martedì 31 gennaio 2017

Dalla camorra all'Isis, arrestati tre italiani per traffico di armi

In manette un manager del settore elicotteristico e una coppia radicalizzata di San Giorgio a Cremano, Napoli.

Indagini anche sul figlio. Contatti tra i Casalesi e la mala del Brenta per l'addestramento dei ribelli sudanesi Al-Shabaab. L'inchiesta nata dalla denuncia di un'inchiesta della trasmissione Report, Rai3.

Arrivano anche dall'Italia le armi nelle mani dei terroristi dell'Isis, armamenti ed elicotteri destinati anche a Iran e Libia. Sono tre italiani e un libico i destinatari del provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Napoli per traffico internazionale di armi verso Iran e Libia aggirando l'embargo. I fermati sono marito e moglie di San Giorgio a Cremano (Napoli), Mario Di Leva, convertitosi all'Islam con il nome di Jaafar, e Annamaria Fontana, e un manager della Società italiana elicotteri, Andrea Pardi.

Ricercato un libico. Il quarto destinatario del provvedimento di fermo è un libico resosi irreperibile. È indagato anche il figlio della coppia, per il quale, al pari del padre, i magistrati napoletani sospettano un processo di "radicalizzazione" in atto. Il provvedimento sarebbe stato emesso, secondo quanto si apprende, in quanto nel corso delle indagini era sopraggiunta un'emergenza investigativa legata a un pericolo imminente di fuga all'estero.

Dai Casalesi ai miliziani islamici. Nell'ambito dell'operazione sono state eseguite dieci perquisizioni nei confronti di altrettante persone per ipotesi di reato riconducibili al traffico internazionale di armi. La prima fase ha avuto avvio nel giugno 2011, su iniziativa del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, nell'ambito di un'inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli. Era emerso che un affiliato a un clan camorristico dell'area casalese era stato contattato da un appartenente alla cosiddetta "mala del Brenta" che cercava esperti di armi da inviare alle Seychelles per addestrare mercenari somali. Dalle indagini emersero le responsabilità di un somalo con cittadinanza italiana, parente del deposto dittatore del Puntland (Somalia), che hanno aperto i nuovi scenari d'inchiesta.

Rapimenti e mediatori. Ci sarebbero stati contatti telefonici tra la coppia di coniugi di San Giorgio a Cremano e i rapitori di quattro italiani sequestrati in Libia due anni fa. Le forze dell'ordine sono riuscite a decriptare alcuni sms successivi al sequestro in cui la coppia faceva riferimento alle persone già incontrate qualche tempo prima e facendo intendere che erano i rapitori libici. A marzo 2016 due dei nostri connazionali, Fausto Piano e Salvatore Failla morirono mentre gli altri due rapiti, Gino Pollicandro e Filippo Calcagno, riuscirono a mettersi in salvo.

Aggressione al giornalista. Non è la prima volta che balza alla cronaca il nome di Andrea Pardi, amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri, fermato con altri tre questa mattina dai militari del Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Venezia nell'ambito di una inchiesta della Dda di Napoli allargata a Roma, Napoli, Salerno e L'Aquila sul traffico internazionale di armi e di materiale dual-use di produzione straniera. In passato la Società Italiana Elicotteri era stata coinvolta in una inchiesta sull'assoldamento di mercenari e un traffico di armi tra Italia e Somalia.

E lui, Pardi, anche per l'aggressione il 7 ottobre 2015 a un cronista di Report dapprima all'esterno e poi all'interno della palazzina nell'area aeroportuale di Roma Urbe dove ha sede la società. Secondo la denuncia del cronista, Giorgio Mottola, impegnato in un servizio sull'impresa guidata da Pardi, dapprima venne data una manata sulla telecamera, che a quel punto smise di funzionare per alcuni secondi, poi egli stesso, con un braccio stretto al collo venne trascinato in ufficio, quasi sollevato di peso, senza che nessuno degli impiegati presenti intervenisse in sua difesa nonostante la richiesta ripetuta di aiuto o comunque ponesse fine a quanto stava accadendo.

Sul posto poi intervennero le forze dell'ordine chiamate dal giornalista una volta tornato libero in strada. Il manager venne denunciato; la telecamera del reporter risultò danneggiata, però la scheda digitale con la registrazione dell'accaduto rimase integra. Dalla ricostruzione dell'accaduto fornita dal fronte Rai, il giornalista si trovava all'esterno della palazzina che ospita gli uffici della Società Italiana Elicotteri, ed aveva avvicinato il manager, appena sceso da un'auto di colore bianco con targa straniera e gli aveva fatto una domanda relativa a trattative intavolate per la vendita di velivoli all'estero.
(Il Tempo)

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