mercoledì 29 marzo 2017

Epidemia di meningite in Nigeria. Più di 140 morti

Le persone infettate sono più di mille secondo l'Abuja Centre for Disease Control. Oltre 80 dei decessi si sono registrati nello stato di Zamfara, nel nord-ovest del paese.


Un'epidemia di meningite ha provocato la morte di almeno 140 persone in sei stati della Nigeria. Le persone infettate sono più di mille secondo l'Abuja Centre for Disease Control (NCDC). Oltre 80 dei decessi si sono registrati nello stato di Zamfara, nel nord-ovest, lo riferisce la BBC.

La vaccinazione è un mezzo efficace contro la meningite, ma questo è un nuovo ceppo, che potrebbe essere arrivato in Nigeria da un paese confinante (probabilmente dal Niger) e richiede un diverso tipo di vaccino.

Il timore delle autorità nigeriane è che l’epidemia raggiunga luoghi sovraffollati come prigioni e campi di accoglienza per i rifugiati. Il governo federale ha assicurato che sta prendendo tutte le misure necessarie per arginare l’epidemia.

Focolai di meningite tendono a colpire ciclicamente la zona che va dal Sahel al Corno d'Africa, ha spiegato il dottor William Perea, coordinatore per il controllo delle malattie epidemiche dell’Oms.

Secondo Medici Senza Frontiere i casi di meningite hanno cominciato a crescere dal 2013, prima in Nigeria nel 2013 e 2014, e poi in Niger nel 2015. Molti di questi casi sono stati mortali. "Solo nei primi sei mesi del 2015 ci sono stati 12 mila casi di meningite tra il Niger e la Nigeria, e 800 morti"






Articolo a cura di
Maris Davis

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martedì 28 marzo 2017

Nigeriana aggredita a Trieste. Salvata dall'intervento di due ragazze coraggiose


Nigeriana costretta a prostituirsi aggredita in via Fabio Filzi, salvata da una giovane triestina e da una sua amica. Fermati tre mussulmani richiedenti asilo.

Ad intervenire per prima in difesa della nigeriana e poi a chiamare i Carabinieri sono state una ragazza e la sua amica che hanno messo in fuga gli aggressori. Purtroppo la vittima, per paura e perché senza documenti, non ha sporto denuncia e quindi i tre sono stati identificati identificati e sono a "piede libero"

Intorno alla mezzanotte e un quarto del 28 marzo c'è stata scena di una brutale aggressione ai danni di una ragazza di origini nigeriane, che per vivere è costretta a prostituirsi. Tre uomini l'hanno presa a calci in strada. Ma per fortuna di passaggio c'era una giovane triestina che, vista la scena, ha fermato l'auto ed è scesa urlando a quello dei tre che stava picchiando la giovane nigeriana. Questo ha cercato di reagire minacciando la "salvatrice" ma ha desistito subito dopo e si è dato alla fuga insieme ai suoi due compagni.

A questo punto, mentre la giovane triestina ha inseguito gli aggressori, l'amica ha soccorso la nigeriana sanguinante a terra e nel frattempo ha chiamato i Carabinieri. Due gazzelle sono intervenute prontamente sul posto, ma al loro arrivo la ragazza nigeriana non c'era perché era andata via per timore di subire delle conseguenze legali. Ad aspettare i militari c'erano però Sveva e l'amica che sono state caricate sulle auto di servizio per andare in cerca dei protagonisti della vicenda.

Poco dopo gli aggressori sono stati rintracciati al capolinea del tram di piazza Oberdan e identificati. Si tratta di due cittadini afghani è uno pakistano, due con il permesso di soggiorno per motivi umanitari e uno in attesa dell'esito della domanda di protezione sussidiaria. Sono stati poi condotti presso la caserma di via dell'Istria per le procedure di rito. Anche la ragazza nigeriana è stata rintracciata e accompagnata al pronto soccorso di Cattinara. Nonostante le percosse subite, se l'è cavata con tre giorni di prognosi. Gli accertamenti sulla dinamica sono comunque ancora in corso, anche perché la vittima si è riservata di proporre querela (necessaria per poter procedere, vista la lieve entità delle lesioni)

