La capitale sud-sudanese sta diventando un hub di rilievo per il traffico di migranti, favorito da un radicato sistema di corruzione e dal disfacimento del sistema legislativo e istituzionale, dopo più di cinque anni di conflitto civile.
Non solo il Sudan, crocevia storico della rotta migratoria dall'Africa orientale, ora anche Juba sta diventando un importante hub per il traffico di persone. Lo sostiene il rapporto “Disarticolare le finanze di reti criminali responsabili per il contrabbando e il traffico di esseri umani” (Disrupting the finances of criminal networks responsible for human smuggling and trafficking) preparato per l’organizzazione per lo sviluppo regionale IGAD (Inter-governmental authority on development) e l’Interpol da un consorzio di organizzazioni e centri di ricerca universitari (Research and evidence facility) e finanziato dal Fondo fiduciario europeo di emergenza per l’Africa (Trust Fund) che ha l’obiettivo di regolamentare le migrazioni verso il continente.
Nel rapporto si afferma che le reti di trafficanti di esseri umani stanno traendo grande vantaggio dalla crisi sud sudanese e stanno facendo di Juba un hub per i loro sporchi affari. A causa della guerra civile scoppiata nel 2013, dopo appena due anni e mezzo dall'indipendenza, il corpo legislativo del paese è rimasto carente in molti settori. Inoltre è debolissima la capacità, e la volontà, di far rispettare le leggi esistenti, mentre la corruzione tra i funzionari governativi è rampante.
Per di più, la popolazione ha perso gran parte delle fonti di sostentamento, le reti familiari e sociali di supporto e può contare in modo molto limitato sulla protezione delle istituzioni e della legge. Questo genere di situazione è terreno fertilissimo per i trafficanti che possono agire quasi indisturbati, anche perché il prevalere di enormi problemi sociali interni tende a convogliare tutta l’attenzione delle istituzioni nazionali ed internazionali.
Secondo il rapporto le reti di trafficanti più attive nel paese sono gestite da somali e pescano tra i migranti presenti, provenienti in grandissima maggioranza dai paesi del Corno e dell’Africa orientale. Secondo stime dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni risalenti al 2017, i migranti presenti in Sud Sudan sarebbero 845mila. Moltissimi di loro sono irregolari.
L’emergere del problema è testimoniato anche dal forum tenutosi a Juba l’anno scorso, in occasione della giornata internazionale delle migrazioni, il 18 dicembre. La discussione si è svolta nel quadro di riferimento del Better migration management programme (Programma per una migliore gestione della migrazione), pure finanziato dal Trust Fund europeo e dalla cooperazione tedesca.
In quell'occasione Edmund Yakani, direttore dell’ong sud sudanese Cepo, ben conosciuta per il suo lavoro di advocacy, ha detto che il traffico di esseri umani è un problema reale in Sud Sudan, ma nessuno ne vuole parlare. E ha aggiunto che è necessario mettere in campo azioni continue ed efficaci per proteggere le persone più vulnerabili che più facilmente potrebbero cadere nelle mani dei trafficanti.
Ma il traffico può essere battuto. E già nel titolo si individua una strada, con ogni probabilità la strada maestra: intercettare i flussi finanziari illegali e con loro i responsabili delle transazioni. Si può pensare che Juba sia un porto particolarmente sicuro per i trafficanti, anche perché nel paese corrono fiumi di denaro frutto di attività illecite.
Basti pensare alla pervasiva corruzione ma anche alla facilità con cui si possono riciclare denari sporchi, investendoli in diversi settori chiave, quale quello immobiliare e del materiale da costruzione, o dell’importazione, più o meno legale, di carburante, tutti saldamente controllati proprio da somali.
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