lunedì 29 febbraio 2016

Repubblica Centrafricana, eletto il nuovo presidente ma la stabilità è ancora lontana

La gente in coda ai seggi
Faustin-Archange Touadéra guiderà il Paese dopo l'interim di Catherine Samba Panza, con il 62,71% dei voti contro il 37,29% del rivale. L'appello all’unità a tutte le forze politiche. Ma il mandato parte in salita.

Con il voto al secondo turno delle elezioni presidenziali di sabato 20 febbraio, Faustin-Archange Touadéra è stato scelto per guidare la Repubblica Centrafricana verso un futuro di pace e di stabilità. Impegno che si profila alquanto arduo. Touadéra succede a Catherine Samba Panza dopo due anni di interim, conclusosi con l'annuncio dell'Autorità elettorale nazionale dell’affermazione al ballottaggio del suo successore, con il 62,71% dei voti contro il 37,29% del rivale, Anicet-Georges Dologuélé.

Le "mancanze" di Unione Africana, UE e ONU. Elezioni fortemente volute da Unione Africana, Nazioni Unite e Unione Europea, ma soprattutto dalla Francia, il cui ambasciatore Malinas nei giorni in cui si temeva potessero essere rinviate al 2017 era arrivato al punto di affermare "le faremo comunque entro dicembre". Ma sull'apporto "reale" all'organizzazione della consultazione, se si esclude quello economico, operatori e cooperanti sul terreno hanno espresso profonde critiche.

"A parte il fatto, non trascurabile, di pagarle, non c'è stato un grande coinvolgimento per prepararle e per preparare la gente al voto" è lo sfogo di padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano in Repubblica Centrafricana dal 1982 e capo missione a Bangui "sia il personale dei seggi, ma anche e sopratutto la popolazione, erano impreparati e lo dimostra il fatto che le percentuali dei votanti sono state piuttosto basse. Anche il fatto che il vincitore sia stato annunciato già quando eravamo sui 200.000 voti scrutinati è emblematico"

Il vero vincitore di queste elezioni è stato il popolo. "Non è arrivata nessuna autocritica da chi doveva organizzare il voto e nessuna lettura seria del cammino e dei risultati è stata fatta finora. Il vero vincitore delle elezioni sono stati i votanti stessi, che hanno dimostrato molta serietà e dignità al momento del voto, e anche dopo. Scelte per niente scontate, che hanno premiato candidati piuttosto moderati ed eliminato grandi favoriti come Ziguele e accettazione dei risultati sono segno di maturità e di un certo senso della memoria che ha portato alla condanna di candidati non credibili e implicati con i vari pasticci del passato. Significativa la scelta, almeno in alcuni centri, dei candidati locali come deputati invece dei soliti papaveri arrivati da Bangui, che poi non si fanno più vedere per tutta la legislatura"

Il neo Presidente Touadéra
mentre vota nel suo seggio a Bangui
L’appello di Touadéra all'unità nazionale. Forse anche per questo, nella sua prima dichiarazione pubblica, Touadéra ha tenuto un profilo basso, nonostante la netta affermazione contro l’altro ex premier Dologuelé. Il neo eletto presidente, ultimo primo ministro del regime di François Bozizé rovesciato nel 2013 dai ribelli Seleka, ha annunciato che "è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche"

Per risollevare il paese, profondamente lacerato da tre anni di guerra civile. Non sarà facile "collaborare", o quanto meno mantenere gli equilibri, con le varie componenti politiche del Paese alle quali il neo-presidente ha rivolto un appello per l'unità nazionale.

Le violenze e gli scontri tra Seleka e anti-Balaka. Gli strascichi del golpe che ha deposto il presidente Bozizé, e di quella che si è sviluppata come una vera e propria guerra nel nome dell’Islam tra i musulmani giunti al potere con la forza e gli anti-Balaka, cristiani che si sono armati per rispondere alle violenze seguite al colpo di stato, hanno messo in ginocchio il Paese.

La situazione si è ulteriormente aggravata da quando è stata disciolta la milizia che aveva favorito la caduta di Bozizé, composta per lo più da criminali comuni e mercenari provenienti da Ciad e Sudan, protagonista di razzie ai danni della popolazione. E l’escalation di violenze, stupri ed esecuzioni sommarie di cui si sono rese responsabili entrambe le parti in conflitto, non sembra destinata ad essere interrotta dal nuovo corso presidenziale.

Un voto pacifico, democratico e libero. Eppure il voto di due mesi prima, che si era svolto in modo pacifico, era sembrato "un miracolo", come era stato definito dal capo della missione ONU (MINUSCA) dispiegata nella Repubblica Centrafricana, il generale senegalese Balla Keita. Elezioni presidenziali e legislative tra le più attese nel continente africano.

ll Paese ha dimostrato di essere pronto ad avviare un vero processo di democratizzazione. Una svolta importante, che si spera segni la fine di anni di terrore e di distruzione che hanno lasciato la Repubblica Centrafricana, già tra le realtà più povere del mondo, in una profonda crisi.

