domenica 8 aprile 2018

Almeno 70 morti in un attacco chimico in Siria

Gli attivisti accusano il regime di Assad di avere usato gas sui civili a Douma, città a est di Damasco, e circolano foto e video impressionanti.


Nella notte tra sabato e domenica è stato compiuto un bombardamento chimico a Douma, città alla periferia est di Damasco. Almeno 70 persone sono morte, molte dei quali bambini, secondo il gruppo di soccorso dei Caschi Bianchi. Gli attivisti antigovernativi hanno accusato il regime del presidente Bashar al Assad di esserne responsabile. Foto e video molto impressionanti diffusi sui social network mostrano decine di persone morte ammassate nelle case e nei rifugi in cui avevano cercato riparo, con gli evidenti segni di una morte per soffocamento da gas, come la schiuma bianca alla bocca. Il governo siriano ha respinto le accuse di aver compiuto un attacco chimico.

Nel pomeriggio, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha commentato il bombardamento, attribuendone la responsabilità ad Assad, definito «animale». Trump ha detto che ci sarà «un grande prezzo da pagare», e ha accusato l’ex presidente Barack Obama di non essere intervenuto a suo tempo per fermare il dittatore siriano.


Raed al Saleh, capo dei Caschi Bianchi, ha detto ad al Jazeera che ci sono molte persone in condizioni critiche e che è probabile che il bilancio dei morti salirà. Non è ancora chiaro che tipo di gas sia stato usato. Al Saleh ha parlato di cloro, di cui Assad ha fatto largo uso negli ultimi anni, e di un altro agente più forte. Quello di questa notte sembra essere stato uno dei più gravi bombardamenti degli ultimi tempi in Siria.

Il mese scorso erano emersi nuovi sospetti di attacchi chimici del governo siriano a Ghouta orientale, l’area della periferia di Damasco dove si trova Douma, ma alcuni medici avevano sostenuto che i sintomi riscontrati nelle persone coinvolte potevano essere causati dalle sostanze emesse da un missile inesploso. L’ultimo grande attacco chimico in Siria avvenne esattamente un anno fa, a inizio aprile del 2017, quando almeno 74 persone erano morte nella provincia siriana di Idlib, anche in quel caso era stato usato un agente più potente del cloro, forse il sarin, un tipo di gas nervino che agisce rapidamente.


Douma è l’ultima città controllata dai ribelli siriani nella parte orientale di Ghouta, città sotto assedio da anni e contro cui le forze alleate di Assad hanno lanciato una violenta offensiva. Nelle ultime settimane l’esercito di Assad è avanzato riconquistando posizioni, e nei giorni scorsi sono arrivate notizie contrastanti sulla possibilità che l’ultimo gruppo di ribelli a Ghouta orientale, Jaish al Islam, avesse accettato di lasciare la città. È successo però soltanto in parte, e molti miliziani sono ancora nella città. L’agenzia di stampa siriana SANA dice che il bombardamento di sabato notte è stata una risposta proprio ad un attacco alla periferia di Damasco del gruppo.

Come ha spiegato l’analista Michael Horowitz, Ghouta è destinata a essere riconquistata da Assad, ma il punto è quando succederà. I miliziani di Jaish al Islam ancora nella città potrebbero potenzialmente tenere impegnato l’esercito siriano per mesi, impedendo al regime di schierare quei soldati altrove. Per questo, l’obiezione circolata tra i sostenitori di Assad secondo cui non avrebbe senso per il regime bombardare Douma non regge: avrebbe invece interesse a chiudere la questione il prima possibile. Secondo Horowitz, poi, le tempistiche dell’attacco potrebbero essere legate anche alle recenti dichiarazioni di Trump, che ha detto di voler far uscire presto gli Stati Uniti dalla guerra Siriana. Un’eventuale risposta americana al bombardamento, come era avvenuto in passato, sarebbe complicata da presentare pubblicamente per Trump, perché sembrerebbe una marcia indietro.

Negli ultimi giorni, comunque, migliaia di persone, tra cui molti ribelli con le loro famiglie, hanno lasciato Ghouta, grazie a degli accordi tra ribelli e la Russia, alleata di Assad nella guerra in Siria. L’ultima offensiva contro i ribelli di Ghouta è cominciata a metà febbraio, e ha provocato centinaia di morti. A Ghouta vivevano in tutto 400.000 persone, in stato di assedio dal 2013 e negli ultimi mesi in condizioni sempre più difficili a causa di carenza di cibo e medicinali. Interi quartieri delle città della zona sono stati distrutti dai bombardamenti. L’unica grande area della Siria ancora controllata dai ribelli è la provincia di Idlib, nel nord ovest del paese, dominata per lo più da gruppi jihadisti.

Un comunicato del Dipartimento di Stato americano dice che le notizie da Douma, «se confermate, sono terribili e richiedono una risposta immediata dalla comunità internazionale». Nel comunicato, gli Stati Uniti ricordano l’attacco del 2017, per il quale accusano Assad, che dicono deve essere ritenuto responsabile delle sue azioni, così come la Russia che lo sostiene.

Ghouta fu già attaccata con armi chimiche nell'agosto del 2013. Fu l’attacco che portò gli Stati Uniti molto vicini ad intervenire nel conflitto, ma ci vollero mesi a trovare conferme dell’uso di armi chimiche e infine l’amministrazione di Barack Obama si limitò ad imporre la distruzione delle altre armi chimiche in possesso di Assad. Dopo l’attacco con armi chimiche nella provincia di Idlib dell’aprile del 2017, gli Stati Uniti risposero con il lancio di 59 missili contro obiettivi militari siriani.
(Il Post)

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