domenica 23 ottobre 2016

Riduzione in schiavitù, clan di nigeriani arrestati ad Agrigento

Le vittime. Almeno una decina di ragazze nigeriane da poco arrivate in Italia, sottoposte a riti "woodoo" venivano costrette a prostituirsi. Venivano "reclutate" direttamente nei centri di accoglienza.

Ragazze nigeriane in strada
La Procura di Palermo ha disposto il fermo di due nigeriani, Peter Egwuy, e Osas Edos, 29 e 24 anni, residenti ad Agrigento, per associazione a delinquere finalizzata alla tratta di persone, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, introduzione illecita in Italia di extracomunitari e minacce.

L'indagine, coordinata dall'aggiunto Maurizio Scalia e dal pm Gery Ferrara, è stata condotta dalla Guardia di Finanza. I due indagati, in concorso con altri connazionali già arrestati, reclutavano le connazionali sbarcate in Italia e ospiti dei centri di accoglienza (sia in Sicilia che in altre città italiane) per poi consegnarle alla "mamam" e avviarle alla prostituzione. Le vittime, sottoposte a riti "woodoo", venivano tenute in uno stato di soggezione psicologica erano costrette anche ad avere rapporti sessuali con i componenti della banda e i loro familiari.

Il procedimento nasce da un'indagine su una banda transnazionale di trafficanti di esseri umani che ha operato tra Nigeria, i paesi del Maghreb (soprattutto la Libia) e Italia (Lampedusa, Agrigento, Palermo, Reggio Calabria, Napoli, Padova). L'inchiesta prese il via dalla denuncia di una delle vittime che, sbarcata a Lampedusa e ospite di un centro di permanenza temporaneo, riferì agli inquirenti le modalità di reclutamento delle giovani donne da avviare alla prostituzione e fece i nomi dei componenti della banda.

La ragazza, una nigeriana, raccontò di essersi fatta convincere a venire in Italia, e che il viaggio lo avrebbero pagato gli organizzatori. I trafficanti le avevano assicurato che, una volta arrivata, avrebbe trovato un lavoro regolare. In Nigeria aveva stipulato un contratto con un rito "woodoo", come garanzia per la restituzione della somma che sarebbe stata necessaria per compiere il viaggio.

In seguito era stata condotta attraverso il deserto in Libia, tenuta prigioniera in una casa con altre donne. Una volta arrivata in Italia le hanno detto che doveva restituire i 30mila euro necessari a pagare il viaggio dalla Nigeria, e che l'unico modo era quello di prostituirsi, e con il denaro guadagnato avrebbe dovuto ripagare il debito contratto.

A capo dell'associazione c'era una donna, che è stata arrestata nei mesi scorsi. All'appello, erano finiti in carcere diversi componenti dell'associazione. Mancavano i due nigeriani fermati qualche giorno fa. Il racconto della ragazza, confermato da altre vittime sue connazionali, aveva particolari raccapriccianti. Le nigeriane venivano costrette a dare oggetti personali come le mutandine, e peli pubici a un santone perché potesse usarli per riti woodoo che le riducevano in uno stato di totale asservimento. I trafficanti le minacciavano dicendo che, se non avessero consegnato i soldi guadagnati con la prostituzione, avrebbero ucciso loro e i loro familiari rimasti in Nigeria.
(Nuovo Sud Sicilia)

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