare italiana di sbarcare in Sicilia, lasciando a bordo decine di migranti senza una valida ragione, senza neanche lo straccio di un documento, di un ordine ufficiale.

Il punto è che, al di là della questione giuridica (che ha tempi lunghi), c'è una emergenza umanitaria di fronte alla quale ogni considerazione di altro tipo dovrebbe passare in secondo piano. Ci sono 49 persone che aspettano che l'Europa metta fine al loro calvario di sofferenza e paura. Ci sono uomini, donne e bambini che devono, sì, devono, ricevere l'aiuto di altri uomini, donne e bambini. Ci sono vite umane in pericolo e poterle salvare significa doverle salvare.


Il prodotto della narrazione tossica sui migranti
Ma come si è arrivati a questo punto? Come si è passati a una lettura sostanzialmente univoca della questione migranti? Come si è arrivati al punto che la politica possa considerare un "problema" il fatto di poter salvare la vita a 50 persone che vengono da "orrori inimmaginabili" e dopo giorni da incubo in mare? Come si può guadagnare consenso nel negare l'attracco in porto a una nave con uomini, donne e bambini?

Le responsabilità sono diffuse, con una quota rilevante che spetta ai meccanismi “rapsodici” del mondo dell’informazione. La dinamica è quella descritta perfettamente nella Carta di Roma: “Veniamo investiti da improvvise ondate mediatiche e informative, seguite, per citare i versi di un autore siciliano contemporaneo, da un oceano di silenzio. Che subentra e si allarga quando irrompe una nuova emergenza, una nuova urgenza […] Una questione che da decenni è parte integrante della vita del Paese, viene approfondita episodicamente, di solito in occasione di eventi apocalittici. Col risultato che la regola base del giornalismo, il dovere di restituire la verità sostanziale dei fatti, pare non aver trovato ancora applicazione in questo campo

Il combinato disposto fra il giornalismo dei talk show, quello degli opinionisti che parlano senza aver mai letto uno straccio di documento ufficiale, e la politica delle emozioni, in cui personaggi disallineati dalla realtà si divertono a piegare i fatti alle logiche del consenso, ha prodotto una rappresentazione completamente distorta della questione immigrazione. Una narrazione tossica che non ha solo cambiato la percezione pubblica dei fatti, ma che ha determinato le scelte della politica, finendo per cambiare la realtà stessa. Un cortocircuito dell’odio, che ha generato altro odio e sedimentato un pregiudizio difficile da combattere.

Il 30 novembre Tito Boeri, Presidente dell’INPS, ha presentato un interessante rapporto: “Costi e benefici dell’immigrazione tra percezioni e realtà”. È un riassunto preciso di ciò che è avvenuto negli ultimi anni, quando il racconto della realtà, filtrato da emozioni negative, si è sovrapposto alla realtà stessa, finendo con il determinare un clima che ha poi prodotto provvedimenti che avranno conseguenze devastanti nel medio e lungo periodo. Alcuni dati sono particolarmente interessanti e meritorio di qualche considerazione ulteriore.

Gli immigrati (regolari, irregolari, richiedenti asilo o titolari di altre forme di protezione), come noto, rappresentano l’8% della popolazione. La percezione è invece totalmente distorta: i cittadini italiani sono convinti che gli stranieri siano il 25%. Il grafico è eclatante:

Anche relativamente ai flussi di ingresso, la discrepanza tra percezione e realtà è enorme, come mostrano le ricerche Google correlato al tema "sbarchi" (linea blu):

Al di là di ogni legittima valutazione politica o ideologica sul fenomeno migratorio, non c'è alcun dubbio che siamo di fronte a un processo di isteria collettiva, realizzato grazie a una evidente mistificazione della realtà dei fatti. E che a farne la spesa siano decine di persone disperate, non è più nemmeno una notizia.

Se ormai è chiaro a tutti che sul problema migratorio c'è un abisso tra quello che viene percepito dalla massa, dalla gente, e quella che invece è la realtà dei fatti, il mondo politico di destra e una certa stampa, va ancora più avanti (con l'odio).

