giovedì 27 giugno 2019

Amnesty International. In Eritrea la repressione varca le fronriere

Rappresentanti e sostenitori del governo dell’Eritrea minacciano e prendono di mira difensori dei diritti umani e attivisti che criticano il regime oppressivo dell’Asmara, anche se sono all'estero.


Lo ha denunciato Amnesty International, in un rapporto intitolato “Eritrea, repressione senza frontiere

La grande "ipocrisia" delle Nazioni Unite. Come è possibile che un Paese come l'Eritrea, che viola costantemente i "diritti umani" sia in patria e perfino fuori dai suoi confini nei confronti degli oppositori politici, oggi possa presiedere proprio "il Consiglio Onu dei diritti umani" ??

Noi abbiamo fatto la domanda ad ognuno di voi la risposta.

Cose così NON aiutano i Diritti Umani

Secondo Amnesty International, gli Stati in cui i difensori dei diritti umani eritrei corrono i maggiori rischi sono Kenya, Norvegia, Olanda, Regno Unito, Svezia e Svizzera. L’elenco delle persone prese di mira comprende il prete candidato al Nobel per la pace Mussie Zerai e l’ex direttore di BBC Africa, Martin Plaut.

Per molti difensori dei diritti umani, la fuga dall'Eritrea non ha significato una pausa dalla repressione, a causa della quale molti di loro sono morti proprio mentre cercavano di allontanarsene. Devono costantemente guardarsi le spalle e controllare ogni parola che dicono, impauriti dalla lunga mano del governo eritreo che si estende ben oltre le frontiere”. Lo ha dichiarato Joan Nyanyuki, direttrice di Amnesty International per l’Africa orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi laghi.

I sostenitori del partito al potere e i rappresentanti del governo eritreo impiegano tutte le tattiche per impaurire coloro che criticano l’amministrazione del presidente Isaias Afewerki e le violazioni dei diritti umani cui presiede: dalle minacce di morte alle aggressioni fisiche fino alla diffusione di notizie false.

Il rapporto, che prende in esame il periodo dal 2011 al maggio 2019, evidenzia anche l’uso dell’ala giovanile del partito al potere per “combattere i nemici all'estero”, in Europa e negli Usa, spiando gli eritrei della diaspora.

Quest’anno, ad aprile, il ministro dell’Informazione Yemane Gebre Meskel e gli ambasciatori in Giappone e in Kenya, Estifanos Afeworki e Beyene Russom, hanno scritto su Twitter post minacciosi, intimidatori e denigratori contro gli organizzatori e i partecipanti a una conferenza svoltasi a Londra dal titolo “Costruire la democrazia in Eritrea”. Nel suo tweet, il ministro Gebre Meskel ha definito gli organizzatori “collaborazionisti

E intanto in Eritrea il regime prende di mira le associazione religiose. I cattolici protestano digiunando


I vescovi cattolici eritrei hanno chiamato i loro fedeli a protestare, con preghiera e digiuno, contro la continua repressione del governo e la chiusura dei loro centri sanitari e luoghi di culto.

L'Eritrea è considerata anche "La Corea del Nord dell'Africa", di fatto una dittatura totalitaria fin dai tempi del suo distacco dall'Etiopia (1991). Un paese chiuso ma da dove fuggono almeno duemila persone al mese. Un paese dove i maschi sono costretti ad un servizio militare a vita, ovvero schiavi a vita. Prigioni per oppositori politici costruite nei sotterranei di edifici pubblici. Un paese dove tutte le libertà sono precluse e l'associazionismo, politico, religioso e culturale è vietato.
In un paese così l'Italia (ex-paese colonizzatore) continua a fare "affari"

Lunedì, due settimane dopo la chiusura forzata di circa trenta cliniche cattoliche, i soldati hanno fatto irruzione in un altro centro sanitario, tra le città di Barentu e Keren, nella campagna desertica del sud-ovest del paese. Una suora che ha opposto resistenza è stata arrestata e da allora il centro è sotto il controllo dell'esercito.

Ma i cattolici non sono i soli a soffrire questa ondata repressiva
Il giorno prima, domenica, le forze di sicurezza hanno fatto irruzione in un tempio metodista di Keren, arrestando tutti i fedeli presenti. Solo una metà è stata rilasciata, gli altri sono ancora in detenzione, secondo un prete cattolico eritreo. 

Alcuni giorni prima, cinque monaci ortodossi che non avevano giurato fedeltà al patriarca nominato dal regime, erano stati presi con la forza e rinchiusi in una stazione di polizia.

Nelle scorse settimane sono ricominciati anche gli arresti di fedeli delle chiese pentecostali, proibite all’inizio degli anni 2000.

Due anni fa, la violenta chiusura di una scuola musulmana privata ad Asmara, aveva provocato una protesta popolare senza precedenti nella capitale. Diversi funzionari avevano trascorso mesi in prigione e il fondatore della scuola era morto in custodia.

In questi giorni, i vescovi cattolici dell'Eritrea hanno chiamato tutti i fedeli a tre settimane di digiuno e preghiera fino al 12 luglio, in memoria, dicono, di Neemia, una figura dell'Antico Testamento che, alla corte del re della Persia, si mise in lutto quando venne a conoscenza dello stato di desolazione che regnava a Gerusalemme.

I vescovi cattolici eritrei sono abituati a dichiarazioni ritenute ostili allo stato-partito e al suo apparato di sicurezza che controlla strettamente una società turbata dall'assenza di libertà e dalla continua fuga di giovani.

Questa improvvisa repressione contro le comunità religiose è spiegata innanzitutto dal fatto che queste, specialmente la Chiesa cattolica in un paese ancora prevalentemente ortodosso e musulmano, costituiscono l'unica "società civile", oltre a fornire importanti servizi di supporto alla popolazione, come la cura o l'istruzione primaria.
(Radio France International)


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