martedì 30 giugno 2015

Le ragazze di Chibok ora sarebbero spietate carnefici per conto di Boko Haram

 Le 219 ragazze cristiane rapite dai terroristi islamici nigeriani Boko Haram nell'aprile del 2014 dalla scuola di Chibok avrebbero subito "un lavaggio del cervello".

Ora non solo molte di loro combattono a fianco dei miliziani, ma si sono trasformate in autentiche e convinte carnefici, infiggendo punizioni corporali e spingendosi fino ad uccidere. Le punizioni vanno dalle fustigazioni alle ragazze che non sono in grado di recitare il corano, al taglio della gola dei rivali catturati.

Sono affermazioni che sarebbero state fatte da tre donne che sostengono di essere state nello stesso campo di prigionia delle liceali, alcune ragazze, che sono state plagiate psicologicamente, adesso vengono sfruttate dai loro rapitori per "terrorizzare" altri ostaggi, frustarli e persino ucciderli.

Racconti e testimonianze impossibili da verificare soprattutto perché le tre donne non hanno saputo specificare il luogo della loro prigionia, la circostanza del loro rapimento e della loro successiva liberazione.

Due mesi fa sono state liberate quasi 700 donne rapite da Boko Haram, i loro racconti parlavano di abusi sessuali, di violenze fisiche e psicologiche, costrette a leggere il corano, più di duecento erano incinta dei loro stessi rapitori. Plausibile quindi il plagio psicologico sulle ragazze di Chibok, tutte adolescenti giovanissime dai 12 ai 17 anni.
(BBC News)

martedì 23 giugno 2015

Nigeria. Due ragazze "fatte esplodere" in un mercato, 30 morti

Ragazze usate come bombe umane. Maiduguri, quando si sono verificate le esplosioni l'area era affollata. I terroristi Boko Haram hanno rapito centinaia di ragazze, donne e bambine ed è convinzione che molte di loro vengano usate, anche contro la loro volontà, come bombe umane.

I terroristi di Boko Haram continuano gli attacchi tra la folla usando le donne-bomba. Nel pomeriggio di lunedì una doppia esplosione ha causato una trentina di vittime nella città di Maiduguri, nella regione del Borno, Nigeria. Una ripetizione di quanto visto in questi mesi ma con modus operandi crudele, per la polizia gli ordigni delle ragazze sono state attivate a distanza.

È l'ennesimo attentato suicida nella maggiore città dello Stato di Borno, nel nord-est nigeriano. Maiduguri tra l'altro è la località dove si sono formati e hanno cominciato la loro lotta contro il governo centrale i fondamentalisti islamici Boko Haram.

Una prima ragazza è saltata in aria mentre stava attraversando il mercato del pesce che in quel momento era affollato. Il luogo si trova nei pressi di un edificio di culto islamico situato nella vicina Baga Road. La seconda giovane donna invece è esplosa mentre sembrava stesse scappando. Le ragazze vengono costrette ad indossare giubbotti esplosivi o nascondere bombe sotto gli abiti mentre il detonatore viene azionato a distanza da complici.

Rapite. I terroristi Boko Haram hanno rapito centinaia di ragazze, forse duemila, donne e bambine ed è convinzione degli osservatori che molte di loro vengano usate, anche contro la loro volontà, come bombe umane. Un esperto artificiere ha spiegato che molti ordigni e cinture esplosive indossate da ragazze e donne sono controllate da dispositivi fatti esplodere a distanza e non possono in alcun modo essere attivate da chi li ha addosso.

Già nelle scorse settimane le forze di sicurezza hanno ipotizzato che un buon numero di donne kamikaze non siano tali. Probabilmente sono state costrette a indossare le cinture esplosive, quindi qualcuno le ha accompagnate vicino all'obiettivo, di solito stazioni di bus e mercati. Alla fine è stato il loro controllore a provocare la deflagrazione. E questo rientra nella campagna di attentati affidati a ragazze e perfino bambine, sequestrate in villaggi e poi impiegate in un’offensiva senza precedenti. Ragazze due volte vittime di Boko Haram.
(Corriere della Sera)



giovedì 18 giugno 2015

ISIS, ragazza cristiana bruciata viva. Aveva rifiutato "sesso estremo" con miliziano

"Una ragazza cristiana di 20 anni che era stata catturata dai jihadisti del sedicente Stato Islamico (ISIS) è stata bruciata viva per essersi rifiutata di prendere parte a un atto di sesso estremo con l'uomo che l'aveva comprata e resa sua schiava".

