giovedì 29 marzo 2018

Scoperta rete italiana di terroristi islamici. Cinque arresti tra Roma e Latina

Operazione Mosaico. Dalle intercettazioni "Taglieremo la testa e i genitali agli infedeli". Cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite all'alba tra la rete dell'attentatore di Berlino Anis Amri. In manette anche un tunisino residente a Latina.


Si erano radicalizzate in Italia le 5 persone riconducibili ad Amri. I reati contestati: addestramento e attività con finalità di terrorismo internazionale. L’allarme del ministro Minniti: «Roma è nel mirino»

Ancora un blitz antiterrorismo delle forze dell’ordine, dopo quelli a Foggia e a Torino dei giorni scorsi. Questa volta gli investigatori della Digos di Roma e Latina hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti vicini agli ambienti dell’estremismo islamico e in particolare considerati i fiancheggiatori di Anis Amri, il terrorista autore della strage di Natale a Berlino nel dicembre 2016.

I fiancheggiatori
Proprio questo personaggio, rimasto ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia alle porte di Milano, aveva contatti con connazionali tunisini non lontano da Roma. In passato la Digos della Capitale aveva smantellato una cellula composta da una decina di persone: i sospetti terroristi sono stati tutti espulsi. In questo caso invece giovedì mattina la polizia ha dato il via all'operazione Mosaico: proprio a Latina è stato arrestato un connazionale di Amri al quale avrebbe dovuto consegnare documenti falsi per fuggire all'estero dopo l’attentato in Germania.

I reati
I reati contestati a vario titolo ai cinque sono «addestramento e attività con finalità di terrorismo internazionale» e «associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione di documenti ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Perquisizioni locali nelle province di Latina, Roma, Caserta, Napoli, Matera e Viterbo.

Addestramento all'uso delle armi e acquisto di furgoni per attentati
In particolare i provvedimenti emessi dal gip Costantino Del Robbio su richiesta del PM Sergio Colaiocco riguardano Abdel Salem Napulsi, già detenuto a Regina Coeli, fermato a ottobre in provincia di Latina: si addestrava su internet - sono stati scoperti almeno sedici video - a utilizzare armi da fuoco anche da guerra, lanciarazzi e furgoni che voleva acquistare secondo l’accusa per compiere attentati. In manette anche Mohamed Baazoui, Dhiaddine Baazaoui, Akram Baazaoui e Rabie Baazoui, tutti residenti fra Lazio e Campania. Erano loro a fornire documenti falsi ad alcuni immigrati per raggiungere altri paesi europei. Ma avevano contatti con la rete jihadista.

Ritagli di giornale ritrovati durante le perquisizioni
Le intercettazioni
Le indagini sono scattate sulla base dei tabulati telefonici di Amri e dei suoi contatti italiani. Ad esempio un altro detenuto a Rebibbia, un palestinese, era collegato ad uno spacciatore di Latina, che a sua volta aveva legami con appartenenti allo Stato islamico. Le intercettazioni hanno rivelato, secondo chi indaga, la profonda radicalizzazione in atto di Napulsi. Solo nell’agosto scorso diceva al telefono riferendosi agli occidentali che «bisognerebbe tagliargli la testa e i genitali», critiche all’Italia perché «le donne girano semi nude» e alla Tunisia perché «non vige la Sharia e le donne non portano il velo»

Minniti: «Roma nel mirino»
«La minaccia del terrorismo islamico non solo è cogente e costante, ma ci accompagnerà per un periodo non breve. E sottolineo, non breve. Il quadro che abbiamo è cambiato. Da almeno quattro, cinque mesi, in Rete, è ripresa con forza la propaganda dell’Isis che invita a guardare Roma come obiettivo fortemente simbolico della campagna del terrore», queste le parole del ministro Minniti.

«Informazioni su armi cercate in modo compulsivo»
«Napulsi venne arrestato nell'autunno scorso quando abitava in un appartamento vicino viale Marconi», spiega il dirigente della Digos di Roma Giampietro Lionetti, «verosimilmente dovrebbe trattarsi di un soggetto tunisino, ma manca la certificazione ufficiale, anche se è abbastanza certo che il nome sia falso»

Operazione Mosaico, così è stata chiamata l'operazione anti-terrorismo che ha smantellato la rete di jihadisti

Dal tablet sequestrato nell'abitazione dove il trentenne dormiva in una stanza con un altro giovane, Napulsi avrebbe fatto diverse ricerche sul deep web cercando in mondo compulsivo e dettagliato schede tecniche di armi, da quelle di piccolo carico ai lanciarazzi, video tutorial per il loro uso e armerie in tutta Europa.

«Tutto parte dopo la strage di Berlino quando la Procura di Roma ha aperto l’indagine. Siamo riusciti a risalire al suo numero di telefono di Amri quando era in Italia e da lì abbiamo capito tutti i passaggi successivi a partire dallo sbarco a Lampedusa. In un primo momento abbiamo fatto delle espulsioni grazie ai decreti del ministro. I contatti diretti di Amri sono sono stati espulsi a gennaio e a marzo del 2017. Vivevano nell'hinterland di Latina e risultava fossero tra i contatti di Amri. Un altro era stato espulso precedentemente all'attentato di Berlino sempre con decreto del ministro»

«Gli arresti di oggi invece hanno collegamenti indiretti con l’attentatore di Berlino». Il collegamento fra Napulsi e Amri invece è solo quello di far parte dello stesso ambiente radicalizzato, ma da quanto si apprende non ci sono evidenze di alcun contatto con Amri. Sugli altri quattro soggetti arrestati per falsificazione di documenti non ci sono invece segni di radicalizzazione, «ma c'è il ragionevole sospetto che possano essere stati coloro che hanno fornito i documenti falsi ad Amri». E infine: «Non c’è alcun dato che possa nemmeno minimamente farci giungere alla conclusione che i soggetti per i quali sono stato disposte le misure cautelari abbiano aiutato Amri nella realizzazione dell’attentato a Berlino»
(Corriere della Sera)


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