lunedì 28 dicembre 2015

Weekend di sangue in Nigeria, Boko Haram fa almeno 80 morti in diversi attentati

Maiduguri
Raffica di attentati nel nord est della Nigeria, Boko Haram colpisce in particolare due città, Maiduguri e Magdali. Almeno 80 persone sono morte in diversi attacchi nel nord est della Nigeria. A Maiduguri sono 50 le vittime di granate e attentati kamikaze, mentre a Madagali due giovani donne si sono fatte esplodere in un mercato vicino ad un'affollata fermata degli autobus uccidendo altre 30 persone.

"Siamo sotto assedio. Non sappiamo quante bombe o donne suicida siano in città"

Maiduguri .. A Maiduguri, capitale dello Stato del Borno, 30 persone sono morte e 90 sono rimaste ferite in un primo attacco nella notte di domenica con esplosioni e sparatorie, mentre altre 20 sono state uccise questa mattina da una ragazzina kamikaze fuori da una moschea, nei pressi di un mercato affollato.

Altre due ragazze si sono fatte esplodere nel quartiere di Buraburin, sempre a Maiduguri, uccidendo diverse persone. I residenti hanno anche trovato anche ordigni inesplosi.

Madagali .. A Madagali, 150 km a sudest di Maiduguri, l'attacco kamikaze è stato confermato dal generale di brigata Victor Ezugwu, comandante per lo Stato di Adamawa, che ha tuttavia aggiunto che il bilancio delle vittime è di una trentina.

Gli attacchi dei fondamentalisti islamici appaiono come una sfida al presidente Muhammadu Buhari che la settimana scorsa aveva dichiarato che Boko Haram è "tecnicamente" sconfitto, ormai incapace di compiere attentati suicidi.
(Corriere della Sera)


sabato 26 dicembre 2015

Tragedia a Nnewi in Nigeria, esplode una cisterna. Almeno 100 le vittime

Effetti dell'esplosione
Sarebbero almeno 100 i morti in Nigeria nell'esplosione di un camion cisterna in un affollato distributore di gas, mentre centinaia di persone erano in fila per riempire le bombole da cucina. La tragedia è avvenuta a Nnewi, una comunità prevalentemente cristiana di etnia Igbo nel sud-est del Paese, nello Stato di Anambra. Centinaia i feriti, alcuni in gravissime condizioni.

L’esplosione sarebbe avvenuta verso le 11 del mattino della vigilia di Natale, quando un camion cisterna che aveva finito di scaricare gas presso un distributore è ripartito senza aspettare il tempo di raffreddamento prescritto. Un testimone racconta l’incendio e parla di un "effetto bomba", l’intera stazione di servizio, spiega, è stata avvolta da un denso fumo nero.

La Nigeria non è nuova ad incidenti simili, ma questa sembra essere una delle più gravi degli ultimi anni. In un paese ricco di petrolio è cronica la mancanza dei prodotti derivanti dalla raffinazione che vengono per la maggior parte importati, benzina, gasolio, metano da autotrazione e gas da cucina, scarseggiano ampiamente e spesso sono addirittura "razionati".

Le code interminabili ai distributori di carburante sono quindi frequenti e "normali". In questo caso si sarebbe trattato di un camion cisterna che era arrivato per rifornire il deposito di gas mentre centinaia di persone erano in attesa di riempire la propria bombola domestica.

A quanto sembra è da escludere l'attentato perché avvenuto molto al di fuori della zona dove operano gli integralisti islamici di Boko Haram.
(Fonte Naij.com)
Video del momento dell'esplosione



mercoledì 23 dicembre 2015

Un milione di bambini nigeriani non può andare a scuola. Boko Haram ha distrutto i loro sogni

Secondo l'Unicef, la violenza e gli attacchi contro le popolazioni civili perpetrati nel nord-est della Nigeria e nei paesi limitrofi hanno costretto più di un milione di bambini a lasciare la scuola. Bambini a cui è preclusa per sempre l'istruzione e il sapere.

A questo numero si aggiungono circa 11 milioni di minori in età scolare che erano già considerati tagliati fuori dalla scuola in Nigeria, Camerun, Ciad e Niger prima dell'inizio della crisi causata dall'integralismo islamico che quindi ha aggravato la situazione di un sistema scolastico che, in quelle regioni, era già decisamente carente.

