martedì 17 settembre 2019

Brescia. Dalla Nigeria attraverso la Libia e poi costrette a prostituirsi

Operazione di Polizia e Dda con la Nigeria. Le ragazze venivano inserite nel sistema di accoglienza per non farsi espellere e poi costrette a prostituirsi.


Nelle ore intorno a martedì 10 settembre la Polizia di Stato, per le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, ha arrestato tre nigeriani notificando un’ordinanza di custodia cautelare in carcere perché considerati responsabili di tratta di esseri umani e sfruttamento della prostituzione.


L’attività investigativa condotta dalla Squadra Mobile attraverso intercettazioni telefoniche ha permesso di individuare in provincia di Brescia i terminali (un uomo e una donna) di un’organizzazione con base in Libia e Nigeria dedita a favorire l’ingresso di giovani donne da avviare alla prostituzione.

Tra gli arrestati una donna che operava a Torino ma attualmente residente nel mantovano

In collaborazione con il Servizio Centrale Operativo e i canali di cooperazione con la Polizia nigeriana, è stato identificato anche uno dei componenti del sodalizio operante all’estero per trasferire le vittime di tratta dalla Nigeria alla Libia, dove venivano imbarcate per farle giungere sulle coste italiane.

L’attività investigativa ha confermato le caratteristiche tipiche delle organizzazioni nigeriane dedite alla tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento sessuale e in particolare il ricorso a riti magici e le minacce ai danni dei familiari in patria come strumenti per obbligare le vittime, costrette a versare ai loro aguzzini somme variabili tra i 20 e i 30 mila euro, come riscatto per affrancarsi dalla mamam.

Appena arrivate in Italia le ragazze dovevano fare domanda di protezione internazionale

Un sistema che la mafia nigeriana utilizza con tutte le ragazze per aggirare la legge italiana che impedisce al richiedente asilo di essere espulso fino all'esito della sua richiesta.

Un periodo che, stante la lentezza della burocrazia italiana, può arrivare fino a 18 mesi. Un periodo nel quale le ragazze possono essere sfruttate senza correre il rischio della loro eventuale espulsione.


Per garantire alla sfruttatrice una rendita per un apprezzabile periodo di tempo, le ragazze, prima di essere avviate alla prostituzione entravano nel sistema di accoglienza e formalizzavano la richiesta di protezione internazionale. Questo escamotage impediva di espellerle fino al termine della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiati. Una volta formalizzata la domanda di asilo, le vittime venivano indotte a scappare dal centro di accoglienza e venivano costrette a prostituirsi, iniziando così a pagare il debito.


Nel corso dell’indagine, nella quale risultano indagati 6 soggetti, tutti nigeriani, è stata raccolta la denuncia di tre vittime, che dopo aver deciso di affrancarsi dai loro sfruttatori, hanno raccontato tutte le fasi del loro reclutamento e le angherie che hanno dovuto subire durante il viaggio, costituite da violenze fisiche, abusi sessuali e restrizioni forzate nei centri di detenzione libici.


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