L’inchiesta della Corte penale internazionale. Sui crimini compiuti da entrambe le parti è stata avviata un'inchiesta della Corte Penale Internazionale dell'Aja, anticipata da un report di Amnesty International che non lasciava adito a dubbi, nel paese è stata compiuta una vera e propria pulizia etnica. Ed è ancora in corso. Nelle ultime settimana almeno venti civili sono stati uccisi da milizie musulmane, a Bangui e nelle aree circostanti, e decine di migliaia costretti alla fuga.

La spirale di attacchi e di omicidi inter-religiosi sono stati innescati da anni di abusi contro i cristiani, perpetrati impunemente dalla maggioranza etnica mussulmana dei Seleka. La reazione della parte avversa è stata di pari violenza. Sono stati presi d'assalto quartieri della capitale e sobborghi abitati da islamici, provocando un esodo che conta centinaia di migliaia di sfollati. Non sono mancati linciaggi e saccheggi che neanche i caschi blu sono riusciti a controllare.

La situazione umanitaria è al collasso. Se la situazione geopolitica appare ancora instabile, quella umanitaria è già al tracollo irreversibile. Soprattutto nell’entroterra, lontano dalla capitale. Gli sfollati e i bisognosi sono per lo più donne e bambini che hanno lasciato ogni cosa per fuggire e mettersi in salvo. Nonostante le ONG impegnate sul campo abbiano potenziato il personale, continuano a sussistere grandi difficoltà per l'aumento costante della richiesta di aiuto, in primis di distribuzione di alimenti e farmaci salva vita, oltre che di tende, sia nei centri di transito che in quelli stabili gestiti dall'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati in collaborazione con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, il Programma alimentare mondiale e altre organizzazioni non governative.
(la Repubblica)


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lunedì 22 febbraio 2016

Nigeria e l'orrore delle "fabbriche di bambini", dallo stupro alla vendita

Centinaia, forse migliaia di ragazze rapite nei villaggi vengono segregate e violentate al fine di far nascere bambini che verranno venduti sul mercato illegale delle adozioni.

Le notizie di orrori sparsi nelle varie parti del mondo sembrano non finire mai. In Nigeria le chiamano fabbriche di bambini, e sono sotto il controllo di criminali locali, mafia nigeriana, e delle stesse bande di Boko Haram. Donne e ragazze, spesso rapite nelle campagne, o durante gli assalti ai villaggi, vengono stuprate, messe incinta e tenute prigioniere fino al momento in cui partoriscono, con l’intento di poter poi rivendere i loro figli.

Una pratica abominevole, l’ultima frontiera dello sfruttamento sessuale che sta venendo alla luce in questi mesi. Un altro dei tanti problemi che affliggono questo paese africano (il mio paese di origine). Un traffico orribile che vede, quasi certamente, la "strana alleanza" tra Boko Haram che rapisce le ragazze nei villaggi e poi le "rivende" ai trafficanti della mafia nigeriana per essere portate in Europa come schiave sessuali o, a seconda delle necessità, per partorire bambini da "vendere".

La schiavitù procreativa della baby factory. Il fenomeno è purtroppo così diffuso che ha perfino un nome, "schiavitù procreativa", ed è così redditizio da essere in mano ad organizzazioni criminali che operano su due filoni, da una parte spediscono all'estero come pacchi postali ragazze nigeriane per essere utilizzate illegalmente per maternità surrogate (utero in affitto), dall'altra le costringono in patria a gravidanze forzate dopo essere state violentate, con li proposito di alimentare un mercato di neonati.

Bambini messi in vendita come merce qualsiasi ad un prezzo che parte dai 4.000 e che può superare i 10.000 euro.

L'associazione Steadfast onlus, operativa in Nigeria da tempo, spiega chi sono gli acquirenti che si macchiano di questo reato "Sono sia persone che vengono dall'occidente che hanno problematiche per quanto riguarda la sterilità, quindi sia coppie etero ma anche coppie omosessuali, l’altra metà sono nigeriani, persone ricche che utilizzano questi metodi. Il maschio con una moglie sterile stupra una di queste ragazze rapite dai villaggi per poter mettere al mondo poi un bambino"

Tra il 2014 e il 2015 sono state scoperte in Nigeria una ventina di fabbriche di bambini, in genere ex-orfanotrofi dove le ragazze vengono segregate. In uno di questi, scoperto recentemente, sono state trovate 32 ragazze, ovviamente tutte incinte. Gran parte del commercio è condotto localmente in Nigeria, ma la polizia sospetta che i bambini siano stati venduti in Europa e negli Stati Uniti.

L'Europa ha le sue colpe. Molti paesi continuano ad adottare bambini dalla Nigeria. Dal 2008 sono migliaia i bambini adottati in Europa. Costoro di solito avevano esigenze particolari e molto probabilmente non provengono dalle fabbriche di bambini, ma il fenomeno è ben noto. Le agenzie di adozione internazionali (anche in buona fede) sostengono che i bambini, i loro genitori e l'intero processo di adozione sono presidiate e garantite dal governo nigeriano. Ma in Nigeria non ci sono tali garanzie, perché gli apparati governativi sono corruttibili, spesso corrotti, per cui il mercato potrebbe essere alimentato illegalmente.