Da tempo si parla di "Razzismo al contrario", un modo di girare la frittata per giustificare un orrore. La colpa di un razzismo strisciante, ma ormai acclarato nei fatti, non sarebbe di chiude porti, alza muri, discrimina il diverso, ma sarebbe del povero migrante la cui sola colpa è di essere fuggito da una guerra o dalla fame.

Già si inizia a parlare di chi offre assistenza, o aiuta i migranti, come di un nemico dell'Italia. Una declinazione orribile che ci riporta alla Germania del nazismo, quando si diceva che chi aiuta gli ebrei è un nemico della Germania.

E se questa è davvero la lezione che l'Italia di oggi vuole dare al mondo io, onestamente, comincio a preoccuparmi.
(Maris)




Articolo a cura di
Maris Davis


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mercoledì 2 gennaio 2019

Ecco come i baresi fanno i soldi con l'indotto della prostituzione

Ma non solo a Bari, è così ovunque, più o meno in ogni città, ovunque ci sia prostituzione. Affittare alloggi, o offrire servizi, o catering a domicilio. Ma le legge non riconosce il «favoreggiamento», non sempre, bisogna dimostrarlo.

Bari, Rione Stanic

I così detti affari "indotti" dalla prostituzione si trovano in quella zona grigia tra lecito e illecito che ingrassano le tasche di chi sa trarre vantaggi economici, anche ragguardevoli, pur non essendo direttamente coinvolto enlla prostituzione e nel suo "sfruttamento", ma che semplicemente ne approfitta.

L'inchiesta della Gazzetta del Mezzogiorno
Basata su indagini di polizia e guardia di finanza, ha scoperto gli affari "indotti" della prostituzione nel barese e tutta quell'economia illegale e sommersa a luci rosse. Sale la spesa dei baresi per il sesso a pagamento e di pari passo sale il peso del lavoro irregolare che ora finisce sotto la lente di ingrandimento degli investigatori.

Cresce il valore aggiunto complessivo del «nero» e delle attività illecite legate a quello che potremmo definire l'indotto della prostituzione, dai servizi di accompagnamento, agli affitti in nero, allo sfruttamento variegato delle prostitute da parte degli stessi baresi. Un "nero" che vale parecchi milioni di euro.

I «servizi di prostituzione»
Secondo un dato contenuto in un report dell'Istat sulla cosiddetta economica non osservata, realizzerebbero «un valore aggiunto pari a poco meno del 25% dell’insieme delle attività illegali, e consumi per milioni di euro». Insomma l'industria del sesso genera profitti ed i baresi non intendono restare a guardare. Vogliono una fetta di questo business clandestino e se la prendono offrendo attività di varia assistenza, previo compenso.

Preservativi (quintali di preservativi), locali notturni, ristoranti, hotel e locande, trasporti, servizi catering a domicilio e assistenza logistica. Dalla colazione al sacco, allo scorta dei preservativi, al trasporto sul luogo di lavoro delle prostitute.

C'è poi il mercato degli appartamenti
Cedere in locazione un appartamento ad una prostituta, pur nella coscienza di quale sia l’attività esercitata da quella persona, non costituisce in sé reato. Non c'è il favoreggiamento alla prostituzione fino a tanto che il locatore non si spinge a collaborare con la professionista del sesso a pagamento.

Perché si verifichi il favoreggiamento è necessario che oltre a fornire la disponibilità dell’immobile e ad essere a conoscenza di quello che avviene in casa, offra anche «servizi» quali forniture di profilattici o reclutamento dei clienti, e dimostrare il "favoreggiamento" è il lavoro della guardia di finanza e della polizia. Una economia illegale e sommersa che pure esiste. La riprova viene da una inchiesta grazie alla quale la guardia di finanza ha recentemente tratto in arresto cinque persone, accusandole di favoreggiamento.