Quanto alle due triestine i Carabinieri hanno ricompensato il bel gesto con due kebab. Spiega Sveva, una delle salvatrici. "A differenza di due macchine che passavano li, con a bordo uomini, che sono andati avanti nella più totale e vomitevole noncuranza, io sono scesa dalla macchina e forse non sono stata accoltellata per miracolo, ma almeno non sono stata indifferente davanti ad una ragazza come me che ha la sola colpa di essere nata nella parte di mondo "sbagliata". L'indifferenza renderà schiave le vostre madri, le vostre sorelle e sarà solo colpa di voi che girate la testa dall'altra parte"
(Il Friuli)

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domenica 26 marzo 2017

Quelle nigeriane che si ribellano allo "sfruttamento"

Diciassette ragazze nigeriane hanno deciso di denunciare i propri aguzzini, ottenendo dal tribunale i beni che i loro sfruttatori avevano accumulato negli anni.


Oggi, secondo l’ONU, il traffico di essere umani coinvolge 2 milioni e 700 mila persone con un giro d’affari pari a 32 miliardi di dollari. Secondo il ministero dell’Interno, in Italia la tratta è la terza fonte di reddito delle mafie dopo le armi e la droga.

Diciassette donne nigeriane, costrette a prostituirsi in Abruzzo, hanno denunciato chi le costringeva alla strada. Sfruttatori e non protettori. Così come dovremmo abituarci a considerare la prostituzione non come una questione di sicurezza o di “decoro urbano”, ma di riduzione in schiavitù, ovvero la negazione dei diritti fondamentali.

Invece queste diciassette ragazze nigeriane, certamente coraggiose, hanno visto riconosciuti i propri diritti dalla Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila. I giudici non solo hanno risarcito ogni vittima con 50 mila euro di provvisionale immediata, che quindi verrà pagata subito, senza attendere la Cassazione, ma hanno preso una decisione rivoluzionaria e hanno revocato la confisca dei beni sequestrati agli imputati, proventi dello sfruttamento, e li hanno resi disponibili per risarcire le ragazze che hanno denunciato. In pratica i soldi tolti ai trafficanti non andranno allo Stato ma alle vittime.

L'effetto virtuoso di una tale scelta è quello di accorciare la distanza, che oggi pare siderale, tra il cittadino e le istituzioni. La legge, il tribunale e di conseguenza lo Stato, smette di essere quell'istituzione lontanissima dal quale sembra difficile avere giustizia. È la rivoluzione del buon senso, la forma che diventa sostanza, la legge che si schiera al servizio dei cittadini. Con un altro effetto, altrettanto virtuoso e altrettanto rivoluzionario: rendere la legalità e la "denuncia" conveniente.

La certezza del risarcimento, alimentato con i beni dei criminali, diventa stimolo alla denuncia. Utilizzando la stessa procedura adottata dai giudici dell’Aquila, si può incentivare la rottura dell’omertà per convincere le vittime a farsi avanti. Si può anche favorire l’attività delle associazioni che contrastano la criminalità e che si sentono abbandonate. Associazioni che fanno un lavoro duro, lontano dai riflettori e sotto la minaccia dei clan.

I giudici hanno riconosciuto che quelle 17 donne sono state ridotte in schiavitù in un Paese democratico, l'Italia. In più, la sentenza è stata emessa a favore di cittadini non italiani, donne nigeriane sfruttate, dimostrando che in Italia la legge può essere davvero uguale per tutti. Ma se questa giustizia è stata possibile lo dobbiamo alle associazioni che da anni denunciano la tratta e che hanno assunto la tutela legale delle vittime.

In questo caso due di queste associazioni hanno avviato l'iter giudiziario sostenendo legalmente le 17 ragazze. Sono On The Road e di BeFree. La libertà di quelle donne sfruttate è indissolubilmente il destino della nostra libertà.
(Amici di Lazzaro)

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giovedì 23 marzo 2017

Aggressione razzista a Rimini. Nigeriano richiedente asilo in fin di vita

Un richiedente asilo proveniente dalla Nigeria picchiato in strada, davanti ad un supermercato. Arrestato un 39enne per tentato omicidio aggravato dai motivi razziali.