È uno degli episodi raccapriccianti raccontati da Zainab Bangura, inviata ONU per i crimini sessuali nelle zone di conflitto, al suo rientro da un viaggio in Siria, Iraq, Turchia, Libano e Giordania, dove ha incontrato testimoni e vittime delle atrocità commesse dall'ISIS nei confronti delle donne siriane e irachene.

"Non ho mai visto niente del genere, ha raccontato sconvolta la Bangura in un'intervista, atti sadici dalla metodologia organizzata a coordinata che l'ISIS usa per violentare, ridurre in schiavitù, costringere alla prostituzione o a matrimoni forzati le ragazze delle minoranze yazide, turkmene e cristiane".

"Quando attacca un villaggio, ha spiegato la diplomatica della Sierra Leone, l'ISIS divide le donne dagli uomini, sceglie le ragazze più giovani, le spoglia, verifica la loro verginità, valuta la dimensione del seno e la bellezza. Quindi stabilisce un prezzo per ognuna di esse".

Le vergini più giovani e carine vengono inviate a Raqqa, roccaforte siriana dell'ISIS, dove vengono vendute. "Tra gli acquirenti c'è una gerarchia, ha spiegato ancora la Bangura, gli sheikh hanno la prima scelta, poi gli emiri, poi i combattenti. Le ragazze vengono vendute, stuprate per qualche mese, poi rivendute a un prezzo che va calando di volta in volta. Mi è stato riferito di una ragazza venduta 22 volte".

Zainab Bangura, ONU
"L'ISIS ha istituzionalizzato la violenza sessuale, che è diventata centrale nella sua ideologia ed è usata come strumento di reclutamento, raccolta di fondi e affermazione della disciplina e dell'ordine. A questa modalità di sfruttamento se ne aggiunge un'altra non meno atroce. Siamo stati informati di genitori che hanno ceduto le loro figlie all'ISIS, soprattutto a Mosul".

Si tratta del jihad del sesso, in cui i corpi delle donne vengono usati per dare un contributo alla campagna dell'ISIS.

"Ho lavorato in paesi come la Bosnia, il Congo, il Sud Sudan, la Somalia e la Repubblica Centrafricana e non ho mai visto niente del genere. Questa inumanità è incomprensibile. Sono sconvolta, non riesco a capire".
(Secolo d'Italia)
"No all'Islam Integralista"


mercoledì 17 giugno 2015

Papa Francesco e l'enciclica "verde". Un manifesto ecologista

Papa Francesco
"Lettera Enciclica Laudato Si del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune". C'è il simbolo papale del Pontefice argentino, il suo motto ("Miserando atque eligendo"), e quasi 200 pagine di testo con tanto di citazioni e note. Un'introduzione, sei capitoli, due preghiere finali.

L'Espresso ieri pomeriggio ha pubblicato anticipatamente una versione integrale dell'Enciclica già battezzata come "verde", ambientalista, di Jorge Mario Bergoglio, tre giorni prima della presentazione ufficiale in Vaticano. Un testo che, al di là di qualche variazione e limatura finale, sarà molto simile a quello definitivo.

Nostra Sorella Terra
"Laudato sì, mì Signore", cantava San Francesco d'Assisi. "In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla.

La distruzione dell'ambiente umano è qualcosa di molto serio. Un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio. San Francesco è l'esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell'ecologia".

Il mio appello
"La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Alcuni assi portanti che attraversano tutta l'Enciclica. Per esempio: l'intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; l'invito a cercare altri modi di intendere l'economia; la grave responsabilità della politica internazionale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita.

Esistono forme di inquinamento che colpiscono quotidianamente le persone. C'è da considerare anche l'inquinamento prodotto dai rifiuti. La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia".

Acqua pulita per tutti
"Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti. L'acqua potabile e pulita rappresenta una questione di primaria importanza, perché è indispensabile per la vita umana e per sostenere gli ecosistemi terrestri e acquatici. In realtà, l'accesso all'acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all'acqua potabile. Ricordiamo, per esempio, quei polmoni del pianeta colmi di biodiversità che sono l'Amazzonia e il bacino fluviale del Congo, o le grandi falde acquifere e i ghiacciai. C'è infatti un vero debito ecologico, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico"

Il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c'è bisogno di costruire leadership che indichino strade. Degna di nota è la debolezza della reazione politica internazionale. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei "vertici mondiali" sull'ambiente. Nel frattempo i poteri economici continuano a giustificare l'attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria.

