Che succede nel Paese dove dovrebbero arrivare 470 soldati italiani, con lo scopo esplicito di combattere l'integralismo islamico nel Sahara e con lo scopo implicito di fermare i flussi migratori ??
Nei fatti l’invito non è mai arrivato, e la missione militare in Niger è ormai in fase di stallo. I recenti attentati di Ouagadougou hanno complicato ulteriormente le cose, tanto che fibrillazioni di ogni genere stanno turbando i rapporti tra i G5 fra di loro e tra i G5 e l’Unione Europea.
È la seconda volta che accade, nonostante sul posto siano già presenti 40 militari inviati da Palazzo Chigi per preparare l’arrivo del grosso del contingente. È per voce del ministro dell’Interno, Mohamed Bazoum, che l’altolà è stato fatto giungere a Roma.
Che cosa significa? Le possibili ragioni sono molteplici. Una prima ragione è certamente locale, ed è legata al fatto che nei Paesi del Sahel, impegnati in difficili sfide come il terrorismo e i flussi migratori, c’è bisogno di attenzione diplomatica agli equilibri interni.
Difficile metter piede in casa altrui senza avere un esplicito invito e una comunanza di intenti. Probabilmente c’è stata una sottovalutazione dell’importanza di coltivare relazioni tra esponenti dei due esecutivi prima di prendere qualsiasi decisione. Senza escludere il fatto che in questi Paesi la corruzione s’infila un po’ ovunque e cerca di agglutinarsi là dove si profila l’arrivo di fondi dall'estero.
In secondo luogo, l’arrivo dei soldati italiani ha creato una certa gelosia dalle parti di Parigi. L’annuncio dell’arrivo del contingente italiano era stato appoggiato da Macron, ma nei fatti la regione da sempre è un fief, cioè un avamposto francese. La presenza degli italiani, così come dei tedeschi e degli statunitensi, potrebbe aver indisposto il comando delle operazioni in mano francese, soprattutto in un momento assai delicato della lotta contro il complesso jihadismo sahariano.
Il Niger è un'ex-colonia francese e ha sempre mantenuto rapporti privilegiati con la Francia, un privilegio che di certo i francesi non vogliono perdere
I ministri Roberta Pinotti e Angelino Alfano nel corso dell’audizione davanti alle commissioni riunite Difesa ed Esteri al Senato a Roma, 15 gennaio 2018, sulla missione in Niger |
In particolare si prevedeva un impegno in lavori infrastrutturali, nella lotta contro le minacce chimiche, biologiche, radiologiche, nucleari e nel campo informativo. Forse qualcuno nel governo dimissionario pensa che una decisione di tale importanza debba essere presa e portata avanti dal nuovo esecutivo.
Sul fondo restano le inquietanti domande sulla natura della presenza europea nella regione. L’accento messo sulle operazioni militari certamente non favorisce una visione veramente post-colonialista della manovra. E l’ambiguità della duplice missione dei soldati europei nella regione (lotta al terrorismo e contrasto alle migrazioni clandestine) non può che confondere le acque.
Ed infine c'è da prendere in considerazione il fatto che il Niger è uno dei paesi più poveri dell'Africa e la sua recente politica di forte contrasto al traffico di esseri umani ha portato come conseguenza anche un ulteriore impoverimento della sua economia.
La situazione interna nel Niger, nel frattempo, è sempre più preoccupante: come conseguenza della recente crisi nel vicino Mali più di 57mila maliani sono rifugiati nel paese, assistiti dall’UNHCR che punta a chiudere i campi profughi entro il 2019 e ad integrarli “pienamente” nel tessuto sociale locale. Ci sono poi altre migliaia di rifugiati provenienti dalla Libia e dalla Nigeria, anche se in quantitativi meno eclatanti. A febbraio il governo di Niamey ha rinnovato per altri sei mesi lo stato d’emergenza dichiarato l’anno scorso.
Forse la presenza massiccia dei militari italiani non è strettamente necessaria e il Niger preferisce di gran lunga un aiuto economico per la sua disastrata economia.
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