giovedì 20 giugno 2019

Nigeria. Le bambine kamikaze di Boko Haram

Rapire ragazze adolescenti per farle diventare "bombe umane", usarle come schiave sessuali, costringerle a convertirsi all'Islam, o a diventare le spose "bambine" degli stessi miliziani che le hanno rapite.


La svolta nella strategia del terrore in Nigeria si ebbe nel 2014, con il rapimento di 278 studentesse in una scuola di Chibok, nel Borno State, quel 14 aprile 2014. Il più grande rapimento di massa che la Nigeria ricordi.

Se quell'atto criminale destò sdegno e riprovazione in tutto il mondo con l'ormai famosissima campagna #BringBackOurGirls (restituiteci le nostre ragazze), le decine e decine di rapimenti successivi di ragazze, bambine e bambini che sono avvenuti durante questi ultimi 5 anni non hanno trovato nell'opinione pubblica mondiale lo stesso sdegno. Purtroppo anche all'orrore si fa l'abitudine.

Si calcola che, ad oggi, ci siano più di duemila ragazze prigioniere di Boko Haram

La strategia di Boko Haram era, ed è, sempre la stessa: assaltare villaggi, bruciare tutto, uccidere gli uomini e rapire le ragazze, ed infine fuggire, nascondersi fino al prossimo raid. Azioni rapide e mirate, ma soprattutto pianificate, e che il debole (e corrotto) esercito nigeriano NON riesce a contrastare, nonostante gli altisonanti proclami che il presidente nigeriano Buhari (mussulmano) ha fatto per farsi rieleggere anche per il secondo mandato. Proclami rimasti fine a se stessi e che non hanno sortito effetti sul campo.

La coalizione Nigeria-Niger-Camerun-Ciad
Nel 2015 Boko Haram con un'offensiva senza precedenti conquistò decine di città del nord-est della Nigeria dove proclamò lo "Stato Islamico dell'Africa Occidentale" in un territorio grande come Belgio e Olanda messi insieme.

Per contrastare questa avanzata jihadista fu organizzata la coalizione africana dei quattro eserciti, Nigeria, Niger, Ciad, e Camerun, tutti paesi già coinvolti dal terrorismo di Boko Haram.

Nei due anni successivi ci fu quindi la contro-offensiva e via via tutte le città dello Stato Islamico di Nigeria furono riportate sotto il controllo dello governo nigeriano e così vennero alla luce tutti gli orrori commessi dai miliziani durante i lunghi mesi della loro permanenza. Si parlò di fosse comuni, cadaveri a decine lasciati nelle strade, stupri e un generale terrore della popolazione imprigionata nei loro stessi villaggi.

Il grosso dei miliziani riuscì a riparare e a nascondersi nell'impenetrabile foresta di Sambisa dove nessuno dei quattro eserciti, non quello nigeriano, ha mai messo piede.

Se è vero che le città sono state liberate, è altrettanto vero che Boko Haram non è stato sconfitto, e le conseguenze di quella vittoria a metà si vedono oggi, due anni dopo, dove a presidiare quel territorio è rimasto un esercito nigeriano debole, male equipaggiato e attraversato da contrasti interni (tra ufficiali cristiani e mussulmani per esempio), scoraggiato e senza motivazioni, e certamente permeato da una corruzione storica.

Quello che si sa è che le notizie che arrivano oggi dal quadrante nord-est della Nigeria, zona di influenza di Boko Haram, sono sempre frammentarie, o arrivano in ritardo, praticamente censurate per coprire il fallimento dello Stato.

Esercito regolare che arriva sempre in ritardo, nonostante si trovi nelle vicinanze dei raid o a poche decine di chilometri e magari fosse stato preventivamente avvisato (i casi da citare sarebbero tantissimi), e le poche volte che l'esercito affronta le milizie di Boko Haram subisce sempre ingenti perdite (in vite umane), si dimostra impreparato e non adeguatamente equipaggiato per contrastare un nemico che è sempre in possesso di armi di ultima generazione (fornite non si sa da chi, o forse si sa e non si dice), in un territorio scarsamente presidiato, ormai semidistrutto e oggi alle prese con una gravissima crisi umanitaria, da dove sono fuggite 2,7 milioni di persone.


Bambine e adolescenti usate come bombe umane
Già nel 2015 noi denunciammo l'uso delle bambine per fare attentati. La stessa denuncia che facevano le organizzazioni umanitarie e le stesse Nazioni Unite, ma che non hanno trovato la necessaria indignazione nei governi occidentali e nelle opinioni pubbliche di quei paesi che oggi vengono a dirci "aiutiamoli a casa loro"

Nel 2019 sono già stati cinque le kamikaze minorenni utilizzate in attentati islamisti in Nigeria. L’ultimo attentato, quello di domenica sera a Konduga, nello Stato del Borno, vicino alla capitale Maiduguri, è stato compiuto da tre minorenni, due femmine e un maschio. I tre kamikaze si sono fatti saltare in aria fra la folla che seguiva all'aperto una partita di calcio in TV. Ci sono stati oltre trenta morti e diverse decine di feriti. Un quarta ragazza non è riuscita a farsi saltare in aria solo perché il congegno esplosivo che indossava si è inceppato.

Ma il 2019 non è stato l’anno in cui sono stati usati più baby-kamikaze. Nel 2018 furono 48, fra cui 38 ragazzine. Ancora più alto il numero nel 2017, quando vi furono 45 piccoli e 101 piccole kamikaze. Oltre all'uso dei minori come kamikaze c’è il dramma complessivo dei ragazzini usati in guerra.

Si stima che almeno 3500 minori sono stati sfruttati da miliziani armati nel Nord-est della Nigeria, dove operano i gruppi jihadisti Boko Haram e Stato Islamico in Africa occidentale (Iswa). I minori non vengono utilizzati solo come soldati in azioni propriamente militari, ma anche per altri compiti, come per esempio spie, vedette in missione preventiva nei villaggi da assaltare, e le bambine vengono sfruttate sessualmente.

I bambini e le bambine soldato
Si tratta di dati che riguardano solo il Nord-est della Nigeria, ma il fenomeno dei bambini soldato è diffuso in tutta l’Africa, nei Paesi all'interno dei quali ci sono conflitti.

Una sorta di record è detenuto dal Sud Sudan e poi dalla Repubblica Centrafricana e dal Sudan, che è l’unico Paese al mondo (quest'ultimo) che abbia tre conflitti attivi al suo interno: quello in Darfur, quello nel Sud Kordofan e quello nel Blue Nile, e oggi alle prese con un colpo di stato tutt'altro che risolto. Anche la Repubblica Democratica del Congo ha diversi conflitti interni aperti, e anche qui il fenomeno dei bambini in guerra è ampiamente diffuso.




Articolo di
Maris Davis


Condividi su Facebook


Nessun commento:

Posta un commento