C’è però un altro orrore nell'orrore di questa schiavitù sessuale a base di stupri veri e propri. Oltre a vendere i neonati a coppie senza figli, ci sono alcune segnalazioni di organizzazioni umanitarie, che denunciano l'uso di bambini, provenienti da questo mercato illegale, per rituali magici.

domenica 21 febbraio 2016

Roma. Ragazza nigeriana vittima del racket costretta ad abortire, sette arresti

Costretta ad abortire con un cocktail di farmaci e alcool perché rimasta incinta di un cliente. È una delle storie emerse dalle indagini della Squadra Mobile della Questura di Roma che hanno consentito di smantellare una complessa organizzazione criminale attiva nello sfruttamento della prostituzione di giovani donne fatte giungere appositamente in Italia attraverso la rotta Nigeria-Libia-Sicilia.

Le ragazze costrette a prostituirsi al Flaminio e sulla TogliattiSette ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state eseguite dalla Polizia di Stato in seguito a un'indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma. Si tratta di sette nigeriani responsabili a vario titolo dei reati di associazione a delinquere finalizzata al reclutamento, all'induzione ed allo sfruttamento della prostituzione, anche minorile, nonché procurato aborto in persona non consenziente e rapina.

Le indagini hanno consentito di smantellare una complessa organizzazione criminale attiva nello sfruttamento della prostituzione di giovani donne nigeriane.

Alla ragazza costretta ad abortire con un cocktail di farmaci e alcool perché rimasta incinta di un cliente, le era stata offerta la possibilità, da parte di una donna nigeriana a capo del sodalizio criminoso (la sua mamam), di raggiungere Roma per trovare lavoro.

Sottoposta al rituale woodoo. Alcune migliaia di euro che la ragazza, ma questo probabilmente lo ha saputo dopo, avrebbe dovuto restituire prostituendosi. La partenza dalla Nigeria è stata preceduta da riti woodoo ai quali la giovane è stata sottoposta proprio dai parenti non solo per essere vincolata a chi la portava in Italia, per metterla in soggezione e costringerla a onorare il debito, ma anche perché se non lo avesse pagato la sua maman sarebbe diventata anche, come vuole la credenza, padrona della sua anima.

Il viaggio della speranza e lo sbarco a Lampedusa. La giovane è stata così portata sulle coste libiche dopo aver attraversato il deserto. Ospitata in una "connection house", un appartamento dove con altre ragazze del suo paese, dove ha atteso, controllata dai trafficanti di esseri umani, il momento giusto per salpare per Lampedusa "con settanta persone" come ha poi raccontato alla polizia.

La rotta dei disperati, costellata di tragedie, che per la ragazza era l’unico modo per arrivare in Italia. Dopo l’approdo, la giovane è stata portata a Roma da altri emissari della stessa organizzazione e segregata nell'appartamento della maman.


L'inizio di un altro incubo, anche perché la ragazza si sarebbe liberata di lei solo saldando i suoi debiti. Un’impresa pressoché impossibile. Una volta giunta a Roma la giovane nigeriana è stata sistemata in un appartamento di viale Alessandrino, costretta a prostituirsi dalla sua mamam, la stessa che le aveva proposto il viaggio a Roma, attraverso varie minacce, ricordandole il rito woodoo alla quale era stata sottoposta nel suo paese d’origine.

Nel corso delle indagini, si è accertato come la sfruttatrice aveva costretto la vittima ad abortire con un cocktail di farmaci e alcool dopo che era rimasta accidentalmente incinta di un cliente.

La ragazza nonostante stesse molto male era stata poi costretta a ritornare subito in strada, il suo stato di salute è stato fortunatamente notato da alcuni passanti che hanno fatto intervenire il 118, ricoverata al Policlinico Tor Vergata dove ha ricevuto le prime cure, e dove i sanitari hanno segnalato il caso alle forze dell'ordine.

Sconvolta da tutto quello che le era successo, e in ultimo anche dall'aborto clandestino e il ricovero al Policlinico di Tor Vergata, la ragazza ha quindi deciso di raccontare tutto alla polizia che ha poi arrestato i sette nigeriani che ora sono in carcere.

Le indagini hanno quindi portato ad individuare un'altra decine di ragazze sfruttate che venivano costrette a prostituirsi nella zona nord dell’hinterland romano, lungo le strade consolari Salaria, Flaminia e sulla via Palmiro Togliatti.
(Corriere della Sera)

sabato 20 febbraio 2016

Crimini Isis e Boko Haram, secondo il Parlamento Europeo sono un "Genocidio"

Il Parlamento Europeo ha approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno che definisce "Genocidio" i crimini commessi contro le minoranze cristiane e yazide, e altre minoranze religiose dall'Isis in Medio oriente, da Boko Haram in Nigeria e da altri gruppi estremisti islamici.

L'Unione Europa sta muovendo dei passi decisivi per porre un freno ai massacri perpetrati dai gruppi jihadisti nel mondo, tramite azioni mirate a modificare stabilmente l’assetto legislativo internazionale in materia. Gli abusi e le persecuzioni protratti dall’Isis e da Boko Haram contro i cristiani e altre minoranze religiose sono stati riconosciuti dal Parlamento Europeo come "Genocidio".