Custodire la Terra
"Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data. È importante leggere i testi biblici nel loro contesto, e ricordare che essi ci invitano a coltivare e custodire il giardino del mondo. Mentre coltivare significa arare o lavorare un terreno, custodire vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare. La tecnoscienza, ben orientata, è in grado non solo di produrre cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell'essere umano, a partire dagli oggetti di uso domestico fino ai grandi mezzi di trasporto. Tuttavia non possiamo ignorare che l'energia nucleare, la biotecnologia, l'informatica, la conoscenza del nostro stesso Dna e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere"

Ecologia Quotidiana
"È necessario curare gli spazi pubblici. La mancanza di alloggi è grave in molte parti del mondo. La qualità della vita nelle città è legata in larga parte ai trasporti, che sono spesso causa di grandi sofferenze per gli abitanti. Nelle città circolano molte automobili utilizzate da una o due persone, per cui il traffico diventa intenso, si alza il livello d'inquinamento, si consumano enormi quantità di energia non rinnovabile e diventa necessaria la costruzione di più strade e parcheggi, che danneggiano il tessuto urbano. Molti specialisti concordano sulla necessità di dare priorità ai trasporti pubblici. Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia"

Linee di Azione
"Per i Paesi poveri le priorità devono essere lo sradicamento della miseria e lo sviluppo sociale dei loro abitanti; al tempo stesso devono prendere in esame il livello scandaloso di consumo di alcuni settori privilegiati della loro popolazione e contrastare meglio la corruzione. In ogni discussione riguardante un'iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande, per poter discernere se porterà ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà?

Il principio della massimizzazione del profitto è una distorsione concettuale dell'economia. Qual è il posto della politica? Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi"

Cambiare stili di Vita
"Un cambiamento negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. È ciò che accade quando i movimenti dei consumatori riescono a far sì che si smetta di acquistare certi prodotti.

L'educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un'incidenza diretta e importante nella cura per l'ambiente, come evitare l'uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili.

Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. La crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario. Si può aver bisogno di poco e vivere molto"
(la Repubblica)


Laudato Si
(Enciclica Verde di Papa Francesco)
Documento Integrale


martedì 16 giugno 2015

Nuova barbarie di Boko Haram, donne usate come scudi umani

Boko Haram torna a colpire nel nordest della Nigeria. Sono almeno dieci le vittime dell'attacco al villaggio di Babbangida, nello Stato di Yobe, nei pressi della città di Damaturu, dove i miliziani hanno usato le donne come scudo umano contro l'esercito.

L'incursione è avvenuta domenica. "Ci hanno attaccato la mattina e hanno usato le nostre donne per proteggersi durante gli scontri con la polizia". Un altro testimone ha parlato invece di molte vittime durante gli scontri a fuoco tra estremisti e polizia.

La scorsa settimana sono stati tre i villaggi attaccati dai miliziani islamici, che hanno causato la loro distruzione e la morte di 43 persone - leggi -

Dal 2009, Boko Haram ha ucciso in Nigeria più di 15mila persone, e in queste ultime settimane gli estremisti islamici nigeriani hanno ripreso la loro offensiva, in questo fine settimana hanno attaccato per la prima volta anche N'Djamena, la capitale del Ciad, utilizzano in gran numero le donne come kamikaze, a volte perfino bambine.

Il mondo occidentale si è scandalizzato per i morti di Charlie Hebdo, ma non sta facendo nulla per quello che l'Islam integralista fa, quasi quotidianamente, in Nigeria.


venerdì 12 giugno 2015

Zimbabwe. Inflazione alle stelle, ritirata la moneta locale

Lo Zimbabwe passa al dollaro Usa, addio alla banconota da 100 trilioni. Fissato il tasso di cambio, 5 dollari Usa ogni 175 mila quadrilioni di dollari locali. Il paese aveva iniziato a usare divise straniere dal 2008 quando l'iperinflazione, 500 miliardi per cento quell'anno, ha distrutto il potere d'acquisto della moneta nazionale.

Lo Zimbabwe, dopo anni d'indecisione ha deciso di traghettare definitivamente il paese all'uso del dollaro Usa. Tasso di cambio, 5 dollari usa ogni 175 mila quadrilioni dei vecchi Zimbabwean Dollars (ZWD). Harare (la capitale dello Stato), a dire il vero, ha già iniziato da qualche anno a usare nella vita di tutti i giorni quasi solo valute straniere.

Nei negozi si può pagare in sterline, rand sudafricani, pule del Botswana, yuan cinesi e persino in Yen. A fianco di queste monete esotiche, però, è rimasto in circolazione fino ad oggi il povero dollaro dello Zimbabwe, ridotto più o meno a carta straccia da lustri di iperinflazione, con tassi di crescita dei prezzi arrivati ai 500 miliardi per cento del 2008.