I bed and breakfast
Da una indagine scaturita da un lavoro di esplorazione del vasto e articolato mercato dei bed and breakfast, e degli affitti «in nero», nonché dai successivi controlli eseguiti dagli uomini del Gruppo di Bari della guardia di finanza allo scopo di verificare la corretta applicazione delle norme fiscali, e amministrative, è saltato fuori che alcuni di questi ostelli venivano utilizzati come vere e proprie «case chiuse», all'interno delle quali, con cadenza settimanale, si avvicendavano prostitute sia di nazionalità italiana che sudamericana. Un giro d'affari stimato in circa 300 mila euro per immobile in un anno. L'autorità giudiziaria ha disposto il sequestro preventivo dei tre immobili utilizzati, ritenendo gli stessi strumentali all'attività illecita.

Indagini «difficili»
Le indagini su questo fenomeno non si sono fermate. Sul fenomeno ha concentrato la sua attenzione anche la Polizia. Sugli esiti di queste ulteriori investigazioni viene mantenuto un riserbo molto stretto. Emerge in ogni caso la difficoltà nel tracciare in maniera netta il confine tra «fornitura di servizi» e «favoreggiamento». Tra il proprietario di casa che si limita a riscuotere la pigione dall'affittuaria-prostituta costretta dalla criminalità, e quello stesso proprietario di appartamento che accetta di diventare un ingranaggio del meccanismo dell’induzione e dello sfruttamento.

Sembra comunque allargarsi la fascia dei cosiddetti «lavoratori di livello modesto», coloro che rappresentano la manodopera non specializzata né professionalmente catalogata, delle specie di «badanti» in particolare delle prostitute straniere, le più sfruttate nelle cui tasche finiscono solo pochi spiccioli. Un «fenomeno collaterale» sempre più importante. Una parte di città si scopre correa dello sfruttamento. Vive fornendo sostegno, complicità, accoglienza, accompagnamento, logistica. Tutto a pagamento.

La mappa barese
La città è divisa in zone. I quartieri della periferia «alcova» delle prostitute dell’Est, i punti nevralgici della imponente rete viaria che collega Bari alla sua provincia, presidiati dalle ragazze nigeriane. Dietro, papponi, «mamam», sfruttatori, mercanti che parlano lingue e dialetti differenti.

I clienti
Sono uomini di ogni ceto, provenienza geografica e fascia d'età. Spesso sono istruiti, tanto che al crescere del grado d'istruzione aumenta anche la domanda. Molti di loro continuano a cercare rapporti in strada, mentre una parte altrettanto consistente ormai lo fa nell'anonimato offerto dal web.

Riduzione in schiavitù
C'è chi non si accontenta di lucrare all'interno dell'indotto e decide di fare impresa. È il caso dei coniugi romeni Vasile Ursaciuc e Maria Nicoleta Ferari, baresi di adozione, per i quali la Corte di Assise di Appello di Bari ha confermato le condanne di primo grado, rispettivamente a 8 anni per l'uomo, 7 anni, un mese e dieci giorni la compagna. L'accusa per entrambi è aver ridotto in schiavitù e costretto a prostituirsi una ragazza del loro stesso Paese.

I fatti risalgono al 2015 quando marito e moglie, convincono la giovane, madre di una bambina, a raggiungerli a Bari facendole credere di aver per lei, già pronto, un lavoro ben retribuito, mille euro al mese. La sequestrano, le tolgono i documenti, la costringono a prostituirsi con una minaccia «Se non fai quello che ti diciamo, faremo del male a tua figlia». La piccola è rimasta in Romania in un orfanotrofio e sua madre, per proteggerla, si piega al ricatto. Poi però, esasperata si ribella e denuncia i suoi sfruttatori che così perdono la loro principale se non unica fonte di reddito.