Lo scorso 4 febbraio, gli europarlamentari hanno ratificato la risoluzione 2016/2529 dal titolo "Sullo sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte dell’Isis", che invita i principali soggetti giuridici mondiali a fornire protezione militare e assistenza ai gruppi particolarmente vulnerabili nel mirino di tutte organizzazioni estremiste islamiche nel mondo.

Il provvedimento è il risultato di una serie di azioni legislative congiunte, adottate da alcuni anni a seguito dei fenomeni terroristici, che fanno tutte capo alla Convenzione delle Nazioni Unite del 9 dicembre 1948 (Diritti Umani) per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio.

Notevole il numero di istituzioni a cui il Parlamento ha indirizzato la risoluzione: il Consiglio e la Commissione UE, l’Alto Rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, il Rappresentante speciale dell’UE per i Diritti Umani, il Segretario generale e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il governo e il Consiglio dei rappresentanti di Iraq e Siria, il governo regionale del Kurdistan, le istituzioni dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC), il Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (GCC), il parlamento e il presidente della Nigeria.

La deliberazione ha sottolineato che chiunque commetta o supporti atti di violenza e atrocità per ragioni etniche o religiose, dovrà essere giudicato e condannato per violazione della legislazione internazionale, specialmente i crimini di guerra e i delitti contro l’umanità come appunto il genocidio.

Ai sensi del diritto internazionale, ogni individuo ha il diritto di vivere secondo la propria coscienza e di poter esprimere liberamente le proprie convinzioni religiose e non religiose. Per tale ragione, i leader politici e religiosi hanno il dovere di contrastare a tutti i livelli l’estremismo e promuovere il rispetto reciproco tra individui e gruppi religiosi.

L’intento più lungimirante di questa "delibera" consiste nel voler uniformare i sistemi giuridici nazionali, in particolare negli Stati membri dell’UE, così da impedire per legge a chiunque di partire per arruolarsi all’Isis o in altre organizzazioni terroristiche. Il testo della risoluzione del Parlamento chiede inoltre alla Commissione di nominare un Rappresentante europeo permanente per la libertà di religione e di credo.

"È una decisione storica. I parlamentari eletti nei 28 stati membri, che rappresentano più di 500 milioni di abitanti, hanno inviato un chiaro segnale agli Stati membri, alla Commissione europea e alla comunità internazionale per agire in conformità con il principio della responsabilità di protezione"

Da un punto di vista strettamente valoriale di matrice europea, si tratta di una decisione mirata a favorire il ripristino della dignità di milioni di persone colpite dai crimini barbarici dell’estremismo islamico. "È inoltre significativo come per la prima volta nella storia il Parlamento europeo abbia riconosciuto un genocidio attualmente in corso"

"Dobbiamo aiutare concretamente le minoranze religiose. Se non agiamo subito, entro il 2020 non ci saranno più cristiani né in Iraq, né in Siria, né in Nigeria"


giovedì 18 febbraio 2016

Repubblica Centrafricana, troppi bambini positivi all'AIDS

La Repubblica Centrafricana, dopo tre anni di guerra civile sta attraversando un periodo di transizione politica che dovrebbe portare il paese verso la definitiva pacificazione e l'elezione del nuovo Parlamento. Secondo turno svoltesi proprio lo scorso fine settimana e in attesa dei risultati definitivi.

La guerra civile ha però lasciato un disastro economico senza precedenti, centinaia di migliaia di profughi, bambini soldato, un quarto della popolazione ridotta alla fame, sistema sanitario e scolastico allo sfascio .. e adesso si scopre che c'è anche un alto numero di bambini positivi all'HIV, spesso il risultato di stupri e violenze, ma anche di ignoranza e povertà.

Nell'ospedale pediatrico di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, sono registrati più di millesettecento minori e neonati, risultati positivi al test dell’HIV-AIDS.

Cyriaque Simplice Kango, medico dell’ospedale, ha ammesso che solo ottocento di loro vengono trattati con antiretrovirali. "Dobbiamo assolutamente puntare sulla prevenzione della trasmissione dell’HIV tra bambino e genitore. È necessario che le donne facciano dei controlli regolari ancora prima di restare incinta, durante la gravidanze e durante il parto". Il medico ha invitato i genitori a proteggere meglio i propri figli e ha sottolineato che tutte le future mamme, qualora risultassero sieropositive, saranno trattate con antiretrovirali. "Purtroppo molti genitori rifiutano di sottoporsi al test"

Ovviamente è assai difficile sapere al momento attuale quanti siano i bambini sieropositivi in tutto il territorio della ex-colonia francese, vista la terribile situazione di insicurezza che si è venuta a creare da quasi tre anni a causa della guerra civile.

Le bande armate (Séléka, prevalentemente musulmani e Anti-Balaka, per lo più cristiani e animisti) spadroneggiano ancora nel Paese. Si spera che con il risultato delle elezioni si possa finalmente voltare pagina, anche se ci vorrà del tempo per ritrovare una stabilità. Su una popolazione di 4,7 milioni di abitanti, oltre 900.000 persone (tra sfollati e rifugiati) hanno dovuto lasciare le loro case. Più di cinquemila persone hanno perso la vita nei quasi tre anni di guerra civile.