"È un numero impressionante" ha detto Manuel Fontaine, direttore di Unicef dell'Africa Centrale e Occidentale. "Il conflitto ha dato un duro colpo all'istruzione in questa regione, e la violenza ha lasciato molti bambini fuori dalle aule scolastiche per più di un anno, facendo notevolmente aumentare il rischio di un totale abbandono scolastico"

Bambina che frequenta la scuola nel Campo Profughi
di Assaga nel sud del Niger (foto Unicef)
In tutta la Nigeria, il Camerun, il Ciad e il Niger, sono oltre duemila le scuole che attualmente restano chiuse a causa del conflitto, alcune di queste anche per più di un anno, mentre a centinaia sono state attaccate, saccheggiate o date alle fiamme. Nel nord del Camerun solo una su 135 scuole chiuse nel 2014 ha riaperto nel 2015.

Nel nord-est della Nigeria l'Unicef ha sostenuto 170 mila bambini affinché potessero tornare a scuola in aree più sicure dei tre stati più colpiti dal conflitto. Queste sono le uniche zone in cui è stato possibile riaprire la maggior parte delle strutture didattiche.

Nonostante tutto però molte aule sono gravemente sovraffollate e alcuni di questi edifici vengono ancora usati per ospitare un gran numero di sfollati. In queste scuole alcuni insegnanti, che sono sfuggiti ai combattimenti, devono fare il "doppio turno" affinché un numero sempre maggiore di bambini frequenti la scuola. In altre aree, invece, l'insicurezza, la paura di violenze e i continui attacchi impediscono a molti insegnanti di tornare in classe e gli stessi genitori vengono scoraggiati dal mandare i propri figli a scuola.

Nella sola Nigeria sono circa 600 gli insegnanti uccisi da Boko Haram solo negli ultimi due anni.
(Maris)
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martedì 22 dicembre 2015

Ancora orrore in Nigeria, ancora bambine usate come bombe

A pianificare e attuare l’ennesima feroce strage nello Stato di Borno (nord-est della Nigeria) sono stati i miliziani jihadisti di Boko Haram. E ancora una volta hanno usato tre ragazzine tra i 10 e i 15 anni che sono morte nella deflagrazione insieme ad altre sei persone.

L'attentato è avvenuto domenica sera verso le 20:30 ora locale (e italiana) nella zona di Beni Sheikh, un’area dove le truppe governative stanno conducendo una pesante operazione contro le basi dei Boko Haram e dove nella stessa giornata di domenica erano riusciti ad eliminare almeno 12 integralisti islamici.

L’atteggiamento delle tre ragazzine era sembrato "sospetto" ad un gruppo di civili del luogo, riuniti in "gruppi di autodifesa" in molte località della Nigeria nord-orientale. Qui i soldati governativi non sono in grado di proteggere la popolazioni da stupri, uccisioni, rapimenti, distruzioni di villaggi e terre coltivate. Villaggi piccoli e grandi si stanno spopolando, chi può fugge, ma chi è troppo debole non può far altro che restare in balia delle orde sanguinarie dei Boko Haram.

Per difendere la popolazione si sono moltiplicati i "gruppi civili di autodifesa" che domenica sera non sono riusciti a sventare l’attentato ma hanno potuto limitarne i danni. Quando le tre ragazzine sono stati fermate ad un check-point ed è iniziata la perquisizione, una di loro si è fatta saltare in aria, uccidendo anche le altre due e sei civili che si trovavano nei pressi del luogo, e ferendone 24 in modo grave.

"Di solito le giovani kamikaze, bambine e ragazze, hanno addosso l’esplosivo bloccato da catene e lucchetti ed è quindi praticamente impossibile togliere la bomba senza provocare una deflagrazione"

Sempre più spesso i Boko Haram mandano a compiere attentati suicidi donne e bambini, questi ultimi spesso inconsapevoli del fatto che stanno andando a morire. Secondo L'ONU e Amnesty International, la guerra scatenata dagli integralisti islamici nigeriani da oltre sei anni ha ucciso più di 20.000 persone. Quasi due milioni e mezzo di profughi hanno abbandonato tutto, alcuni sfollati all'interno della Nigeria ma in gran parte rifugiate nei Paesi confinanti.
(Maris)

giovedì 17 dicembre 2015

Nigeria, si aggrava la situazione. Tensione fra esercito e minoranze sciite

Almeno trenta morti nel nord del Paese dopo l’arresto di Sheikh Ibrahim Zakzaky, capo della comunità sciita nigeriana. Non solo carneficine di cristiani e non solo Boko Haram.