Le banconote stampate prima del 2009 saranno cambiate al tasso di uno a 250 trilioni. Numeri più da Paperopoli che da credito moderno. L'istituto creditizio nazionale ha stanziato per l'intera operazione la bellezza di 20 milioni di dollari Usa. Sarà ritirata, quindi dalla circolazione la banconota blu da 100 trilioni di dollari stampata nel 2008, ormai un cult, che ai cambi attuali vale appena qualche centesimo.

Arriva così al capolinea l'epopea dei mitici Zim-Dollars, soldi che valevano nulla. Nel 2008 e dintorni la popolazione dello Zimbabwe, invece del portafoglio, usava sacchetti di plastica strapieni dell'argent de poche per le spese quotidiane e i commercianti aggiornavano al rialzo anche due volte al giorno il prezzo della merce in vendita. Un circolo vizioso che si mangiava a ritmi da videogioco i risparmi locali.

La mossa era attesa ma è rimasta in sospeso da tempo. Gli zimbabwani hanno tempo fino alla fine di settembre per cambiare la loro moneta locale. L'iper-inflazione stava creando grossi problemi alla popolazione. Negozi costretti a fare cambi più volte al giorno, gravi carenze di beni e di cittadini che trasportavano i loro soldi al mercato all'interno di carriole.

Una cifra dice tutto. Guadagnando oggi un dollaro dello Zimbabwe ogni secondo della vita, hanno calcolato i giornali nazionali, sarebbe necessario campare 79.275 anni per mettere assieme un dollaro Usa. E a quell'ora, forse, si sarebbe troppo vecchi per spenderlo.

Nello Zimbabwe è in atto una ferrea dittatura fin dal 1980, anno dell'indipendenza, ininterrottamente governato da un solo uomo, Robert Mugabe ormai novantenne. Quella di Mugabe è una delle famiglie più ricche dell'Africa, sospettata in passato di aver fatto affari con il commercio dei diamanti "sporchi" (insanguinati) della Sierra Leone. Un popolo poverissimo, soggiogato da una famiglia ricchissima .. come troppo spesso accade in Africa.
(BBC News)


Infamia Caschi Blu, sesso in cambio di cibo

ONU, sesso in cambio di cibo, rapporto choc sui caschi blu. I servizi di investigazione interna delle Nazioni Unite rivelano abusi sessuali e ricatti dei peacekeeper sulla popolazione locale. Soprattutto in Congo, Liberia, Haiti e Sud Sudan.

Sesso in cambio di cibo, telefonini, scarpe e profumi. Secondo un rapporto choc dell’ONU condotto dall'OIOS, i servizi di investigazione interna del Palazzo di Vetro, i caschi blu hanno commesso "in modo abituale" abusi nei Paesi in cui sono stati schierati, pretendendo prestazioni sessuali in cambio di denaro o oggetti "lussuosi".

"Le prove emerse in due missioni di peacekeeping dimostrano che le richieste di prestazioni sessuali sono piuttosto comuni ma tenute sotto traccia". Le denunce di abusi sessuali sono 480 in un periodo compreso fra il 2008 e il 2013 e riguardano soprattutto le missioni nella Repubblica Democratica del Congo, in Liberia, Haiti, Sudan e Sud Sudan. Secondo il rapporto, inoltre, un terzo dei casi di sfruttamento e abusi coinvolge minori di 18 anni.

Lo scandalo degli abusi sui minori. Ad Haiti, ad esempio, ben 231 persone, che sono state appositamente intervistate, hanno ammesso di aver avuto "relazioni sessuali" con il personale di peacekeeping in cambio di "gioielli, scarpe, vestiti, biancheria intima, profumi, cellulari, televisioni e, in alcuni casi, laptop". Chi cercava di sottrarsi al commercio veniva ricattato.

A Monrovia (Liberia) un’indagine su 489 donne ha svelato che più di un quarto della popolazione femminile locale ha avuto scambi sessuali con i peacekeepers. Il documento punta il dito anche contro i civili che fanno parte delle missioni Onu. Malgrado rappresentino solo il 17% del personale, risultano coinvolti nel 33% delle accuse. Il rapporto finale, pubblicato lunedì, arriva a circa un mese dallo scandalo dei presunti abusi commessi dai soldati francesi sui minori nella Repubblica Centrafricana, accusati di aver stuprato anche bambini di nove anni.
(Corriere della Sera)

lunedì 8 giugno 2015

Darfur. Un conflitto dimenticato e una crisi umanitaria sempre più profonda

Darfur
L’Irin, l’agenzia specializzata in informazione ed analisi sulle crisi umanitarie, nei giorni scorsi ha portato l’attenzione sul Darfur, dove "il conflitto ha raggiunto livelli mai visti negli ultimi dieci anni, con più di 150.000 persone costrette a lasciare le proprie case solo dall'inizio di quest’anno".