La situazione umanitaria in tutto la nazione è precaria. Il prolungarsi del conflitto ha ridotto buona parte della popolazione alla povertà estrema. Secondo un rapporto rilasciato solo pochi giorni fa dal Programma Alimentare Mondiale (PAM) 2,5 milioni di centrafricani soffrono la fame. Il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, ha voluto fortemente una massiccia presenza di caschi blu (MINUSCA) per riportare lo Stato di diritto, porre fine alle impunità, proteggere la popolazione, disarmare le bande. Malauguratamente alcuni i Caschi Blu non si sono evidenziati per fatti eroici, ma alcuni di loro anche per violenze su minori.




martedì 16 febbraio 2016

L'inferno delle bambine nigeriane schiave in Basilicata. Alcune sono scomparse

I burattinai del traffico di esseri umani sarebbero entrati in azione in Puglia e, almeno in un paio di casi, anche in Basilicata. In Puglia le ragazze (anche minorenni) sono state messe in salvo, mentre in Basilicata sarebbero state lasciate nelle mani dei loro aguzzini e ora sono scomparse.

I burattinai del traffico di bambine nigeriane sarebbero entrati in azione in Puglia e, almeno in un paio di casi, anche in Basilicata. Con la differenza che, stando alla testimonianze raccolte, le prime sono state fortunate, sono state messe in salvo, mentre le seconde sarebbero state lasciate nelle mani dei loro aguzzini e trascinate via, avviate alla prostituzione. Probabilmente in Campania, nella zona di Castel Volturno, nel Casertano di Gomorra, quella dei Casalesi.

Task force immigrazione regionale della Basilicata. Pietro Simonetti è contento dei risultati ottenuti sul territorio, del livello di integrazione dei migranti minorenni, e della cooperazione tra le autorità e gli operatori. Ma c’è una cosa che lo tormenta, in almeno un caso, forse due, il "sistema ha fallito".

"Da noi, in Basilicata, non c’è la sensazione che ci sia tratta di migranti minori. Da noi c’è generalmente una situazione di maggiore controllo. E i richiedenti asilo minori sono accolti molto bene, si integrano. Però mi risultano anche casi di ragazze nigeriane in cui forse anche i viaggi sono stati finalizzati per farle arrivare qui e poi avviarle alla prostituzione"

In particolare salta all'occhio la storia di una minorenne nigeriana che, affidata a una comunità lucana sarebbe poi stata "strappata" da lì e avviata alla prostituzione. "La cosa è stata portata a conoscenza da parte della società di gestione del centro di accoglienza a un tavolo istituzionale, e lei aveva chiesto aiuto, ma gli organi competenti hanno richiesto la denuncia da parte della ragazza, ma lei non l’ha fatto, perché non può denunciare altrimenti mette nei guai i familiari, magari le uccidono la madre, in Nigeria"

Un altro caso in cui le autorità di polizia "pretendono" la denuncia delle ragazze. Non le salvano solo perché una legge "razzista" (Bossi-Fini) pretende la denuncia delle ragazze. Una burocrazia che non salva, ma schiavizza.

Così i criminali aspettano fuori dalle strutture di accoglienza le ragazzine, le rapiscono o le convincono a seguirli con le buone o con le cattive. Come è successo nel caso in Basilicata. La mafia nigeriana sa già dove vanno a finire le ragazzine dopo il loro arrivo in Italia, e poi le aspettano fuori dai centri di accoglienza. Queste bambine hanno un debito da pagare.

In termini generali i minorenni stranieri spariscono ovunque non solo in Puglia o in Basilicata. La Commissione UE parla di 10.000 minori che si sono resi irreperibili in Italia. In Puglia la media è sempre di uno su tre che scompare. Ma il Ministero non dà più dati sugli irreperibili. Il dato è fermo dal dicembre 2015, ma il fenomeno ha caratteristiche di cronicità soprattutto per alcuni gruppi etnici, come appunto le nigeriane, e gli eritrei.
(fonte "La Gazzetta del Mezzogiorno")
Mafia nigeriana marcirai all'inferno
"Non ti darò tregua"

Le Ragazze di Benin City



martedì 9 febbraio 2016

Brescia, baby squillo di 15 anni in vendita a 10 euro. Contatti su Facebook

L’inchiesta nasce dalla denuncia di una madre, cinque compagne di classe di Brescia si prostituivano con uomini di tutto il nord Italia. I contattati avvenivano grazie a profili facebook falsi.

La 15enne ha lasciato gli agenti della polizia provinciale di Brescia senza parole. Non ha negato, anzi, ha confessato tutto in modo disinibito. Come se fosse naturale. "Se magari volevo un paio di jeans nuovi mi proponevo al primo che mi metteva gli occhi addosso. Ero sempre pronta a un rapporto sessuale"

Un nuovo caso di degrado giovanile scuote la provincia di Brescia. Protagoniste cinque ragazzine tra i 15 e i 16 anni cresciute in contesti senza alcun problema economico. Compagne di scuola, amiche di vita, ed infine "baby squillo" per pagarsi l'aperitivo o l'uscita del sabato sera.