Almeno sei città nel nord della Nigeria (Kano, Kaduna, Katsina, Sokoto, Zamfara e Baushi) sono state testimoni di nuove tensioni in un Paese già estremamente vessato da violenze settarie e dal terrorismo islamista del gruppo Boko Haram. Le comunità sciite di quest’area sono scese in strada lunedì 15 dicembre per invocare la liberazione del loro leader e protestare contro quello che hanno definito un "massacro" da parte delle forze di polizia contro cittadini nigeriani sciiti.

Il massacro di civili sarebbe avvenuto nello scorso week-end a Zaria, quando il capo del Movimento Islamico Nigeriano (IMN), Sheikh Ibrahim Zakzaky, è stato gravemente ferito in un assalto delle forze governative che lo hanno arrestato. L'esercito regolare nigeriano avrebbe poi assaltato anche diversi centri di preghiera sciiti.

Si tratta di un raid che la minoranza sciita ha definito una carneficina, fornendo un bilancio di circa 300 vittime (ma stime del governo parlano di una ventina di morti) e che ha scatenato la reazione dell’Iran, la cui leadership è sempre stata in stretto contatto con il capo della comunità sciita della Nigeria.

A finire sotto accusa è stato l’esercito, che ha giustificato l’attacco asserendo che si è trattata di una reazione al tentato omicidio del suo comandante Tukur Buratai. Il convoglio nel quale nei giorni scorsi viaggiava l’ufficiale militare sarebbe stato oggetto di un attacco a colpi di pietre da parte di membri dell’IMN.

Manifestazione di donne mussulmane sciite a Kaduna
I membri del movimento di Zakzaky hanno invece smentito l’accaduto sostenendo che l’operazione delle forze nigeriane fosse stata già pianificata in anticipo, come dimostrerebbe il fatto che i raid si sono registrati in diverse località simultaneamente. Non solo da attivisti locali è giunta la condanna alla risposta estremamente violenta delle autorità nigeriane, anche il vice ministro iraniano degli Affari Arabi e Africani, Hossein Amir-Abdollahian, ha dichiarato che, nonostante le relazioni positive tra Iran e Nigeria, Teheran ritiene direttamente responsabile dell’incidente il governo nigeriano.

Non si tratta della prima volta che le forze nigeriane prendono di mira la comunità sciita in Nigeria, viste le tensioni esistenti tra le forze di governo e i militanti dell’IMN, i quali auspicano l’instaurazione di una Repubblica islamica in Nigeria sul modello iraniano. Lo stesso Zakzaky, che attualmente risulta sotto custodia della polizia nigeriana insieme alla moglie Zeenat Ibrahim, è già stato più volte in carcere in passato. Tre dei suoi figli, inoltre, sono morti in scontri armati tra forze dell’ordine e fedeli sciiti nel 2014, mentre un quarto figlio, Sayyid Ibrahim, sarebbe morto negli scontri dei giorni scorsi.

Un appello del Sultano di Sokoto, la massima autorità religiosa musulmana in Nigeria, ha esortato le autorità nigeriane a non lasciar degenerare tali tensioni, mettendo in guardia il governo del rischio di dar vita così a un "nuovo Boko Haram sciita". Alhaji Muhammad Saad Abubakar ha infatti puntato il dito sugli "errori commessi in passato dal governo nigeriano, che hanno originato un’insurrezione dalle conseguenze drammatiche"

Sheikh Ibrahim Zakzaky
Lo sciismo in Nigeria. La comunità sciita in Nigeria è estremamente minoritaria rispetto alla popolazione musulmana sunnita (a cui appartengono anche gli estremisti jihadisti di Boko Haram) . Sebbene non esistano stime ufficiali, si parla del 5% sugli oltre 60 milioni di musulmani. Ciononostante, nelle aree settentrionali del Paese, dove la comunità sciita è più radicata (Kano e Kaduna in particolare), dirige in totale autonomia scuole e ospedali.

Il culto sciita si diffonde in Nigeria negli anni Ottanta sotto la guida spirituale di Sheikh Ibrahim Zakzaky, che aveva coltivato un personale legame con l’Ayatollah Khomeini a Parigi prima della Rivoluzione islamica in Iran. Da allora sono rimasti molto forti i legami culturali tra la comunità sciita nigeriana e Teheran.

Il gruppo di Zakzaky è finito nel mirino del gruppo islamista nigeriano Boko Haram dopo la sua affiliazione allo Stato Islamico che, in Nigeria come in altre parti del Medio Oriente e dell’Africa, condanna i musulmani sciiti come eretici da sterminare.

