mercoledì 23 marzo 2016

Decisione storica della Corte dell'Aja contro lo "Stupro di Guerra"

Jean-Pierre Bemba
La corte dell’Aja ha riconosciuto per prima volta lo stupro come arma di guerra nel processo a Jean-Pierre Bemba, ex vicepresidente della Repubblica Democratica del Congo, per le violenze commesse dalle sue milizie nel 2002 e nel 2003 nella Repubblica Centrafricana.

È la prima volta che la Corte Penale Internazionale condanna un imputato per il ruolo avuto in quanto comandante militare di un esercito. Ed è anche la prima volta che la Corte focalizza una sentenza sugli stupri di massa usati come arma di guerra in un conflitto.

Più di 5.200 vittime sono state autorizzate dalla Corte a testimoniare nel processo, apertosi nel 2010, attestando di essere state assalite sessualmente o di aver subito danni e saccheggi di vario tipo. "La maggior parte degli stupri e dei saccheggi venivano perpetrati collettivamente e in pubblico, a volte in presenza dei parenti delle vittime. Era una politica seguita per terrorizzare la popolazione"

Bemba, 53 anni, arrestato mentre era in esilio in Belgio nel 2008, è la personalità di maggior prestigio finora condannato dalla CPI (Corte Penale Internazionale). In qualità di capo del Movimento per la Liberazione del Congo è stato giudicato colpevole di crimini contro l’umanità, tra cui lo stupro e il saccheggio.

Tra il 2002 e il 2003 le milizie ai suoi ordini, circa 1.500 soldati, furono trasportate al di là della frontiera del Congo nella Repubblica Centrafricana a sostegno del presidente Ange-Feliz Patassé, attaccato dai ribelli di Francois Bozize. Nonostante l’intervento di Bemba, i ribelli riuscirono a rovesciare Patassé. La pena sarà fissata in un’udienza successiva.

"Si tratta di una decisione storica con cui la Corte penale internazionale lancia un messaggio importante, che sollecita tutta la comunità internazionale e ogni singolo Stato affinché ci sia un impegno deciso contro le violenze sessuali che, è bene ricordarlo, sono gravi violazioni dei diritti umani e della legge internazionale umanitaria", scrive in una nota la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli (Pd), che nel 2013 fu prima firmataria di una specifica mozione per impegnare il Governo a mettere in atto tutti i provvedimenti necessari a prevenire e reprimere questa forma di violenza.

"I passi compiuti in avanti dalla politica e dalle istituzioni cominciano a segnare risultati concreti, nel solco della risoluzione 1820 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha riconosciuto la violenza sessuale come tattica di guerra e minaccia alla pace e alla sicurezza globali, e ha sancito che lo stupro e altre forme di violenza sessuale possono rappresentare crimini di guerra, crimini contro l’umanità e/o atti di genocidio. Mi auguro che questa nuova decisione sia un monito per tutti gli Stati ad agire ancora più concretamente contro questi crimini, che colpiscono principalmente donne e bambine e vengono perpetrati per seminare il terrore tra la popolazione civile in zone di guerra, disgregare famiglie, distruggere comunità, nonché, in alcuni casi, modificarne la composizione etnica"
(Maris Davis)

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