mercoledì 2 gennaio 2019

Ecco come i baresi fanno i soldi con l'indotto della prostituzione

Ma non solo a Bari, è così ovunque, più o meno in ogni città, ovunque ci sia prostituzione. Affittare alloggi, o offrire servizi, o catering a domicilio. Ma le legge non riconosce il «favoreggiamento», non sempre, bisogna dimostrarlo.

Bari, Rione Stanic

I così detti affari "indotti" dalla prostituzione si trovano in quella zona grigia tra lecito e illecito che ingrassano le tasche di chi sa trarre vantaggi economici, anche ragguardevoli, pur non essendo direttamente coinvolto enlla prostituzione e nel suo "sfruttamento", ma che semplicemente ne approfitta.

L'inchiesta della Gazzetta del Mezzogiorno
Basata su indagini di polizia e guardia di finanza, ha scoperto gli affari "indotti" della prostituzione nel barese e tutta quell'economia illegale e sommersa a luci rosse. Sale la spesa dei baresi per il sesso a pagamento e di pari passo sale il peso del lavoro irregolare che ora finisce sotto la lente di ingrandimento degli investigatori.

Cresce il valore aggiunto complessivo del «nero» e delle attività illecite legate a quello che potremmo definire l'indotto della prostituzione, dai servizi di accompagnamento, agli affitti in nero, allo sfruttamento variegato delle prostitute da parte degli stessi baresi. Un "nero" che vale parecchi milioni di euro.

I «servizi di prostituzione»
Secondo un dato contenuto in un report dell'Istat sulla cosiddetta economica non osservata, realizzerebbero «un valore aggiunto pari a poco meno del 25% dell’insieme delle attività illegali, e consumi per milioni di euro». Insomma l'industria del sesso genera profitti ed i baresi non intendono restare a guardare. Vogliono una fetta di questo business clandestino e se la prendono offrendo attività di varia assistenza, previo compenso.

Preservativi (quintali di preservativi), locali notturni, ristoranti, hotel e locande, trasporti, servizi catering a domicilio e assistenza logistica. Dalla colazione al sacco, allo scorta dei preservativi, al trasporto sul luogo di lavoro delle prostitute.

C'è poi il mercato degli appartamenti
Cedere in locazione un appartamento ad una prostituta, pur nella coscienza di quale sia l’attività esercitata da quella persona, non costituisce in sé reato. Non c'è il favoreggiamento alla prostituzione fino a tanto che il locatore non si spinge a collaborare con la professionista del sesso a pagamento.

Perché si verifichi il favoreggiamento è necessario che oltre a fornire la disponibilità dell’immobile e ad essere a conoscenza di quello che avviene in casa, offra anche «servizi» quali forniture di profilattici o reclutamento dei clienti, e dimostrare il "favoreggiamento" è il lavoro della guardia di finanza e della polizia. Una economia illegale e sommersa che pure esiste. La riprova viene da una inchiesta grazie alla quale la guardia di finanza ha recentemente tratto in arresto cinque persone, accusandole di favoreggiamento.

I bed and breakfast
Da una indagine scaturita da un lavoro di esplorazione del vasto e articolato mercato dei bed and breakfast, e degli affitti «in nero», nonché dai successivi controlli eseguiti dagli uomini del Gruppo di Bari della guardia di finanza allo scopo di verificare la corretta applicazione delle norme fiscali, e amministrative, è saltato fuori che alcuni di questi ostelli venivano utilizzati come vere e proprie «case chiuse», all'interno delle quali, con cadenza settimanale, si avvicendavano prostitute sia di nazionalità italiana che sudamericana. Un giro d'affari stimato in circa 300 mila euro per immobile in un anno. L'autorità giudiziaria ha disposto il sequestro preventivo dei tre immobili utilizzati, ritenendo gli stessi strumentali all'attività illecita.

Indagini «difficili»
Le indagini su questo fenomeno non si sono fermate. Sul fenomeno ha concentrato la sua attenzione anche la Polizia. Sugli esiti di queste ulteriori investigazioni viene mantenuto un riserbo molto stretto. Emerge in ogni caso la difficoltà nel tracciare in maniera netta il confine tra «fornitura di servizi» e «favoreggiamento». Tra il proprietario di casa che si limita a riscuotere la pigione dall'affittuaria-prostituta costretta dalla criminalità, e quello stesso proprietario di appartamento che accetta di diventare un ingranaggio del meccanismo dell’induzione e dello sfruttamento.