Il conflitto, praticamente oscurato da nuove crisi nella regione (per esempio Sud Sudan), non ha la necessaria attenzione della comunità internazionale, mentre la situazione si fa di giorno in giorno più complessa e grave, a causa dello scatenarsi delle violenza da parte delle milizie governative sudanesi, le Rapid Support Forces, RSF.

Secondo un rapporto di Aristide Nononsi, il nuovo esperto indipendente dell'ONU per il monitoraggio delle violazioni dei diritti umani in Sudan, gli sfollati sono attualmente più di due milioni e mezzo (430.000 nuovi sfollati dall'inizio del 2014), un milione e mezzo dei quali sono bambini, e vivono nella paura di attacchi da parte delle milizie e delle RSF.

Preoccupazioni vengono espresse dalle agenzie specializzate dell'ONU per le condizioni dei bambini, per le difficoltà di accesso alla regione (difficoltà nell'ottenere i necessari permessi governativi e lungaggini burocratiche nel rilascio di permessi di lavoro, limitazioni al lavoro delle ONG anche locali, ecc...) e per la sicurezza alimentare, a causa delle azioni volte a far terra bruciata adottate da numerose milizie para-governative.

Il governo sudanese ostacola l'accesso in Darfur a tutte le organizzazioni umanitarie al fine di nascondere al mondo la vera situazione nella regione. La Corte penale internazionale ha formalizzato le accuse contro il presidente del Sudan per "Crimini di guerra", in particolare per episodi di stupri di massa accaduti lo scorso anno.

Si tratta di un lungo e documentato articolo - leggi - che fa luce su una situazione preoccupante che il governo sudanese non riesce più a nascondere, nonostante tutti gli sforzi fatti per impedire la presenza di testimoni indipendenti al conflitto dopo le accuse della Corte penale internazionale.

Darfur, persecuzioni sui cristiani, stupri, reclutamento di bambini per la guerra e impiccagioniPresentato in Senato il dossier di Italians for Darfur con i dati diffusi dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Trecentomila morti 2,7 milioni di rifugiati interni.

In Darfur "Assistiamo a un aggravamento della violazione dei diritti umani, alle limitazioni della libertà religiosa, alle persecuzioni verso i cristiani, a stupri di massa e al reclutamento di bambini soldato". Lo ha affermato Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, presentando in Commissione Diritti Umani al Senato il rapporto 2014-2015 sulla crisi del Darfur.

Dal rapporto emerge che, a distanza di 12 anni dall'inizio del conflitto in Darfur, che ha lasciato sul campo 300 mila morti e oltre due milioni di sfollati, la crisi nella regione registra nuovi picchi di violenze. Secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) si stima che tra gennaio e agosto 2014, 400 mila persone hanno dovuto lasciare le loro case, 2,7 milioni sono, invece, i rifugiati dall'inizio del conflitto.

Si calcola che in tutto il Sudan siano circa 4 milioni le persone che richiedono assistenza umanitaria. Secondo gli ultimi dati, per la fine del 2015 i nuovi sfollati saranno oltre mezzo milione. Nel 2014 si è registrato un tale incremento di violazioni dei diritti nei confronti dei cristiani da far entrare il Sudan per la prima volta nella "Top Ten" della World Watch List, l'elenco dei 50 Paesi dove la persecuzione verso i cristiani è più intensa, balzando al sesto posto.

"Ma in Sudan, nel 2014, le emergenze, i nuovi conflitti e i casi di violazioni dei diritti umani hanno coinvolto il novero delle popolazioni e delle categorie colpite, oltre ad un aumento di persecuzioni nei confronti dei cristiani, la ripresa delle violenze sessuali su larga scala, tra cui l'episodio più grave a Tabit, nel nord Darfur, dove 221 tra donne, adolescenti e bambine sono state stuprate in poche ore, e il sequestro di bambini-soldato in Sud Sudan, 12 mila da gennaio a dicembre 2014".

"Quando ci si trova a cospetto di tragedie umanitarie e violazioni continue di diritti umani come quelle perpetrate in Sudan appare davvero meschino il dibattito strumentale contro le politiche di accoglienza in Italia e in Europa".

