mercoledì 9 maggio 2018

Nigeria e le fabbriche di bambini. Violentano le donne per poi vendere i neonati

A fine aprile in Nigeria hanno chiuso una delle tante "fabbriche dei bambini". Figli di madri violentate o non sposate, oppure donne ingravidate al solo scopo di procreare.


I figli indesiderati vengono venduti. La Nigeria fa quel che può per fermare questo traffico. Il problema è però in una cultura che non riconosce diritti ai neonati.

L’Africa può essere molto dura con i bambini. Tradizionalmente tutti desiderano avere dei figli in Africa e a nessuno è concesso di sottrarsi al dovere di procreare. I figli servono per assicurare la continuità del lignaggio, che è il primo compito di un uomo, e per preparare una vecchiaia assistita.

Di sicuro sono amati, talvolta in maniera eroica. Ma spesso prevale appunto il fatto che devono e possono servire a qualcosa, senza riguardo per le loro piccole esistenze, soprattutto se sono "bambine". Perché la loro vita meriti qualcosa nella società, alle figlie si infliggono mutilazioni genitali femminili, vengono maritate in cambio di denaro e costrette a matrimoni combinati, e perfino bambine usate come kamikaze dall'Islam integralista (Boko Haram) per fare attentati.

Sono tutte "tradizioni" funzionali alle economie di sussistenza, cardini delle società tribali che restano comunque in vigore, e nonostante leggi nazionali vietino queste pratiche sono rispettate da molti in virtù delle tradizioni o per puro interesse.

Il destino dei figli “inutili”. Quelli nati con caratteri fisici o psichici insoliti oppure in circostanze anomale (per esempio i figli di ragazze madri o nati fuori dal matrimonio) hanno il destino peggiore. Si possono e in certi casi si devono sopprimere, o almeno allontanare, per il bene della famiglia e della comunità: se disabili, perché sono un peso inutile e talvolta perché le loro anomalie sono segno di sfortuna, “portano male”. I figli altrui sono per definizione inutili. Poiché inoltre i bambini si considerano alla stregua di “pre-persone”, le società tradizionali non riconoscono loro dei diritti.

Ecco perché è così frequente e così facile che si abusi dei bambini, ci si approfitti di loro. Quelli albini, ad esempio, vengono rapiti, venduti, fatti a pezzi per realizzare potenti talismani.

In Mozambico la polizia è alla caccia dei criminali che hanno ucciso un bambino albino di 11 anni. Lo hanno rapito mentre la famiglia dormiva, lo hanno portato in un luogo deserto, gli hanno rasato la testa e gli hanno tagliato le orecchie. Alla fine lo hanno ucciso per essere sicuri di non essere riconosciuti e denunciati.

In Sudafrica sono stati rinvenuti i corpi di un bambino di 13 anni e di uno di 15 mesi rapiti a gennaio da uomini armati, il secondo oltre tutto catturato per errore, scambiato per albino senza esserlo.

In Nigeria il 26 aprile scorso 162 bambini, 100 femmine e 62 maschi, sono stati liberati in due orfanotrofi non registrati e in una “fabbrica di bambini” scoperti a Lagos.

Fabbriche di bambini”. Si chiamano così, in Nigeria, i centri clandestini in cui si ospitano neonati e minori destinati a essere venduti.
  • In alcuni casi si tratta di bambini nati da donne non sposate attirate nei centri con la promessa di essere assistite durante la gravidanza e il parto. Poi però i neonati vengono sottratti alle madri.
  • In altri casi le madri sono donne sequestrate e violentate allo scopo di metterle incinte e disporre poi dei figli.
  • Alcuni bambini sono venduti a persone che intendono adottarli e, se sono fortunati, li attende una vita serena e sicura.
  • Molti vengono costretti a lavorare nelle piantagioni e persino nelle miniere oppure sono portati in Europa e avviati alla prostituzione.
  • Altri ancora sono uccisi per scopi rituali o per espiantarne gli organi.
Quelli liberati nei giorni scorsi adesso sono al sicuro: “i bambini e gli adolescenti salvati sono stati portati in centri legali dove riceveranno cure e protezione” ha spiegato Agboola Dabiri, Commissario per i giovani e lo sviluppo sociale dello stato di Lagos. Alcuni dei bambini, anche tra i più piccoli, erano stati violentati e ora necessitano di speciale assistenza.

In Nigeria le “fabbriche di bambini” sono molte
A marzo, sempre nello stato di Lagos, è stata arrestata una donna originaria del Togo che, dicendosi ostetrica, convinceva delle donne incinte a concludere la gravidanza in un centro da lei gestito allo scopo di venderne i figli.

Un’altra “fabbrica di bambini” era stata scoperta a gennaio in un altro stato della federazione nigeriana, il Kaduna. In quell'occasione il Commissario per le questioni femminili e lo sviluppo sociale, Hajiya Hafsat Baba, aveva citato tra l’altro il caso di un uomo accusato di aver comprato un bambino maschio per 1.112 dollari e due bambine per 975 dollari. Proprio lo stato di Kaduna, in considerazione dell’elevato numero di bambini oggetto di compravendita, per cercare di mettervi fine ha proibito le adozioni, che spesso mascherano il traffico di minori, finché un nuovo regolamento per gli orfanotrofi in corso di elaborazione non verrà applicato.

La compravendita di minori non è un problema solo in Nigeria. In Etiopia, ad esempio, con il pretesto di organizzarne l’adozione da parte di coppie straniere, molti bambini vengono in realtà venduti a trafficanti che ne abusano e li impiegano all'estero nel settore della prostituzione.

Inoltre non sempre gli incaricati delle adozioni verificano con attenzione l’affidabilità delle famiglie richiedenti. La questione delle adozioni all'estero è nata nel 2013 quando si è scoperto che una bambina originaria dell'Etiopia era stata uccisa negli Stati Uniti dalla coppia che la aveva adottata. Dopo un lungo dibattito il parlamento etiope, all'inizio del 2018, ha decretato la sospensione delle adozioni all'estero. D’ora in poi gli orfani e i bambini in difficoltà dovranno essere assistiti dai servizi sociali e potranno essere adottati solo da famiglie etiopi. Tuttavia in Etiopia c’è poca disposizione alle adozioni, anche tra parenti, e si teme che adesso il destino di molti orfani sia di diventare bambini di strada.




Articolo a cura di
Maris Davis

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