Tensione tra Nigeria e Camerun. Un episodio gravissimo nascosto ai media internazionali per più di una settimana. 150 persone sarebbero rimaste uccise dopo che l'esercito del Camerun ha sconfinato in territorio nigeriano assaltando e distruggendo i villaggi lungo il confine. Per il responsabile Onu nella regione si è trattato di "una vera e propria carneficina che ha aggravato il disastro umanitario".

Alcuni sopravvissuti nigeriani raccontano che soldati del Camerun hanno attraversato il confine con la Nigeria, assalito e bruciato villaggi, e ucciso almeno 150 civili inermi. Coloro che sono riusciti a scappare dal massacro hanno impiegato giorni di cammino nella foresta prima di arrivare in un centro per rifugiati di Fufore.

Il governo di Yaoundè ha negato tutto. "I nostri soldati sono molto ben addestrati e rispettano i diritti umani". La tensione tra i due Paesi sta effettivamente crescendo a causa delle continue stragi perpetrate dagli integralisti islamici nigeriani Boko Haram anche in Camerun.

Al centro di Fufore sono arrivati almeno 643 rifugiati. Provengono dai villaggi nigeriani situati tra Gamboru e Banki, una striscia di circa 150 chilometri lungo il confine con il Camerun. Al momento non è ancora chiaro chi abbia effettivamente attaccato queste centinaia di civili inermi massacrandoli a decine né perché, ma secondo il responsabile dell'Onu per la regione si tratta di "un vero e proprio disastro umanitario".

Come se non bastasse Boko Haram la scorsa settimana il ministro del Petrolio della Nigeria aveva parlato di una importante scoperta di petrolio nel bacino del lago Ciad che rischia di alimentare conflitti di confine tra Nigeria, Ciad, Camerun e Niger.

Ancora "Bambine Kamikaze". Tensioni continue alimentate anche dai continui attentati di Boko Haram. Almeno sei persone sono rimaste uccise ieri a Maiduguri, nel nord-est della Nigeria, dopo che ben cinque "bambine kamikaze" si sono fatte esplodere nei pressi di un posto di controllo. Le donne, tutte giovanissime, si sono avvicinate in gruppo a una pattuglia di vigilantes civili impegnati nel sostegno alle forze armate nelle operazioni di contrasto al gruppo jihadista Boko Haram.

"Due delle ragazze si sono fatte esplodere immediatamente, le altre sono fuggite, ma si sono fatte esplodere dopo essere state fermate dalle forze di sicurezza". L'attacco, l'ultimo di una lunga serie nei quali Boko Haram ha utilizzato bambine kamikaze.
(Maris)


mercoledì 2 dicembre 2015

Moderne Schiavitù

Il 2 dicembre è la Giornata Internazionale per l'abolizione delle Moderne Schiavitù. Il 2 dicembre 1949, infatti, l'Assemblea Generale ONU approva la Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione. - leggi - 

La schiavitù è un fenomeno che non appartiene al passato, perché sotto forme odiose, spesso circondate da opportunismo e indifferenza, dilaga sia negli Stati in via di sviluppo o nei regimi dittatoriali, sia nelle nazioni che si definiscono democratiche e hanno sottoscritto la Convenzione.

La schiavitù purtroppo non è solo il ricordo di un barbaro passato, ancor oggi milioni di persone vivono questa condizione di sfruttamento, anche se ufficialmente la schiavitù è condannata e vietata da tutti gli Stati. Non si conosce il loro numero esatto di questi moderni schiavi, alcuni parlano qualche decina di milioni altri di centinaia e molti sono bambini. Questo perché la schiavitù è un fenomeno sommerso, vietato e ciò non di meno possibile proprio grazie alla connivenza di quelle autorità che dovrebbero combatterlo.
  • Strozzinaggio,
  • Matrimoni forzati e Spose bambine,
  • Sfruttamento dei bambini e Bambini soldato,
  • Traffico di esseri umani,
  • Lavori forzati,
  • Sfruttamento di donne e bambine per fini sessuali.
Secondo l'ONU sarebbero 35,8 milioni i moderni schiavi in tutto il mondo (Fonte Global Slavery Index). Milioni di uomini, donne e bambini sono ancora vittime della tratta degli esseri umani, dello sfruttamento sessuale, del lavoro minorile, dei matrimoni forzati.

Se si parla di schiavitù, in molti tendono a credere che tale piaga sia stata sconfitta. Purtroppo non è così, anzi. Ancora oggi, quindi, sono 35,8 milioni le donne, gli uomini e i bambini "schiavi" in tutto il mondo. Ci sono, infatti, forme contemporanee di schiavitù, come la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale, le peggiori forme di lavoro minorile, i matrimoni combinati e il reclutamento forzato di bambini per l'impiego nei conflitti armati.