Dossier Darfur 2014-2015 sulla violazione dei diritti umani



venerdì 5 giugno 2015

L'ISTAT pubblica il Rapporto sulla Violenza delle Donne in Italia

Dati sconfortanti. Una donna su 3 subisce violenza. Un'italiana su 5 viene stuprata. Quasi 7 milioni di donne subiscono abusi.

Sono quasi sette milioni (6 milioni 788 mila) le donne in Italia che nella propria vita hanno subito violenze fisiche o sessuali. Preoccupano i dati che emergono dal rapporto "La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia" - Clicca qui -, presentato dall'Istat e da Giovanna Martelli, consigliere del premier in materia di pari opportunità.

Rispetto al passato, però, c’è "una maggiore capacità di prevenire le violenze contro le donne". I dati presentati dall’ISTAT descrivono un fenomeno "ampio e diffuso" e che oggi riguarda anche le più giovani, visto che un’italiana su 10 vittima di violenze ha meno di 16 anni.

"C’è una crescita della coscienza femminile", della prevenzione, del lavoro dei centri anti-violenza, dei media, di un clima sociale mutato verso una maggiore condanna del fenomeno.

La violenza fisica o sessuale riguarda il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni (quasi una su tre)
  • Il 20,2% ha subito violenza fisica,
  • Il 21% violenza sessuale.
  • Il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne stuprate e 746 mila le vittime di tentati stupri.
  • La diffusione della violenza psicologica registra una percentuale pari a oltre il 40%.
Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), mentre quella sessuale più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7% contro 5,1%). Le donne moldave (37,3%), rumene (33,9%) e ucraine (33,2%) subiscono più violenze.

I partner attuali o ex commettono le violenze più gravi. Il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Gli autori di molestie sessuali sono invece degli sconosciuti nella maggior parte dei casi (76,8%).

Una vittima su dieci subisce violenza prima dei 16 anni. Il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Considerando il totale delle violenze subìte da donne con figli, aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3% del dato del 2006 al 65,2% rilevato nel 2014).

Emergono importanti segnali di miglioramento rispetto all'indagine precedente: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all'11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006. Ciò è frutto di una maggiore informazione, del lavoro sul campo, ma soprattutto di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno e di un clima sociale di maggiore condanna della violenza.

Si segnalano però anche elementi negativi. Non si intacca lo zoccolo duro della violenza, gli stupri e i tentati stupri (1,2% sia per il 2006 sia per il 2014). Le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8% del 2006 al 34,5% del 2014).

Anche le violenze da parte dei non partner sono più gravi. 3 milioni 466 mila donne hanno subìto stalking nel corso della vita, il 16,1% delle donne. Di queste, 1 milione 524 mila l'ha subìto dall'ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall'ex partner.
(Fonte ISTAT)

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No alla Violenza sulla Donne



Nigeria. Amnesty International accusa l'esercito per crimini di guerra contro i civili

"Stellette sulle loro spalle, sangue sulle loro mani". Sono gravissime le accuse mosse da Amnesty International all'esercito nigeriano che vanno dalla tortura alle esecuzioni sommarie. Ma soprattutto l'accusa è di aver preso parte, autorizzato o evitato d’impedire la morte di oltre 8.000 (ottomila) persone assassinate, soffocate, torturate o lasciate morire di fame.

Atrocità avvenute in gran parte nelle regioni del nord orientali della Nigeria. In pratica si accusa l'esercito di non aver fatto nulla, in questi anni, per impedire il massacro di civili da parte di Boko Haram.

La popolazione civile è sempre stata tra due fuochi, da un lato Boko Haram con le sue incursioni nei villaggi e la sua striscia di morte, dall'altro l'esercito nigeriano che ha sempre accusato la stessa popolazione di fede islamica di appoggiare, nascondere e favorire le milizie dell'integralismo islamico nigeriano.

In un nuovo rapporto diffuso il 3 giugno, Amnesty International ha chiesto che alcuni alti ufficiali dell'esercito nigeriano siano indagati per aver preso parte, autorizzato o evitato d'impedire la morte di oltre ottomila persone assassinate, soffocate, torturate o lasciate morire di fame.

Esercito nigeriano
Il rapporto, "Stellette sulle loro spalle, sangue sulle loro mani", è basato su anni di ricerche e di analisi delle prove, tra cui documenti e corrispondenza riservata diventati di dominio pubblico ed oltre 400 interviste a vittime, testimoni oculari e alti funzionari delle forze di sicurezza - Download rapporto (inglese) -

Crimini di guerra e contro l'umanità. Il rapporto dell'organizzazione umanitaria elenca una serie di crimini di guerra e contro l'umanità commessi dalle forze armate della Nigeria nel contesto dello scontro contro Boko Haram nel nord-est del paese. Rivela che, dal marzo 2011, oltre 7.000 uomini in giovane età, anche minorenni, sono morti nelle carceri militari e che dal febbraio 2012 più di 1.200 persone sono state uccise in circostanze misteriose.