Si vendevano a uomini anche di altre province del nord Italia per dieci, venti, trenta euro a seconda della prestazione sessuale richiesta. Non solo, per incrementare il fatturato le ragazzine si prostituivano in cambio di ricariche telefoniche da cinque euro anche ai compagni di scuola, un istituto professionale della città.

Le ragazze tenevano i contatti con i clienti via Facebook. Tutto è partito da una madre che, insospettita dai rientri a notte fonda della figlia, in due casi accompagnata da un 70enne (che sembra uscirne pulito), si è informata sulle prestazioni scolastiche.

In classe la giovane ci andava pochissimo e la mamma, con sospetti sempre più forti, si è rivolta alla Polizia Provinciale di Brescia "Credo che mia figlia si prostituisca". Gli agenti hanno ricostruito l'intera vicenda con non poche difficoltà, All'inizio le cinque baby squillo si servivano di un 30enne bresciano come intermediario, poi avevano iniziato a gestire da sole il proprio giro.

Non usavano le normali chiamate del telefono ma contattavano i clienti con profili falsi creati ad hoc su facebook. il giro arrivava fino a Bergamo, Mantova, Torino e Milano, gli incontri si tenevano sopratutto nei parcheggi del centro commerciale Freccia Rossa di Brescia.

lunedì 8 febbraio 2016

Etiopia nella morsa della siccità, una tragedia umanitaria senza precedenti

Emergenza umanitaria in Etiopia, una tragedia dalle proporzioni bibliche. Il Corno d’Africa di nuovo nella morsa della siccità sia per la mutazione di El Niño che a causa dell'uomo. 10 milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti, ma di rifugiati ambientali e di fame il mondo non vuole più saperne.

Sarebbero oltre 10 milioni le persone che hanno urgente bisogno di aiuti internazionali in conseguenza della siccità che ha colpito l’Etiopia, ma anche le nazioni vicine come parte della Somalia e del Kenya. "Al momento stiamo cercando di assicurarci che nessuno perda la vita"

Il responsabile etiope per gli aiuti umanitari ha calcolato nell'equivalente di ben 200 milioni di dollari l’ammontare delle risorse messe sino ad ora a disposizione dal governo etiope per far fronte all'emergenza. Ma evidentemente questa cifra non basta comparata alla gravità del problema e le autorità locali lanciano un appello alla comunità internazionale affinché si possano raggiungere le popolazioni a rischio immediato.

La situazione si presenta dunque come una vera e propria tragedia di proporzioni bibliche, dovuta ad una serie di concause tra il locale, lo sfruttamento intensivo delle falde acquifere per l’agricoltura intensiva, e quella globali, i tanto citati cambiamenti climatici. All'emergenza ha contribuito il fenomeno di El Niño, o meglio la sua mutazione a causa delle manomissioni antropiche, legate al riscaldarsi delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico.

Una delle conseguenze immediate, la più grave da affrontare subito, è la scarsità di acqua e cibo. Il bestiame sta morendo, perché non trova più pascolo, la siccità ha progressivamente consumato quel poco di terreno utile e le masse rurali che vivono ancora prevalentemente di pastorizia cominciano anche a fare i conti con una produzione alimentare dimezzata.

A causa di questo, e delle odiose manovre speculative locali che sempre accompagnano queste situazioni, il prezzo dei prodotti di base come il riso e il mais ha raggiunto livelli record in alcune zone. In Somalia, ad esempio, il costo del sorgo è salito del 240% rispetto allo scorso anno.

Nel breve periodo questo significa un aumento dei tassi di malnutrizione, gli indicatori sono già allarmanti, superano del 15% quelli che le Nazioni Unite considerano già emergenza umanitaria, nelle regioni di Turkana, in Kenya, adesso la malnutrizione colpisce più del 37% della popolazione mentre, a causa della carestia le ONG umanitarie presenti in loco, come Save the Children, denunciano che "circa 400.000 bambini rischiano di sviluppare nel 2016 forme acute di malnutrizione, arresti della crescita e ritardi mentali e fisici nello sviluppo"

Tutto questo ha anche ripercussioni drammatiche sul fronte dei cosiddetti rifugiati ambientali che si muovono in massa alla ricerca di posti più vivibili creando masse umane in movimento che rischiano di scompensare il già fragilissimo equilibrio della zona.

Se pensiamo al numero di profughi somali che campeggia nelle zone oramai preda della siccità, possiamo forse a malapena immaginare quale situazione possa essere per queste persone il sommarsi della condizione di profugo politico con quella di rifugiato ambientale. In quei luoghi si trova infatti il più grande campo profughi del mondo, quello di Dadaab.

L’alterazione del suo flusso di corrente naturale, che ha assicurato una equa distribuzione delle piogge su tutta la fascia transatlantica per millenni, veicolate e prodotte dalla sua circolazione della conseguente alternanza di corrente calda e fredda tra le due sponde dell’oceano, ha ora delle conseguenze disastrose anche per la parte africana che affaccia sull'Oceano Indiano.

La siccità in atto è ulteriormente pericolosa perché, con i suoi 95 milioni di abitanti, l’Etiopia è il secondo Paese più popoloso dell’Africa e questo rischia di destabilizzare, anche militarmente, una vasta zona già preda di guerre annose e immersa in un permanente sottosviluppo. Non è la prima volta che il Paese, ma più in generale il Corno d’Africa, si trova confrontato con gravi carestie, se ne sono già verificate nel 2008, nel 2011 e soprattutto nel 1984, quando le vittime furono centinaia di migliaia.

