L’attentato di sabato a Madagali nel nord del paese è stato una «vendetta contro l’esercito. Vogliono anche destabilizzare l’ambiente in vista delle presidenziali»
Proseguono senza sosta gli attentati di Boko Haram nel nord della Nigeria alla vigilia delle elezioni presidenziali, che si terranno il 16 febbraio prossimo. Sabato alle 18 i terroristi islamici hanno attaccato la città di Madagali, costringendo la popolazione a rifugiarsi sulle montagne. Solo il pronto intervento dell’esercito ha impedito una strage, con i combattimenti che sono andati avanti fino a mezzanotte, quando i militanti sono fuggiti.
Sparavano all'impazzata. Volevano vendicarsi
«I miliziani di Boko Haram sono entrati in città sparando all'impazzata. La gente è fuggita e almeno una persona è morta. Probabilmente volevano vendicarsi». Lo ha dichiarato padre Joseph Fidelis, dopo aver parlato con un prete di Madagali.
Padre Joseph, sacerdote nigeriano della diocesi di Maiduguri, che comprende Madagali, è convinto che i terroristi abbiano colpito la città per rifarsi dell’attacco fallito al villaggio di Shuwa del 4 febbraio. In quell'occasione i terroristi avevano costretto tutti gli ospiti del seminario minore della diocesi a fuggire nella boscaglia, ma l’offensiva è stata respinta dai militari provenienti appunto da Madagali.
Destabilizzare il Paese prima delle elezioni
Oltre alla vendetta, è probabile che i terroristi siano a corto di viveri nella loro roccaforte, la foresta Sambisa. Si comportano sempre così: quando finiscono il cibo, escono allo scoperto attaccando una città, costringono a scappare la popolazione e poi fanno razzia di tutto. La città di Madagali è stata colpita più volte e molti cristiani se ne sono andati. Ora in tanti sono tornati e questo nuovo attacco renderà la permanenza più difficile.
Oltre a vendicarsi e a cercare viveri per il proprio sostentamento, Boko Haram vuole anche destabilizzare il paese in vista delle imminenti elezioni. Come riportato dal blog nigeriano Punch, la commissione elettorale nazionale dello stato di Adamawa ha annunciato che «anche a Madagali le elezioni si svolgeranno come previsto. Non ci faremo intimidire». Ma è chiaro che l’attacco alla città che contava 50 mila abitanti costituisce un segnale a tutto il nord del paese.
Più di 84 milioni di elettori saranno chiamati alle urne soprattutto per giudicare il mandato del presidente uscente Muhammadu Buhari. Buhari, ex dittatore del paese negli anni '80 e presidente uscente, sarà il candidato del partito Apc (All Progressives Congress) e nonostante l’elevato numero di sfidanti, l’unico che ha qualche possibilità di vincere è il magnate ed ex vicepresidente Atiku Abubakar, del partito Pdp (People’s Democratic Party). Entrambi provengono dal nord del paese e sono musulmani di etnia Fulani.
Buhari aveva frettolosamente dichiarato «tecnicamente sconfitto» Boko Haram, ma la realtà dimostra il contrario. In questi anni, inoltre, la sicurezza dei nigeriani è decisamente peggiorata, soprattutto nella Middle Belt, dove i pastori musulmani Fulani hanno massacrato migliaia di cristiani senza mai essere condannati per le loro azioni (nel 2018 hanno fatto più vittime di Boko Haram).
Buhari non ha ottenuto buoni risultati neanche sul fronte economico: dal 2014 al 2018 il Pil pro capite, complice anche il crollo del prezzo del petrolio, è infatti sceso da 2.700 a 2.000 dollari. Nello stesso intervallo di tempo la disoccupazione è passata dal 6,4 al 23 per cento.
Lo sfidante Abubakar
Lo sfidante Abubakar, meglio conosciuto come Atiku, ha 26 figli e interessi che spaziano dal petrolio al gas all'industria del cibo. Ha promesso di privatizzare vasti settori dell’economia e molti sperano che con lui la Nigeria possa conoscere un nuovo periodo di prosperità, tema chiave per il paese di 200 milioni di abitanti che nel 2050 dovrebbe vedere raddoppiare la sua popolazione.
I vescovi della Nigeria hanno invitato la popolazione a non farsi scoraggiare dalle difficoltà e a recarsi alle urne, senza vendere il proprio voto. Ai candidati hanno invece raccomandato di fare il bene di tutti i nigeriani, e non solo della propria parte politica, una volta eletti.
Si moltiplicano in Nigeria gli appelli dei vescovi agli 84 milioni di cittadini con diritto di voto, perché contribuiscano a fa sì che le elezioni politiche e presidenziali del 16 febbraio non siano inficiate da brogli e compravendita di voti.
Dopo i vescovi della Provincia ecclesiastica di Lagos, che avevano messo in guardia i fedeli sulla vendita del proprio voto, George Jonathan Dodo, vescovo di Zaria (nel nord della Nigeria) ha avvertito i politici di non ricorrere alle frodi e all'incitamento alla violenza per vincere le elezioni. «Come nigeriani abbiamo la responsabilità di prendere il certificato elettorale e di usarlo per andare a votare per il bene della Nigeria nella sua interezza. Bisogna dire no alla compravendita del voto, e votare per i candidati che siano responsabili e timorati di Dio»
Monsignor Dodo ha quindi esortato a «votare per qualsiasi candidato di vostra scelta che pensiate abbia buone qualità e la capacità di difendere, di migliorare e di aggiungere valore alla vostra vita e alla vostra dignità». Il vescovo di Zaria ha inoltre affermato che è dovere della Chiesa sensibilizzare ed educare i fedeli e i laici sulle loro responsabilità civiche, ma non ha il compito di indicare ai cattolici per chi votare, perché i suoi membri non appartengono ad uno specifico partito politico.
La Chiesa Cattolica nigeriana è stata duramente colpita negli ultimi mesi da una serie di sanguinosi attacchi ed era scesa in campo con appelli al governo per fermare le aggressioni armate ai cristiani e alle loro istituzioni.
(Tempi)
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