Una violentissima aggressione razzista ha lasciato un ragazzo africano in fin di vita. È un nigeriano di 25 anni richiedente asilo, il giovane è stato aggredito nella serata del 22 marzo intorno alle 19 in una traversa di via Trieste a Rimini, davanti ad un supermercato. Ha fratture multiple, la milza spappolata e varie emorragie interne, ha superato la notte ma le sue condizioni sono gravissime. Ora è stabile ricoverato in terapia intensiva dell’ospedale della città romagnola.

Poco dopo il fatto l’aggressore, un 39enne nato a Roma ma residente a Rimini, è stato arrestato dagli uomini delle Volanti della Questura per tentato omicidio aggravato da futili motivi e da motivi razziali, così come disposto dal sostituto procuratore Davide Ercolani.

Secondo le testimonianze l'uomo, prima di prenderlo a pugni, avrebbe apostrofato la vittima con frasi razziste ("negro di merda, torna a casa tua"). L'aggressore, che ha diversi precedenti, ha prima preso a pugni e calci il nigeriano poi con un coltello lo ha colpito all'addome. Quando il ferito ha tentato di fuggire, l’italiano è salito in auto, lo ha inseguito e quindi investito lasciandolo a terra insanguinato.

Il giovane nigeriano è arrivato in Italia, sbarcando in Sicilia, a settembre scorso, poi è stato smistato attraverso il progetto Hub (Human Ecosystems) di Bologna ed assegnato a Rimini. È di religione cristiana e ha presentato istanza per l’asilo politico.

Dopo l’accaduto, ora che lotta tra la vita e la morte, il questore di Rimini Maurizio Improta sta valutando il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Sperando che le condizioni del giovane migliorino, il provvedimento di iniziativa del questore potrebbe accelerare le pratiche sull'asilo politico.

Nell'Italia che fa finta di non vedere, i "razzisti" esistono per davvero

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domenica 19 marzo 2017

Nigeria. Ancora bambine-kamikaze usate da Boko Haram per compiere stragi

Non si fermano gli attentati di Boko Haram nemmeno del 2017, e ancora ragazzine usate come bombe umane.

Bimba kamikaze di 10 anni uccisa dalla sua stessa cintura esplosiva. È accaduto nel nord della Nigeria. L'utilizzo di minori come kamikaze da parte di Boko Haram è aumentato nel corso dell'ultimo anno, con almeno un attacco suicida su cinque compiuto da un minore.

È successo a Banki la scorsa settimana, nello stato nigeriano di Borno al confine con il Camerun. "Una ragazza di 10 anni circa si è avvicinata agli accampamenti militari e ha tentato di attraversare la strada diretta verso il campo profughi" ha riferito Musa Ahmad, che fa parte di una milizia civile che sostiene l'esercito nigeriano contro gli islamisti di Boko Haram. "I soldati le hanno ordinato di fermarsi ma lei li ha ignorati. Quando hanno minacciato di spararle ha obbedito agli ordini e ha sollevato l'hijab, aveva dell'esplosivo addosso, l'ha attivato e si è fatta esplodere"

Migliaia di civili si sono rifugiati a Banki, a 130 chilometri dalla capitale dello stato, Maiduguri, roccaforte di Boko Haram, la cui insurrezione ha causato decine di migliaia di morti e 2,7 milioni di profughi.

L'utilizzo di minori come kamikaze da parte di Boko Haram è aumentato nel corso dell'ultimo anno, con almeno un attacco suicida su cinque compiuto da un minore in Camerun, Nigeria e Ciad. Un dato terribile denuncia in un rapporto dell'Unicef, secondo cui nel 2016 il numero di baby-attentatori è salito di 11 volte.


Anche ieri due kamikaze-ragazzine di Boko Haram si fanno esplodere causando una strage. Quattro persone sono morte e altre otto sono rimaste ferite nell'esplosione di tre kamikaze avvenuta nella tarda serata di ieri (18 marzo) in un villaggio alle porte della città di Maiduguri, nel Nord-Est della Nigeria.

Stando a quanto riferito oggi dalla polizia, gli attentatori erano un uomo e due ragazzine, mentre le vittime sono un vigilante, una donna e i suoi due figli. Almeno una decina i feriti.

Maiduguri è la città dove è nato il gruppo jihadista Boko Haram, che dal 2009 a oggi ha causato la morte di oltre 25.000 persone, mentre altre 2,7 milioni sono state costrette ad abbandonare le proprie case.
(Reuters)
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