Uno scandalo italiano degli anni '80. Pochi ricordano, a questo proposito, che una delle fasi più corruttive della politica estera italiana fu il cosiddetto FAI, cioè il "Fondo di Aiuti Italiani" che riuscì nella incredibile impresa di far passare in parlamento una legge che destinava alla carestia nel Corno d'Africa (quella del 1984), ben 1.900 miliardi delle vecchie lire da spendere in soli 18 mesi creando una voragine di tangenti che hanno squassato dal profondo la credibilità italiana in Africa.

Una marea di denaro che NON arrivò a chi ne aveva davvero bisogno. Gli scandali che ne seguirono ridussero la cooperazione italiana a fanalino di coda tra quelle europee che ancora, nonostante le promesse legate alla nuova legge (la n°125 del 2014), non riesce a portarsi ai livelli medi europei.

Al contrario oggi sembra che fame e siccità non interessino più le speculazioni internazionali, ma che seguendo un ben collaudato schema che definisce il potere sovrano non più come quello che "dà la morte e concede la vita" ma come quello che "sostiene la vita o la lascia morire".

In pratica conviene di più che decine di milioni di persone siano lasciate morire o confinate nelle immense tendopoli ai bordi dei nuovi deserti, purché non vengano a casa nostra.

sabato 6 febbraio 2016

Blitz anti-prostituzione nel brindisino, foglio di via a 19 nigeriane

Sotto gli sguardi di numerosi clienti che pregustavano l'idea di un rapporto sessuale clandestino, i poliziotti della questura di Brindisi hanno effettuato un blitz anti-prostituzione nella scorso weekend sulla complanare che costeggia la strada statale 7 Brindisi-Taranto.

Su 27 straniere d’età compresa fra i 16 e i 25 anni controllate, 19 nigeriane sono state raggiunte da un provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio per la durata di tre anni, un’altra nigeriana (condotta temporaneamente presso il CIE di Roma) è stata espulsa, una sua connazionale ha incassato il rifiuto del permesso di soggiorno per asilo politico, mentre a carico di tre rumene è stato emesso un provvedimento prefettizio di allontanamento comunitario.

L’attività è stata condotta da decine di agenti della Divisione Anticrimine, del commissariato di Mesagne, di Squadra mobile ed ufficio Immigrazione. L’intervento della polizia è stato attuato dopo la rapina perpetrata lo scorso 24 gennaio ai danni di una prostituta nigeriana lungo la stessa complanare. Tale episodio, verificatosi fra i centri abitati di Oria e Latiano, ha riproposto la necessità di arginare il dilagante fenomeno della prostituzione, che vede coinvolte un numero sempre maggiore di cittadine straniere, prevalentemente nigeriane.

Nella nota della polizia viene rimarcato "l’abnorme numero di potenziali clienti che affollavano, a bordo anche di autovetture lussuose, la zona battuta delle cittadine straniere ed il disappunto di taluni per aver visto perdere l’opportunità di giornata di consumare un rapporto sessuale clandestino e mercenario. Si era creata dunque una situazione paradossale, in cui togliere dalla strada quelle donne significava per gli avventori di cui si è detto una sorta di danno, un’ingiustizia"

La complessa e articolata attività di controllo della documentazione si è conclusa nella tarda serata presso gli uffici della questura, i cui dirigenti intendono riproporre, a breve, un ulteriore coordinato servizio, nel tentativo di arginare un fenomeno che presenta aspetta preoccupanti non solo sotto il profilo dell’ordine pubblico, ma anche per quello che riguarda l'aspetto dello sfruttamento a cui sono costrette queste ragazze.

In questo caso è balzato subito agli occhi l'alto numero di clienti in attesa del loro turno per "un rapporto sessuale a pagamento", ciò nonostante sono state identificate solo le ragazze e nessun cliente.

Necessaria e urgente una legge che regoli la prostituzione e "punisca" soprattutto i clienti, così come raccomanda anche l'Unione Europea e come anche noi stessi abbiamo documentato essere un buon metodo per far diminuire il numero di ragazze sulla strada, e allo stesso tempo stroncare il loro sfruttamento, così come raccomanda anche l'Unione Europea. Il modello della Svezia è il modello europeo da prendere ad esempio (Non punire le prostitute, ma punire i loro clienti anche con sanzioni penali).
Prostituzione. Punire, legalizzare o scoraggiare
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lunedì 1 febbraio 2016

Nigeria-Italia, firmato accordo contro il traffico di esseri umani

Abuja, Matteo Renzi con il presidente nigeriano Buhari
Il capo della polizia Alessandro Pansa, in Nigeria con il premier Matteo Renzi nell'ambito della missione nell'Africa Sub-sahariana per contrastare l'immigrazione clandestina, ha firmato con il suo omologo nigeriano Solomon E. Arase un accordo di cooperazione tra i due paesi per la lotta al traffico di esseri umani. Il memorandum prevede un collaborazione reciproca tra le autorità anche per i rimpatri dei nigeriani che non hanno diritto a restare in Italia.

