lunedì 29 febbraio 2016

Repubblica Centrafricana, eletto il nuovo presidente ma la stabilità è ancora lontana

La gente in coda ai seggi
Faustin-Archange Touadéra guiderà il Paese dopo l'interim di Catherine Samba Panza, con il 62,71% dei voti contro il 37,29% del rivale. L'appello all’unità a tutte le forze politiche. Ma il mandato parte in salita.

Con il voto al secondo turno delle elezioni presidenziali di sabato 20 febbraio, Faustin-Archange Touadéra è stato scelto per guidare la Repubblica Centrafricana verso un futuro di pace e di stabilità. Impegno che si profila alquanto arduo. Touadéra succede a Catherine Samba Panza dopo due anni di interim, conclusosi con l'annuncio dell'Autorità elettorale nazionale dell’affermazione al ballottaggio del suo successore, con il 62,71% dei voti contro il 37,29% del rivale, Anicet-Georges Dologuélé.

Le "mancanze" di Unione Africana, UE e ONU. Elezioni fortemente volute da Unione Africana, Nazioni Unite e Unione Europea, ma soprattutto dalla Francia, il cui ambasciatore Malinas nei giorni in cui si temeva potessero essere rinviate al 2017 era arrivato al punto di affermare "le faremo comunque entro dicembre". Ma sull'apporto "reale" all'organizzazione della consultazione, se si esclude quello economico, operatori e cooperanti sul terreno hanno espresso profonde critiche.

"A parte il fatto, non trascurabile, di pagarle, non c'è stato un grande coinvolgimento per prepararle e per preparare la gente al voto" è lo sfogo di padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano in Repubblica Centrafricana dal 1982 e capo missione a Bangui "sia il personale dei seggi, ma anche e sopratutto la popolazione, erano impreparati e lo dimostra il fatto che le percentuali dei votanti sono state piuttosto basse. Anche il fatto che il vincitore sia stato annunciato già quando eravamo sui 200.000 voti scrutinati è emblematico"

Il vero vincitore di queste elezioni è stato il popolo. "Non è arrivata nessuna autocritica da chi doveva organizzare il voto e nessuna lettura seria del cammino e dei risultati è stata fatta finora. Il vero vincitore delle elezioni sono stati i votanti stessi, che hanno dimostrato molta serietà e dignità al momento del voto, e anche dopo. Scelte per niente scontate, che hanno premiato candidati piuttosto moderati ed eliminato grandi favoriti come Ziguele e accettazione dei risultati sono segno di maturità e di un certo senso della memoria che ha portato alla condanna di candidati non credibili e implicati con i vari pasticci del passato. Significativa la scelta, almeno in alcuni centri, dei candidati locali come deputati invece dei soliti papaveri arrivati da Bangui, che poi non si fanno più vedere per tutta la legislatura"

Il neo Presidente Touadéra
mentre vota nel suo seggio a Bangui
L’appello di Touadéra all'unità nazionale. Forse anche per questo, nella sua prima dichiarazione pubblica, Touadéra ha tenuto un profilo basso, nonostante la netta affermazione contro l’altro ex premier Dologuelé. Il neo eletto presidente, ultimo primo ministro del regime di François Bozizé rovesciato nel 2013 dai ribelli Seleka, ha annunciato che "è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche"

Per risollevare il paese, profondamente lacerato da tre anni di guerra civile. Non sarà facile "collaborare", o quanto meno mantenere gli equilibri, con le varie componenti politiche del Paese alle quali il neo-presidente ha rivolto un appello per l'unità nazionale.

Le violenze e gli scontri tra Seleka e anti-Balaka. Gli strascichi del golpe che ha deposto il presidente Bozizé, e di quella che si è sviluppata come una vera e propria guerra nel nome dell’Islam tra i musulmani giunti al potere con la forza e gli anti-Balaka, cristiani che si sono armati per rispondere alle violenze seguite al colpo di stato, hanno messo in ginocchio il Paese.

La situazione si è ulteriormente aggravata da quando è stata disciolta la milizia che aveva favorito la caduta di Bozizé, composta per lo più da criminali comuni e mercenari provenienti da Ciad e Sudan, protagonista di razzie ai danni della popolazione. E l’escalation di violenze, stupri ed esecuzioni sommarie di cui si sono rese responsabili entrambe le parti in conflitto, non sembra destinata ad essere interrotta dal nuovo corso presidenziale.

Un voto pacifico, democratico e libero. Eppure il voto di due mesi prima, che si era svolto in modo pacifico, era sembrato "un miracolo", come era stato definito dal capo della missione ONU (MINUSCA) dispiegata nella Repubblica Centrafricana, il generale senegalese Balla Keita. Elezioni presidenziali e legislative tra le più attese nel continente africano.

ll Paese ha dimostrato di essere pronto ad avviare un vero processo di democratizzazione. Una svolta importante, che si spera segni la fine di anni di terrore e di distruzione che hanno lasciato la Repubblica Centrafricana, già tra le realtà più povere del mondo, in una profonda crisi.

L’inchiesta della Corte penale internazionale. Sui crimini compiuti da entrambe le parti è stata avviata un'inchiesta della Corte Penale Internazionale dell'Aja, anticipata da un report di Amnesty International che non lasciava adito a dubbi, nel paese è stata compiuta una vera e propria pulizia etnica. Ed è ancora in corso. Nelle ultime settimana almeno venti civili sono stati uccisi da milizie musulmane, a Bangui e nelle aree circostanti, e decine di migliaia costretti alla fuga.

La spirale di attacchi e di omicidi inter-religiosi sono stati innescati da anni di abusi contro i cristiani, perpetrati impunemente dalla maggioranza etnica mussulmana dei Seleka. La reazione della parte avversa è stata di pari violenza. Sono stati presi d'assalto quartieri della capitale e sobborghi abitati da islamici, provocando un esodo che conta centinaia di migliaia di sfollati. Non sono mancati linciaggi e saccheggi che neanche i caschi blu sono riusciti a controllare.

La situazione umanitaria è al collasso. Se la situazione geopolitica appare ancora instabile, quella umanitaria è già al tracollo irreversibile. Soprattutto nell’entroterra, lontano dalla capitale. Gli sfollati e i bisognosi sono per lo più donne e bambini che hanno lasciato ogni cosa per fuggire e mettersi in salvo. Nonostante le ONG impegnate sul campo abbiano potenziato il personale, continuano a sussistere grandi difficoltà per l'aumento costante della richiesta di aiuto, in primis di distribuzione di alimenti e farmaci salva vita, oltre che di tende, sia nei centri di transito che in quelli stabili gestiti dall'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati in collaborazione con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, il Programma alimentare mondiale e altre organizzazioni non governative.
(la Repubblica)


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