lunedì 10 dicembre 2018

Sardegna. Operazione "Arruga", colpo alla prostituzione delle nigeriane a Sassari

I carabinieri della Compagnia di Carbonia hanno arrestato sei persone (un algerino, un tunisino e quattro nigeriani) tra Cagliari, Sassari e Alessandria per sfruttamento dell'immigrazione clandestina e della prostituzione.


L'operazione, avvenuta in svariate zone della Sardegna, è stata disposta dal Tribunale di Cagliari su richiesta della locale direzione distrettuale antimafia.

Le accuse
I militari della Compagnia CC di Carbonia, coadiuvati da personale delle competenti giurisdizioni, hanno dato esecuzione a sei ordinanze di applicazione di custodia cautelare in carcere, disposte dal Tribunale di Cagliari su richiesta della locale D.D.A. , nei confronti di sei i stranieri (un algerino, un tunisino e quattro nigeriani), accusati dei reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti a minorenni, associazione a delinquere, sfruttamento e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione e detenzione di banconote contraffatte.



Operazione "Arruga"
I provvedimenti scaturiscono dagli esiti investigativi dell’operazione convenzionalmente denominata "ARRUGA", condotta dal dicembre 2014 al mese di dicembre 2018 dal NORM della Compagnia CC di Carbonia, che attraverso due principali filoni d’indagine ha svelato l’esistenza di altrettante distinte tratte di extracomunitari clandestini che, giunti in Sardegna, venivano gestiti e sfruttati da due organizzazioni criminali distinte.

La tratta Hannaba–Sulcis
Favoriva l’ingresso illegale di stranieri che, partiti dall'Algeria e giunti sulle coste del Sulcis, venivano successivamente impiegati nell'illecita attività dello spaccio al “dettaglio” di droga nelle piazze di Cagliari, in particolare nel quartiere “Marina”. Nello specifico, era M.Y., nato in Algeria, residente a Cagliari, che organizzava i viaggi di migranti dall'Algeria all'Italia: acquistava il motore e la barca, pagava e dava istruzioni allo “scafista”, teneva i contatti con le famiglie dei profughi.

L'algerino M.Y. forniva loro i suggerimenti opportuni per evitare il rischio di un immediato rimpatrio: raccomandava loro di dire che erano minorenni, di cancellare il suo numero di cellulare e che, da Carbonia collocati al CAS di Cagliari, terminate le formalità di identificazione sarebbero dovuti fuggire. M.Y., infatti, ai clandestini offriva rifugio a casa sua per poi utilizzarli nel traffico della droga da lui gestito.

Da maggio 2016 a tutto il 2017, il M.Y. ha favorito l’immigrazione illegale, agevolando la permanenza sul territorio dello Stato di numerosi cittadini stranieri irregolari che impiegava nella sua attività di spaccio ovvero garantendo la loro partenza verso altre località in Italia e in Europa.

M.Y. non gestiva da solo il mercato della droga nelle piazze di Cagliari, ma si avvaleva della collaborazione di H.N., nato in Tunisia e residente a Selargius, che si riforniva di droga, principalmente hashish, da terzi spartendola con il suo socio per poi venderla al consumatore finale.

Dalle investigazioni si è appurato che M.Y. e H.N. dal 2015 a tutto il 2017, avevano spadroneggiato nello spaccio di droga (principalmente hashish) nel quartiere Marina di Cagliari, servendosi di minorenni (tra cui i due figli del M) e vendendo lo stupefacente anche a minorenni. Il M.Y. riceveva gli ordinativi della droga per telefono e utilizzava i figli per effettuare le consegne, anche ad altri minori. M.Y. è apparso come un musulmano connotato da una rigida osservanza delle pratiche religiose e dei dettami islamici, e per questo fortemente rispettato e temuto dalla propria comunità.

M.Y. infine è accusato di concorso in detenzione di banconote contraffatte. Dopo aver contattato un soggetto straniero dimorante in Campania, era riuscito a far arrivare al porto di Cagliari 5.000,00 euro di banconote false che aveva acquistato al prezzo di 1.000,00 euro (veri), e che avrebbe smerciato nelle operazioni di vendita della droga.

Tratta Nigeria-Libia–Sassari
L’altra tratta emersa è quella dalla Nigeria, via Libia con meta finale Sassari, che consentiva di far giungere in Italia giovani donne nigeriane per essere immesse nel circuito della prostituzione anche a Sassari.

Nell’ambito delle attività tecniche sviluppate nell'operazione ARRUGA, è stata individuata la presenza di una pericolosa compagine criminale di nigeriani, avente carattere transnazionale e operante nella città di Sassari, dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e allo sfruttamento della prostituzione, che, nel periodo oggetto d’indagine, ha promosso e finanziato il trasferimento in Italia di numerosi migranti.

I soggetti facenti parte di questa organizzazione, tratti in arresto, sono T.S. (donna) nata in Nigeria, residente a Sassari, E.B.T. (donna) nata in Nigeria domiciliata ad Alessandria, (entrambe con il ruolo di mamam). Un terzo arrestato è l'uomo di fiducia e principale collaboratore di un quarto soggetto, certo "O", entrambi destinatari di ordinanza di custodia cautelare. Ancora ricercato sul territorio nazionale e all'estero il "capo" dell'organizzazione.

Questi si erano suddivisi tra loro i compiti. La mamam T.S. si occupava di individuare le ragazze in Nigeria interessate a immigrare clandestinamente in Italia e di finanziare il viaggio; Il "capo" aveva il compito di finanziare la permanenza in Libia delle ragazze in attesa della loro partenza, mentre l'altra mamam E.B.T. coordinava l’illecita attività di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione in Italia.

Per favorire l’immigrazione clandestina si avvalevano di soggetti terzi dimoranti in Libia e Nigeria, inseriti nel traffico di esseri umani, tale M.V. (nigeriana non identificata) la quale aveva il compito di individuare in patria le giovani da avviare alla prostituzione e di anticipare il corrispettivo per il viaggio delle ragazze (150.000 naira per migrante versate sul conto del traghettatore, circa 370 euro) che venivano affidate in Libia ad altro soggetto non identificato (tale F).

Gli associati si occupavano anche di sovvenzionare la permanenza delle migranti custodite in ghetti nel campo libico. Qui aspettavano anche molte settimane prima di essere imbarcate, costrette a subire la sofferenza della fame, del freddo, le pessime condizioni igieniche nonché le avance e le minacce dei loro carcerieri, stupri e violenze.

Le ragazze una volta arrivate in Italia e sistemate in un centro di accoglienza in Campania, ricevevano dalle mamam nuove schede telefoniche, soldi, documenti d’identità falsi nonché indicazioni su come allontanarsi dal centro d’accoglienza e prendere il traghetto Civitavecchia–Olbia.

A questo punto le mamam davano alle loro protette le istruzioni sulle attività che avrebbero dovuto svolgere per “riscattare” la propria libertà: procuravano loro una casa dove esercitare e gli abiti “da lavoro”, davano consigli su come comportarsi con i clienti, aiutavano le ragazze, che non parlavano l’italiano, a trattare con i clienti.
(Sassari Notizie)


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