Vanno trovate le responsabilità individuali. Amnesty International ritiene che, sulla base delle prove fornite nel suo rapporto, sia necessaria un'indagine sulle responsabilità individuali e di quelle connesse alla funzione di comando, che includa anche i comandanti di medio e di alto grado. Il rapporto descrive il ruolo e le possibili responsabilità penali di coloro che fanno parte della catena di comando (fino al comandante generale delle forze armate e al capo di stato maggiore dell'Esercito) e fa i nomi di nove alti ufficiali che dovrebbero essere indagati per responsabilità individuali e di comando.

Lasciati morire in carcere in condizioni orrende. "Queste prove, nauseanti, rivelano come migliaia di giovani uomini e minorenni siano stati arrestati in modo arbitrario e deliberatamente uccisi o lasciati morire in carcere, nelle più orrende delle condizioni. Vi sono forti ragioni per indagare sulle possibili responsabilità penali dei rappresentanti delle forze armate, compresi quelli ai più alti livelli"

Il rapporto non è circoscritto alle singole responsabilità penali, ma chiama in causa la leadership della Nigeria, che deve agire per porre fine al clima d'impunità che domina le forze armate.

Responsabilità individuali di singoli militari accertate e documentate. Amnesty International chiede alla Nigeria di assicurare indagini rapidi, indipendenti ed efficaci sugli ufficiali che nel rapporto sono elencati per nome e cognome, sui quali grava il sospetto di pesanti responsabilità penali individuali o di comando per i crimini di guerra di omicidio, tortura e sparizione forzata.

L'elenco dei vertici del comando militare. Inoltre, Amnesty International chiede alla Nigeria indagini rapide, indipendenti ed efficaci sui alti ufficiali per le loro possibili responsabilità di comando, in relazione a crimini commessi dai loro sottoposti. La responsabilità di comando esiste quando le persone in questione sapevano o avrebbero dovuto essere a conoscenza di crimini di guerra e non hanno preso misure adeguate per impedirli o per assicurare la consegna alla giustizia dei responsabili.

Decessi di massa in carcere. Nel corso della risposta agli attacchi di Boko Haram nel nord-est del paese, dal 2009 le forze armate nigeriane hanno arrestato almeno 20.000 uomini, giovani e minorenni, alcuni dei quali di soli nove anni, spesso sulla base della segnalazione di un unico informatore segreto. La maggior parte di queste persone è stata arrestata nel corso di massicce operazioni di "controllo" o di rastrellamenti di centinaia di uomini. Quasi nessuno degli arrestati è stato condotto di fronte a un giudice e tutti sono stati privati delle salvaguardie fondamentali contro l'omicidio, la tortura e i maltrattamenti.

Senza acqua né cibo in celle sovraffollate. Le persone arrestate dall'esercito sono state trattenute senza poter comunicare con l'esterno, in celle sovraffollate, prive di ventilazione e di servizi igienico-sanitari e con poco cibo e acqua a disposizione. Molti prigionieri sono stati sottoposti a tortura e migliaia di essi sono morti per questo motivo o a causa delle pessime condizioni detentive. "Tutto quello che so è che una volta che sei stato preso dai soldati e portato a Giwa (una base militare), la tua vita è finita", ha denunciato un ex detenuto ad Amnesty International.

Benvenuto nel luogo dove morirai. Un militare di alto grado ha fornito ad Amnesty International l'elenco di 683 detenuti morti in carcere dall'ottobre 2012 al febbraio 2013. L'organizzazione per i diritti umani ha inoltre verificato che nel 2013 oltre 4.700 corpi sono stati trasferiti dalla base militare di Giwa a una camera mortuaria. Solo nel giugno 2013, ne sono arrivati oltre 1.400. Un uomo che ha trascorso quattro mesi in carcere ha descritto come all'arrivo i soldati gli abbiano detto "Benvenuto nella tua camera della morte. Benvenuto nel posto dove morirai". Solo 11 dei 122 uomini arrestati con lui sono sopravvissuti.

Fame, disidratazione e malattie. I ricercatori di Amnesty International hanno potuto vedere corpi emaciati negli obitori. Un ex detenuto di Giwa ha dichiarato che circa 300 persone della sua cella sono morte dopo essere state private dell'acqua per due giorni "A volte bevevamo le nostre urine, ma alla fine non c'era neanche quella".

