mercoledì 25 gennaio 2017

Un anno senza Giulio Regeni. Impegno per la verità e la giustizia

Giornata di mobilitazione in tutta Italia a 12 mesi dalla scomparsa del ricercatore friulano barbaramente assassinato in Egitto.


Manifestazione a Fiumicello, Udine, il paese di origine di Giulio

Gente comune, politici, Amnesty International, chiedono al governo di battersi perché gli assassini vengano scoperti. L'appello del CSM alle autorità egiziane: "fate quello che non avete fatto fino ad ora per far emergere cosa è accaduto"

È passato un anno dalla morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso al Cairo. E ancora la verità è lontana, dopo mesi di depistaggi assurdi in cui dall'Egitto hanno cercato di spacciare la morte violenta dello studente per incidente stradale, pestaggio legato al mondo gay, traffici di droga e all'ultimo un rapimento andato a male. Ma il dolore, la memoria, il desiderio di giustizia restano e crescono col tempo. Forti. Tanto che in tutta Italia sono previste manifestazioni e incontri per ricordarlo e chiede chiarezza sulla sua fine.

E dal mondo politico, delle associazioni, della magistratura arrivano appelli al governo affinché si muova, faccia pressione sulle autorità egiziane, perché gli assassini di Regeni vengano scoperti e puniti. Qualsiasi sia la catena di comando che ha deciso, avallato o comunque coperto gli autori di un omicidio che, secondo molti, porta direttamente alle più alte sfere del potere.

Amnesty Italia promuove la giornata di mobilitazione #365giornisenzaGiulio per continuare a chiedere la verità sul brutale omicidio. E anche le cariche più alte del governo si muovono. "Un anno dall'orribile uccisione di Giulio Regeni. Vicinanza alla famiglia. Impegno con la magistratura per ottenere #veritapergiulioregeni". Lo scrive su Twitter il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, nell'anniversario della scomparsa del ricercatore friulano.




Amnesty international che da anni si batte per il rispetto dei diritti civili nel mondo è netta: "Abbiamo abbastanza chiaro ciò che è accaduto prima della morte ma non ancora quello che è accaduto dopo. Se la catena di comando non emerge e non arriva almeno al ministero dell'Interno, ci sarà sempre una verità di comodo. Il gesto del governo italiano di ritirare l'ambasciatore dal Cairo l'anno scorso è stato forte ed è importante, ma dopo hanno prevalso l'equilibrismo e la volontà di avere buoni rapporti con l'Egitto. Senza contare che la collaborazione del governo egiziano è stata ed è formale e al minimo indispensabile"

Non solo, il portavoce di Amnesty parla di una situazione gravissima."Oggi in Egitto ci sono centinaia di persone scomparse, così come accadeva in America Latina negli anni '70-'80, e quindi, se non si risale alla catena di comando che lega l'operato materiale di ha sequestrato, fatto sparire, torturato non si arriverà mai alla verità"


Nell'ultimo anno, in Egitto si sono registrati oltre mille casi di sparizioni sospette. "Desaparecidos" a tutti gli effetti



Articolo a cura di
Maris Davis

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