Sembra comunque allargarsi la fascia dei cosiddetti «lavoratori di livello modesto», coloro che rappresentano la manodopera non specializzata né professionalmente catalogata, delle specie di «badanti» in particolare delle prostitute straniere, le più sfruttate nelle cui tasche finiscono solo pochi spiccioli. Un «fenomeno collaterale» sempre più importante. Una parte di città si scopre correa dello sfruttamento. Vive fornendo sostegno, complicità, accoglienza, accompagnamento, logistica. Tutto a pagamento.

La mappa barese
La città è divisa in zone. I quartieri della periferia «alcova» delle prostitute dell’Est, i punti nevralgici della imponente rete viaria che collega Bari alla sua provincia, presidiati dalle ragazze nigeriane. Dietro, papponi, «mamam», sfruttatori, mercanti che parlano lingue e dialetti differenti.

I clienti
Sono uomini di ogni ceto, provenienza geografica e fascia d'età. Spesso sono istruiti, tanto che al crescere del grado d'istruzione aumenta anche la domanda. Molti di loro continuano a cercare rapporti in strada, mentre una parte altrettanto consistente ormai lo fa nell'anonimato offerto dal web.

Riduzione in schiavitù
C'è chi non si accontenta di lucrare all'interno dell'indotto e decide di fare impresa. È il caso dei coniugi romeni Vasile Ursaciuc e Maria Nicoleta Ferari, baresi di adozione, per i quali la Corte di Assise di Appello di Bari ha confermato le condanne di primo grado, rispettivamente a 8 anni per l'uomo, 7 anni, un mese e dieci giorni la compagna. L'accusa per entrambi è aver ridotto in schiavitù e costretto a prostituirsi una ragazza del loro stesso Paese.

I fatti risalgono al 2015 quando marito e moglie, convincono la giovane, madre di una bambina, a raggiungerli a Bari facendole credere di aver per lei, già pronto, un lavoro ben retribuito, mille euro al mese. La sequestrano, le tolgono i documenti, la costringono a prostituirsi con una minaccia «Se non fai quello che ti diciamo, faremo del male a tua figlia». La piccola è rimasta in Romania in un orfanotrofio e sua madre, per proteggerla, si piega al ricatto. Poi però, esasperata si ribella e denuncia i suoi sfruttatori che così perdono la loro principale se non unica fonte di reddito.

Strada Provinciale 231 nei pressi di Bitonto

E non è un caso che proprio a Bari finisca la Strada Provinciale 231
Una strada che parte da Canosa di Puglia, tocca Andria, Corato, Ruvo di Puglia, e arriva fino a Bitonto, alle porte di Bari appunto. Una della tantissime "Strade del Sesso" del bel paese, piena zeppa di prostitute, soprattutto nigeriane, e di cui avremo modo di parlare nei prossimi giorni nell'ambito del nostro reportage

Un giro d'affari quello della prostituzione nel barese che muove un giro di milioni e milioni di euro, e che ai baresi e a un certo gruppo di cittadini della Puglia, fa gola e hanno evidentemente deciso di prendersene una fetta attraverso il così detto "indotto", una zona grigia, border line, ma che porta denaro, molto denaro. E chi se ne frega se al centro di questi affari sono ragazzine sfruttate, magari minorenni, se sono nere o bianche, nigeriane piuttosto che rumene, albanesi o italiane. Quello che conta è il denaro che finisce nelle tasche anche di italiani che fanno finta di non vedere o sapere.

Nel 2010 politici e forze dell'ordine dissero con tanto di megafono mediatico nazionale, che la provinciale 231 era stata ripulita (dalle prostitute). Oggi a distanza di otto anni quella stessa strada provinciale, che nel frattempo in alcuni tratti ha cambiato perfino denominazione, pullula più che mai di prostitute, soprattutto nigeriane. In alcuni tratti, nel percorso di due-tre chilometri se ne contano fino a 40-50, tutte giovanissime, sfruttate non solo dai loro magnaccia, non solo dai tantissimi clienti, ma anche dal business dell'indotto locale.
(La Gazzetta del Mezzogiorno)

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Articolo a cura di
Maris Davis


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