Le prove fornite da ex detenuti e testimoni oculari sono corroborate dalle fonti militari. Un alto ufficiale ha detto ad Amnesty International che i centri di detenzione non ricevono danaro sufficiente per fornire cibo a tutti e che a Giwa i prigionieri vengono "deliberatamente affamati".

Una fossa comune con 500 corpi. Le malattie, comprese possibili epidemie di colera, sono diffuse. Un agente di polizia assegnato a un centro di detenzione chiamato "La casa del riposo", nella località di Potiskum, ha rivelato ad Amnesty International la sepoltura sommaria di oltre 500 cadaveri "Non li portano in ospedale quando sono ammalati e non li portano all'obitorio quando sono morti".

Come lager nazisti. Alla base militare di Giwa e nel centro di detenzione di Damaturu il sovraffollamento è tale che centinaia di detenuti in ciascuna cella devono fare i turni per dormire o anche per sedere sul pavimento. La base di Giwa, che non è stata progettata come centro di detenzione, e che dalle descrizioni evoca un vero e proprio lager nazista, ha avuto in una sola volta anche 2.000 detenuti. Un ufficiale dell'esercito ha dichiarato ad Amnesty International che "centinaia di persone sono morte in carcere, o uccise dai soldati, oppure morte per soffocamento" nel settore Alfa di Giwa, chiamato "Guantánamo". Amnesty International ha potuto confermare che in un solo giorno, il 19 giugno 2013, 47 detenuti sono morti soffocati.

Sostanze chimiche per abbattere i cattivi odori. Per combattere la diffusione delle malattie e il cattivo odore, le celle vengono regolarmente irrorate di sostanze chimiche che, a causa della scarsa ventilazione, possono causare la morte di molti detenuti. Un militare di stanza a Giwa ha dichiarato ad Amnesty International "Molti presunti membri di Boko Haram sono morti a causa della fumigazione. Spruzzano gli insetticidi che voi usate per uccidere le zanzare. Sono molto potenti e pericolosi".

Le torture. Amnesty International ha ricevuto credibili rapporti e prove filmate sulle torture commesse dai militari durante e dopo gli arresti. Ex detenuti e fonti militari hanno parlato di persone regolarmente torturate a morte, appese a pali sotto i quali viene acceso il fuoco, interrati in fosse profonde o colpiti con manganelli elettrici. Queste conclusioni sono analoghe a quelle cui Amnesty International era giunta in rapporti pubblicati negli anni precedenti.

Esecuzioni extragiudiziali. Oltre 1.200 persone sono state uccise nel nord-est della Nigeria dai militari e dalle milizie loro alleate. Nel peggiore dei casi denunciati da Amnesty International, il 14 marzo 2014 l'esercito ha ucciso oltre 640 persone che erano evase dal centro di detenzione di Giwa a seguito di un attacco di Boko Haram. Molte di queste uccisioni appaiono atti di ritorsione contro gli attacchi di Boko Haram. Un alto ufficiale ha dichiarato ad Amnesty International che si tratta di una prassi comune. I soldati "vanno nel posto più vicino e uccidono tutti i giovani, persone che potrebbero essere innocenti e non armate".

Gli ufficiali non potevano non sapere. Le prove raccolte da Amnesty International mostrano che gli ufficiali dell'esercito erano a conoscenza, o avrebbero dovuto essere a conoscenza, della natura e della dimensione dei crimini in corso. Come si legge nei documenti interni dell'esercito, erano aggiornati sull'alto numero di morti tra i detenuti mediante rapporti quotidiani dal campo, lettere e schede di valutazione provenienti dai comandanti locali e indirizzati al quartier generale della Difesa e a quello dell'Esercito.

L'appello al presidente nigeriano. "Chiediamo al neo-eletto presidente Buhari di porre fine alla cultura dell'impunità che ha rovinato la Nigeria e sollecitiamo l'Unione Africana e la comunità internazionale a sostenere e incoraggiare questo tentativo. È urgente che il presidente lanci un'indagine immediata e imparziale sui crimini descritti nel nostro rapporto e chiami tutti i responsabili a rispondere del loro operato, a prescindere dal grado o dalla posizione. Solo allora potrà esserci giustizia per i morti e i loro parenti".
(Fonte Rapporto Amnesty International)


Video allegato al Rapporto di Amnesty International
(Attenzione, il video contiene scene cruente)

Rapporto Amnesty International (Inglese)