martedì 18 giugno 2019

Mali. Attacco ad un villaggio Dogon provoca 95 morti

Sono stati sepolti i corpi delle 95 persone uccise la notte tra lunedì e martedì nel villaggio Dogon di Sobane, nel comune di Sangha, nel Mali centrale, in un attacco compiuto da diverse decine di uomini che hanno dato fuoco alle abitazioni in cui gli abitanti si erano rifugiati.

Un attacco che non è stato rivendicato, ma che viene attribuito ad appartenenti al gruppo etnico fulani (o peul), che il governo in una dichiarazione diffusa ieri definisce “terroristi”.

I fulani sono un popolo nomade di pastori islamici che attaccano anche i contadini cristiani nella Nigeria del nord, alla continua ricerca di pascoli. I fulani della Nigeria hanno stretto accordi con Boko Haram e il governo del Mali ha pienamente ragione quando li definisce "terroristi". Solo in Nigeria e solo quest'anno hanno già provocato centinaia di morti.

Tuttavia questo attacco in Mali è da considerarsi una vendetta per il massacro compiuto lo scorso 23 marzo a Ogossagou, nella regione centrale di Mopti, quando uomini armati hanno ucciso più di 160 fulani, in uno dei peggiori atti di spargimento di sangue nella storia recente del Mali.

I fulani, pastori musulmani, sono accusati di sostenere i movimenti jhadisti legati ad al-Qaeda e allo Stato islamico, mentre i Dogon, agricoltori in prevalenza cristiani, sono stati armati dal governo con la creazione, nel 2016, del gruppo Dan Na Ambassagou, nato per supplire, secondo Bamako, all'assenza dello Stato quando i Dogon furono attaccati dai terroristi islamici. La milizia è stata sciolta dopo il massacro di Ogossagou.

Come in Nigeria tra contadini cristiani e fulani, anche in Mali le violenze tra i dogon e i fulani si verificano molto spesso soprattutto per lo sfruttamento di terreni e acqua potabile, sempre più scarsa, ed hanno già fatto centinaia di vittime da gennaio. Dal 2018 la progressione e la brutalità delle violenze sono diventate allarmanti e hanno prodotto sfollamenti, carenza alimentare e razzie di bestiame, causando enormi difficoltà ai civili delle diverse comunità etniche. Una situazione che le autorità non hanno saputo gestire e risolvere, nemmeno consegnando i responsabili alla giustizia.

Le autorità maliane sono da tempo sotto accusa per non aver disarmato le milizie e per non aver frenato la diffusione dei movimenti jihadisti nel nord e nel centro del paese. I gruppi per i diritti umani hanno anche accusato l'esercito maliano di aver condotto uccisioni extra-giudiziali, rapimenti, torture e arresti arbitrari contro sospetti simpatizzanti dei terroristi.


(Reuters)

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