La schiavitù moderna contribuisce alla produzione di almeno 122 beni commerciali in 58 paesi. Dal tessile, al minerario e perfino all'informatica (assemblaggio di apparecchiature elettroniche come computer, telefonini o iPad). I profitti derivanti da questi lavori forzati sono di circa 150 miliardi di dollari ogni anno. Si pensa che la schiavitù appartenga al passato o che esista solo nei paesi devastati da guerre e povertà, ma la schiavitù è ancora una drammatica realtà.

La nazione peggiore (in rapporto alla popolazione) rimane la Mauritania, al secondo posto figura l'Uzbekistan, mentre la nazione con il più alto numero di schiavi assoluti è l'India. I paesi che fanno di più per contrastare il fenomeno sono Olanda, Svezia, Stati Uniti. Ma il fenomeno è presente anche in Europa dove sono circa 566 mila le persone sottoposte a forme di schiavitù, la maggior parte delle volte si tratta di immigrati clandestini.

Per non dimenticare di combattere questa battaglia, le Nazioni Unite hanno istituito nel 1949 la giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù che ricorre ogni anno il 2 dicembre. La data ricorda l'adozione, da parte dell'Assemblea generale, della "Convenzione delle Nazioni Unite per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione" (risoluzione 317 IV, 2 dicembre 1949).

Nel 2007 ricorrevano i 200 anni della abolizione della tratta atlantica degli schiavi, ovvero il commercio di africani deportati e venduti in America come servi. Il 25 marzo 1807 infatti la Gran Bretagna fu la prima nazione ad abolire la "tratta degli schiavi".

Oggi si deve combattere per mettere fine alle nuove forme di schiavitù in modo che il sogno di Martin Luther King, che è morto a causa della sua lotta per la parità dei diritti di tutti gli uomini diventi realtà in tutto il mondo "Io ho un sogno, che un giorno i figli di coloro che furono schiavi e i figli di coloro che possedettero schiavi potranno sedere insieme al tavolo della fratellanza"
(Maris)

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martedì 1 dicembre 2015

Per non dimenticare chi era Rosa Parks

Rosa Parks
Rosa Parks (4 febbraio 1913 - 24 ottobre 2005) era una sarta di colore. Fu importante nella storia dell’uomo per i diritti civili dei neri. Il primo dicembre del 1955, in Alabama, nella città Montgomery, l’autista dell’autobus, su cui si trovava Rosa, le ordinò di cedere il suo posto a un passeggero bianco (perché così voleva la legge di segregazione dell'Alabama, ma lei rifiutò di alzarsi perché era stanca, non per il lavoro ma per le continue angherie che subiva la popolazione di colore all'epoca negli Stati del Sud.

Questo suo gesto che sembra piccolo, è stato in realtà di grande significato, perché Rosa è diventata così un simbolo del movimento per i diritti civili e un’immagine mondiale della lotta contro la segregazione razziale. Infatti lei quel giorno fu arrestata e da quel momento Martin Luther King, insieme al suo gruppo, lanciò una campagna di boicottaggio degli autobus di Montgomery, per esprimere all'opinione pubblica la protesta dei neri.

Questi eventi danno inizio a numerose altre proteste in molte parti del paese. Lo stesso King scrive sull'episodio descrivendolo come "l'espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà", aggiungendo che Rosa "rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future".

Questa protesta durò ben 381 giorni ed ebbe successo. Dozzine di pullman rimasero fermi per mesi finché non fu rimossa la legge che legalizzava la segregazione. Questi avvenimenti fecero iniziare numerose altre proteste in molte zone del paese. Per noi rappresenta un simbolo della discriminazione dei diritti civili dei neri.

Nel 1956, infatti, il caso della signora Parks arriva alla Corte Suprema degli Stati Uniti d'America, che decreta all'unanimità, incostituzionale la segregazione sui pullman pubblici dell'Alabama. Da quel momento, Rosa Parks diventa un'icona del movimento per i diritti civili.

Oggi è quanto mai attuale tornare a parlare di lei e di tutta la lotta per l’uguaglianza tra neri e bianchi, poiché accadono avvenimenti gravi che ci fanno riflettere sulla nostra civiltà e sulla nostra convivenza tra uomini diversi.

Rosa Parks e Martin Luther King

Nel 1999 Bill Clinton consegna a Rosa Parks la Medaglia d'oro del Congresso americano


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