lunedì 14 novembre 2016

Sicilia, le nigeriane costrette a prostituirsi si ribellano. 15 arresti

Dopo Palermo anche a Catania le ragazze nigeriane costrette a prostituirsi si ribellano ai loro aguzzini per liberarsi dalla loro schiavitù. La Polizia di Stato ha scoperto il traffico di persone grazie all'operazione “Skin Trade


Dopo Palermo, Catania. Le ragazze nigeriane vittima della tratta e costrette alla prostituzione, si ribellano. Poca attenzione sul percorso travagliato e violento che le ha portate in Italia dal loro Paese d'origine. Contattavano le giovani ragazze in Nigeria e le trasportavano in Sicilia attraverso la Libia per "rivenderle al migliore offerente", e per questo 15 persone sono state arrestate.

Da Benin City, città nigeriana a poche centinaia di chilometri dal mare che bagna il golfo della Guinea, sono arrivate in Sicilia, via Kanu, Agades, Sabratha e Tripoli, come pacchi postali. Merce per fare soldi sui marciapiede.

I dati dell’Organizzazione intergovernativa sulle migrazioni (OIM) parlano chiaro:
  • 6.334 donne e ragazze nigeriane arrivate in Italia nel 2016, una su cinque è minorenne,
  • nel 2015 erano state 5.633, (1.022 delle quali minorenni),
  • 1.454 nel 2014,
  • 433 nel 2013,
  • un numero che cresce in modo esponenziale di anno in anno
Una crescita impressionante, un giro d'affari altrettanto impressionante, che ingrassa quanti in Nigeria individuavano giovani donne da destinare alla prostituzione. Le ragazze sono individuate, contattate, a loro è disegnato un futuro diverso, il sogno di una nuova vita.

Inizia il viaggio, grazie a dei personaggi chiamati “trolley”, che si occupano della "merce umana" dalla Nigeria sino ad un porto libico, molto spesso quello di Tripoli. Da qui, le ragazze vengono imbarcate in carette del mare per attraversare il Canale di Sicilia. Dagli schiavisti, le ragazze vengono sottoposte al rito woodoo per costringerle all'ubbidienza, alla schiavitù.

A Catania, una inchiesta ha portato all'arresto di 15 persone di nazionalità nigeriana, quattro sono irraggiungibili perché fuggite all'estero, con ogni probabilità rientrate in Nigeria.

Una lunga inchiesta, avviata nel 2013 ricostruendo il retroscena di una aggressione, vittima una ragazza nigeriana che si prostituiva lungo la Catania-Gela. Ad aggredirla era stata la sua mamam. Per liberarsi dalla schiavitù e dal marciapiede, la ragazza avrebbe dovuto restituire 40 mila euro ai suoi carcerieri.

Così sono state individuate due organizzazioni con ramificazioni anche a Caserta. Le indagini hanno permesso di individuare anche quattro "grossisti della tratta", due arabi, un ghanese e un nigeriano incaricati del soggiorno in Libia.

Quando le ragazze arrivavano in Italia, provate dal viaggio e dalla lunga e difficile attesa in Libia, dalla Sicilia partiva il "reclamo" degli schiavisti, che protestavano per la "merce avariata" (ragazze già violentate durante il viaggio o costrette a prostituirsi già in Libia). Un impianto criminale che ora, a Catania come a Palermo, mostra qualche crepa per il coraggio delle ragazze nigeriane, che sono anche scese in piazza, trovando molta solidarietà tra la popolazione.

I nigeriani arrestati
In sostanza gli imputati, tra cui ben 13 donne (le mamam), sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei delitti di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone ai danni di giovanissime donne di nazionalità nigeriana, del delitto di tratta di esseri umani, con l’aggravante della trans-nazionalità, per aver reclutato, introdotto, trasportato e ospitato nel territorio dello Stato giovani donne nigeriane al fine di costringerle ad esercitare la prostituzione e del reato di sfruttamento della prostituzione.

In particolare la Squadra Mobile di Catania, in collaborazione con le Squadre Mobili di Napoli, Caserta, Padova e Palermo, ha arrestato 11 dei 15 imputati tra cui Tina Nosakhare, 28 anni, FabyOsagie Idehen, 23 anni, Cynthia Samuel, 34 anni, Chineyere Marvelous Uyor, 27 anni, Gift Akoro, 28 anni, Toyin Lokiki, 31 anni, Faith Otasowie, 30 anni, Beauty Aidiagbonya, 36 anni, David Ewere Omofomwan, 37 anni, Albert Agyapong, 30 anni, Irene Ebhodaghe, 44 anni.

Le vittime, tra cui vi erano anche minorenni, venivano “acquistate” dalle "mamam" presenti in Italia mentre si trovavano ancora in Libia e venivano sottoposte a riti woodoo che le avrebbero indotte a sottomettersi al volere delle loro mamam.

All'arrivo in Italia, le ragazze iniziavano un tirocinio con la propria mamam che impartiva loro le direttive necessarie per un proficuo esercizio delle prostituzione, venivano, pertanto, indottrinate quanto ad abiti ed accessori da indossare per rendersi più “appetibili” ai potenziali clienti, quanto a cifre da richiedere e a prestazioni da eseguire, ricevendo l’assegnazione di una "postazione" di lavoro su strada. Ognuna delle vittime avrebbe dovuto pagare, oltre a qualche decina di migliaia di euro per il "viaggio", anche l'affitto per la camera offerto dalla mamam (100-200 euro al mese) e quello per la "postazione" di lavoro in strada (altri 300-400 euro).

Le operazioni della Squadra Mobile della polizia di Stato hanno avuto inizio nel luglio del 2013 dopo una denuncia effettuata da una ragazza nigeriana che era stata più volte vittima di aggressioni.
(Fonte: NewsSicilia)

Operazione "Skin Trade 2" Intercettazione telefonica


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