Strada Provinciale 231 nei pressi di Bitonto

E non è un caso che proprio a Bari finisca la Strada Provinciale 231
Una strada che parte da Canosa di Puglia, tocca Andria, Corato, Ruvo di Puglia, e arriva fino a Bitonto, alle porte di Bari appunto. Una della tantissime "Strade del Sesso" del bel paese, piena zeppa di prostitute, soprattutto nigeriane, e di cui avremo modo di parlare nei prossimi giorni nell'ambito del nostro reportage

Un giro d'affari quello della prostituzione nel barese che muove un giro di milioni e milioni di euro, e che ai baresi e a un certo gruppo di cittadini della Puglia, fa gola e hanno evidentemente deciso di prendersene una fetta attraverso il così detto "indotto", una zona grigia, border line, ma che porta denaro, molto denaro. E chi se ne frega se al centro di questi affari sono ragazzine sfruttate, magari minorenni, se sono nere o bianche, nigeriane piuttosto che rumene, albanesi o italiane. Quello che conta è il denaro che finisce nelle tasche anche di italiani che fanno finta di non vedere o sapere.

Nel 2010 politici e forze dell'ordine dissero con tanto di megafono mediatico nazionale, che la provinciale 231 era stata ripulita (dalle prostitute). Oggi a distanza di otto anni quella stessa strada provinciale, che nel frattempo in alcuni tratti ha cambiato perfino denominazione, pullula più che mai di prostitute, soprattutto nigeriane. In alcuni tratti, nel percorso di due-tre chilometri se ne contano fino a 40-50, tutte giovanissime, sfruttate non solo dai loro magnaccia, non solo dai tantissimi clienti, ma anche dal business dell'indotto locale.
(La Gazzetta del Mezzogiorno)

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"Quella zona grigia della mafia nigeriana di cui nessuno parla"




Articolo a cura di
Maris Davis


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Papa Francesco "Meglio atei che cristiani ipocriti"

Nella prima Udienza generale in Vaticano del 2019: "Le persone che vanno sempre in chiesa, ogni domenica, e poi vivono odiando sono uno scandalo"

Papa Francesco durante la prima udienza in Vaticano del 2019

Ci fa piacere scoprire che oggi il Papa ci da ragione, forse ha letto il nostro articolo. In giugno abbiamo scritto proprio su questo argomento, ovvero la "doppia faccia" di tanti italiani. Avevamo parlato proprio dell'ipocrisia di molti che si professano cristiani ma si comportano in modo contrario a quello che c'è scritto nel Vangelo.
Cattolici, Salvini e l'onda razzista. La doppia faccia di tanti italiani

Alla prima udienza generale del nuovo anno, questa mattina nell'Aula Paolo VI in Vaticano, Papa Francesco ha colpito ancora.

Rivolgendosi ai fedeli ha detto: "Le persone che vanno in chiesa, stanno lì tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri e parlando male della gente sono uno scandalo: meglio vivere come un ateo anziché dare una contro-testimonianza dell'essere cristiani". Il Papa ha poi detto: "Il cristiano non è uno che si impegna ad essere più buono degli altri: sa di essere peccatore come tutti. Il cristiano, semplicemente, è l'uomo che sosta davanti alla rivelazione di un Dio che chiede ai suoi figli di invocarlo con il nome di Padre, di lasciarsi rinnovare dalla sua potenza e di riflettere un raggio della sua bontà per questo mondo così assetato di bene, così in attesa di belle notizie"

Gesù, ha detto Francesco, prende le distanze dagli ipocriti: "C'è gente che è capace di tessere preghiere atee, senza Dio: lo fanno per essere ammirati dagli uomini. La preghiera cristiana, invece, non ha altro testimone credibile che la propria coscienza". Ecco, i sacri testi non sono letture senza conseguenze. "Dove c'è Vangelo c'è rivoluzione. Il Vangelo non lascia quieti, ci spinge: è rivoluzionario". In particolare, il Vangelo di Matteo pone il testo del "Padre nostro" in un punto strategico, "al centro del discorso della montagna". Beati i poveri, i miti, i misericordiosi, le persone umili di cuore: È la rivoluzione del Vangelo"




Articolo a cura di
Maris Davis


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