domenica 16 luglio 2017

Ecco come i clan dei nigeriani istruiscono le baby schiave prima di sbarcare in Italia

Gli aguzzini alle baby prostitute. “Dì che sei maggiorenne e che i terroristi hanno ucciso i tuoi


Dall'ultima indagine su un clan che «importava» ragazze dalla Nigeria emergono gli ordini per far ottenere loro l’asilo e poterle sfruttare in Italia.

I carabinieri del Ros sono investigatori che ne hanno viste di tutti i colori. Eppure l’ultima indagine su un clan che «importava» ragazze dalla Nigeria per farle prostituire in Italia dà il voltastomaco anche a loro. È di questi giorni la decisione del GIP di Catania che ha confermato l’arresto per sette nigeriani residenti in Italia, terminali di una tratta assai complessa che parte da Benin City, attraversa Niger e Libia, transitando per Sebha, Tripoli e Sabratha, e giunge infine in Italia attraverso i gommoni.

Immondi negrieri. Si sa che sfruttano i riti woodoo per tenere in soggezione le ragazze. Sono crudeli. I viaggi sono terrificanti, addirittura i malati li scaraventano fuori dai camion per lasciarli morire nel desero. Ma fanno credere di essere loro i «buoni». 

Uno degli arrestati, Joy Ewemande, residente a Castel D’Azzano (Verona), si preoccupa al telefono di come stanno le «sue ragazze» in Libia, se hanno mangiato, se sono abbastanza al caldo. Pura apparenza. La moglie Iyare, sapendo che una delle ragazze è vergine, e temendo che «la merce» si rovini, si raccomanda: «Spero che non stiate facendo amicizia con i ragazzi che ci sono lì»

Guai al sesso prima di sbarcare in un postribolo italiano. A meno che qualche boss libico non si voglia scapricciare. Allora sono stupri assicurati. E in questi casi Joy è molto comprensivo: «Una di loro, dice a un libico, è bellissima. Se vuoi, puoi tenerne una per te stesso»

L’inchiesta dei carabinieri del Ros, dapprima coordinata dalla procura di Lecce, poi passata per competenza a Catania, mostra le astuzie dei nigeriani.

Primo trucco, le ragazze che giungono dal mare dovranno dire di essere maggiorenni anche se non è vero. Il 6 maggio, la «madama» Iyare richiama tre sue ragazze, Promice, Ihohama e Iziese, e le istruisce così: una volta giunte in Italia, devono dichiarare alla polizia un’età anagrafica differente rispetto a quella reale. Già, perché gli sfruttatori nigeriani sanno che se in Italia sbarca un minore non accompagnato finirà in un circuito da cui non si esce con facilità. E invece a loro interessa che la «merce» sia presto libera. All'organizzazione preme che le ragazze finiscano in uno dei mille centri ordinari di accoglienza.

Secondo accorgimento, alla giovanissima Ihohama, minorenne, la madama suggerisce non solo di barare sull'età, ma anche di dire che è scappata dal suo Paese d’origine perché «alcune persone hanno ucciso tutta la tua famiglia». Non è vero. La ragazza ha lasciato i genitori, ma dicendo di essere vittima di un attacco terroristico, meglio se si fa un vago riferimento agli islamisti oppure a forze governative, la concessione di asilo è scontato.

E questo solo interessa ai negrieri, che le ragazze ottengano l’asilo politico o quantomeno l’asilo umanitario. A quel punto saranno in regola con i documenti e potranno prostituirsi in tutta tranquillità (per l’organizzazione).

Da un’intercettazione del 6 maggio 2016. «Volevo dirti che quando sarai in Italia non devi mai dire a loro l’età che mi hai detto di avere, altrimenti loro ti porteranno via e ci saranno grossi problemi. Non dire la tua vera età. Dì a loro che sei del 1992, non fare errori su questo. E se loro ti chiedono come sei arrivata lì devi dire che non lo sai e che alcune persone hanno ucciso tutta la tua famiglia, che sei scappata dalla Nigeria e che alcune persone ti hanno aiutato».

Oppure, da un’altra intercettazione. «Dillo alle altre ragazze che quando sarete entrate in Italia dovete dire di avere 23 o 24 anni, mai di meno. Se vi chiedono come siete arrivate in Italia dite che non lo sapete e che vi hanno ucciso vostro padre e la vostra famiglia in Nigeria»

Centro di accoglienza protetto per ragazze nigeriane vittime di tratta

I clan nigeriani hanno capito tutto dei meccanismi italiani. Un altro di questi biechi sfruttatori parla con un complice e una microspia dei carabinieri registra il colloquio. Akpibor domanda a Kennedy quanto tempo ci vuole affinché una delle sue due ragazze arrivate in Italia possa ottenere i documenti per l’asilo politico. Kennedy risponde al massimo tre mesiAkpibor inoltre gli dice di aver dimenticato di informare il capo che la madre in Nigeria ha ricevuto il denaro come parziale risarcimento per la ragazza incinta arrivata in Italia. Un incidente di percorso in Libia (una violenza). La ragazzina non è più vergine e qualcuno deve monetizzare il danno.
(La Stampa)

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