Solo nel 2015 più di 5.000 ragazze nigeriane sono sbarcate in Italia, un numero triplo rispetto all'anno precedente, e la quasi totalità delle quali destinate al mercato della prostituzione coatta - leggi qui -

"Distruggeremo i terroristi con determinazione, perché i nostri valori e le nostre idee sono troppo profondi per essere bloccate dai trafficanti di esseri umani". Lo ha detto il premier Matteo Renzi ad Abuja, dopo un incontro con il presidente nigeriano.

"L'Italia è con voi, con il vostro popolo, negli sforzi contro il nemico Boko Haram" ha affermato il premier Matteo Renzi da Abuja nel corso conferenza stampa congiunta con il presidente della Repubblica Federale di Nigeria Muhammadu Buhari.

"Per troppo tempo l'Italia ha trascurato l'Africa, non l'ha considerata una priorità mentre l'Italia deve essere un ponte con l'Africa. La cooperazione internazionale con la Nigeria sia una grande priorità. La Nigeria è un paese pieno di risorse e di talento. Siamo qui anche per discutere di investimenti ma per me la cosa più importante sono i valori comuni. Dobbiamo fare tutto il possibile per rendere più umano questo pianeta"



Il precedente
Benin City, la fabbrica italiana delle prostitute di colore. "C’è un pezzo d’Africa dove le ragazze non parlano italiano ma sanno dire perfettamente quanto mi dai? .. Benvenuti a Benin City, la fabbrica italiana di prostitute all'equatore. Interi quartieri hanno cambiato aspetto da quando si vende all'Italia il petrolio della cittadina, ovvero le giovani ragazze. Ed è così che i giornali locali chiamano la rotta delle schiave, pipeline, oleodotto"

"Vie Libere" e il suo fallimento. Subito dopo l'entrata in vigore della Bossi-Fini, legge 189/2002 ovvero la legge che regolamenta in Italia i flussi migratori, il Viminale dell'allora ministro dell'interno Maroni avviò la campagna "Vie Libere", almeno due volte al mese voli charter riportavano in Nigeria le ragazze sfruttate sulle strade italiane.

Era la strategia delle retate, ovvero andarle a prendere sui luoghi della prostituzione. Ma ciò non ostacolò, bensì alimentò il business dei trafficanti che si ritrovarono nella condizione di poter far pagare ripetutamente il viaggio per il passaggio della medesima merce (la ragazza)

Tutto questo fu possibile a seguito degli accordi bilaterali, Italia - Nigeria del 2002, le nigeriane vengono rispedite a casa con aerei appositamente noleggiati, in cui viaggiano scortate dai poliziotti con un rapporto di 1 a 1 ovvero una ragazza un poliziotto, come fossero criminali che hanno commesso chissà quale reato.

Una volta in Nigeria queste ragazze rimpatriate venivano ammassate in una sorta di centro di detenzione temporanea che si trova ancora a Lagos, finché non venivano reclamate dalle famiglie (e non sempre le famiglie le reclamavano).

Il rimpatrio "forzoso" per le ragazze non ha il significato di libertà. Solo poche rimangono in Nigeria, rientrano nelle famiglie di origine o vengono ospitate presso parenti o amici, molte si suicidano, altre ricontattano gli Italos (ovvero i trafficanti) e tornano in Italia con un debito raddoppiato, il che ha conseguenze sull'aumento del rischio e diminuzione della protezione. E così la ragazza sempre più indebitata, sempre più fragile è più propensa ad accettare le richieste di sesso non protetto che arriva dai clienti italiani.

Quella delle retate fu una strategia che ebbe vita breve, fu un vero e proprio fallimento. Veniva colpito solo l'anello più debole, ovvero le ragazze, mentre i trafficanti e le mamam non venivano quasi toccati perché in possesso di regolari permessi di soggiorno e sopratutto perché anche nei casi in cui veniva avvita un'indagine per sfruttamento o per riduzione in schiavitù, quasi sempre riuscivano a sfuggire al carcere (avvocati ben pagati, decorrenza dei termini, lungaggini della giustizia italiana, ecc..)

Dal 2002, ovvero dall'entrata in vigore della Bossi-Fini, il numero delle ragazze nigeriane in Italia è più che triplicato. La strategia "Vie Libere" non ha portato a risultati, la strategia delle retate a tappeto non ha fatto aumentare le denunce, anzi, ha messo ancora più paura alle ragazze che quasi mai hanno denunciato le loro mamam o i loro sfruttatori.

Una legge, la Bossi-Fini, che mette tutti gli immigrati sullo stesso piano, senza distinguere le vittime della tratta dai migranti "volontari". Una lacuna imperdonabile che pesa anche oggi quando, nelle poche volte che queste ragazze trovano il coraggio per chiedere aiuto alle associazioni di volontariato, hanno mille difficoltà ad ottenere il permesso di soggiorno per "protezione sociale" (art. 18).

Vogliamo credere che il nuovo accordo tra Italia e Nigeria contro il traffico di esseri umani sia diverso dal precedente, e che colpisca i veri trafficanti e non semplicemente i "clandestini" o le "clandestine schiave", le nostre "Ragazze di Benin City"