venerdì 12 maggio 2017

"Mamam" arrestata a Catania. Decine le ragazzine nigeriane costrette a prostituirsi

Era la "mamam" di un’organizzazione che gestiva una rete di giovanissime nigeriane, anche minorenni, costrette alla prostituzione. Venivano attirate in Sicilia con la promessa di farle lavorare in Europa, ma poi minacciate con riti woodoo.


Le vittime impaurite dalla sorte dei loro familiari in Nigeria, le ragazzine perseguitate da incubi e demoni se non avessero mantenutola promessa di pagare il "debito" contratto, una cifra che oscillava attorno ai 30-40mila euro a persona.

"Mamam" Belinda organizzava abitualmente viaggi di fortuna sui barconi dei trafficanti libici per fare entrare in Italia illegalmente giovani nigeriane, obbligandole in seguito a prostituirsi con rituali woodoo. Per questo motivo la donna è stata arrestata dalla squadra mobile della Questura di Catania e quindi sottoposta agli arresti domiciliari, con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, alla tratta e allo sfruttamento sessuale con le aggravanti di avere esposto a pericolo la vita e rischio l'incolumità delle vittime.

Le indagini erano state avviate dopo le dichiarazioni di una minorenne nigeriana, arrivata a Palermo con uno sbarco di migranti, sulla nave Siem Pilot, il 24 luglio 2015. Era partita da Benin City, passando da Lagos, in Nigeria. Una volta in Libia aveva appreso la verità: in Italia non l’aspettava un lavoro, ma l’avvio alla prostituzione per restituire i 35mila euro che la sua famiglia aveva promesso alla "mamam".

La ragazza nigeriana, che chiameremo Nicoletta, avrebbe riferito agli inquirenti di essersi messa in viaggio attirata dalle promesse di una vicina di casa, la quale le aveva prospettato possibilità di trovare lavoro in Europa. Prospettiva grazie alla quale la donna sarebbe riuscita a saldare il debito di circa 35mila euro contratto "mamam" Belinda.

Nicoletta, all'epoca minorenne, avrebbe altresì dichiarato di essere stata sottoposta, assieme ad altre connazionali, ad alcuni riti woodoo che, nella cultura africana, obbligano le persone a intraprendere determinate condotte per non incorrere in maledizioni, che prevedono anche minacce di morte. Durante i rituali "mamam" Belinda si presentava con la testa mozzata di un "gatto" al fine di impaurire ancor di più le ragazzine.

Nonostante la comprensibile paura Nicoletta ha avuto il coraggio di denunciare tutto agli operatori sociali e poi agli inquirenti

Durante intercettazioni eseguite dalla squadra mobile è venuta alla luce anche la storia di un'altra vittima che doveva all'indagata 30mila euro per il suo "viaggio", con pagamenti mensili di 4.000 euro. La ragazzina era fuggita ma poi la "mamam" l’ha fatta contattare telefonicamente dai suoi genitori in Nigeria e, con uno stratagemma, l’ha fatto ritornare "..i tuoi genitori sono qua da me! Da questo momento in poi tu devi parlare con la verità. Se tu dirai delle bugie, morirai.."

Dopo l'arresto di "mamam" Belinda ora gli investigatori sono sulle tracce di tutta la rete di criminali nigeriani che gravitava intorno a lei.

In Italia ci sono tantissime "mamam" che organizzano viaggi per le ragazze che in Nigeria sognano l'Europa. Sono aiutate da tutta una rete di criminali, sia in Nigeria che in Italia, con vari compiti ben precisi. La mafia nigeriana è ben radicata in Italia ed è organizzata in piccoli gruppi, anche indipendenti tra di loro, nei quali la "mamam" è colei che poi materialmente deve "gestire" la vittima.

Le tappe del "Viaggio"
Non di rado sono le "mamam" stesse che dall'Italia decidono quali siano le ragazze che dovranno partire. Dalla Nigeria i reclutatori individuano le ragazze disponibili a fare il viaggio e quindi, via skype, messenger o whatsapp, i reclutatori mostrano le loro foto (o anche dei brevi filmati). Un "viaggio" ormai collaudatissimo che si divide in tappe.

La prima tappa è quella che porta la ragazza fuori dalla Nigeria fino in Niger, e già a questo punto la ragazza è completamente nelle mani dei trafficanti. Lontana dalla famiglia e senza più la possibilità di tornare indietro, solo con un numero telefonico in tasca da contattare una volta in Italia.


Con le jeep o su camion si attraversa il deserto
Dopo una breve sosta in qualche luogo "sicuro" del Niger, al solito pochi giorni, con un altro gruppo di trafficanti si attraversa il deserto fino in Libia.

In Libia ci sono poi dei "referenti" in stretto contatto con la "mamam" in Italia che gestiscono la permanenza delle ragazze in attesa dell'imbarco. Durante questo periodo, che dura anche alcuni mesi, molte delle ragazze vengono violentate o costrette sistematicamente a prostituirsi per guadagnare il denaro necessario a pagare gli scafisti.


Prima di attraversare il Mediterraneo la "mamam" viene certamente avvisata che la ragazza "richiesta" è in arrivo. Un volta in Italia sono le ragazze stesse a telefonare a "quel numero italiano" che tutte hanno in tasca, avvisando così la loro "mamam" di andarle a prendere. Nell'immediato quasi tutte le ragazze si affidano alle lo "mamam" inconsapevoli di quello che sarà il loro destino in Italia, immaginando magari che il "peggio" (ovvero il viaggio e la permanenza in Libia) sia passato.


Tutte ormai vengono obbligate e fare la domanda di asilo, un modo che i trafficanti hanno escogitato per far restare queste ragazze in Italia "regolarmente". Ed è proprio nel tempo che la ragazza rimane in attesa dell'esito della sua domanda che viene "maggiormente" sfruttata. Un tempo che varia da qualche mese in alcune provincie e fino a due anni in altre, tempi lunghi soprattutto al meridione d'Italia.


Molte di queste ragazze vengono poi "gestite" direttamente nei centri di accoglienza, dai quali entrano ed escono a piacimento. Soprattutto in Sicilia, e soprattutto al Cara di Mineo, dove mafia nigeriana e mafia locale hanno certamente stretto accordi.


Un meccanismo criminale ormai collaudatissimo e decisamente organizzato. Bisogna tenere presente poi anche l'aspetto psicologico in cui queste ragazze si trovano.


Dell'Italia non sanno niente, non conoscono la lingua, e ovviamente non sono a conoscenza dei meccanismi di protezione che le potrebbero "salvare"

In un paese straniero che non conoscono, spesso minorenni, quasi tutte con una bassa scolarizzazione. È soprattutto per questi motivi che le nigeriane appena arrivate si "affidano" con fiducia alle loro connazionali già in Italia.

C'è sempre più bisogno, già nell'immediatezza dello sbarco, di operatori sociali e mediatori culturali che conoscano la loro lingua locale (e non solo l'inglese), che riescano a capire fino in fondo i loro problemi. Questi operatori e operatrici già ci sono ma sono troppo pochi rispetto al grande numero di ragazze nigeriane che sta arrivando, 5.600 nel 2015, 11.000 nel 2016, e già più di 2.500 nei primi mesi di quest'anno.


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Articolo a cura di
Maris Davis

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