giovedì 13 giugno 2019

Palermo. Sgominata banda di nigeriani che sfruttava connazionali. Arrestato anche un italiano

Mafia nigeriana a Palermo. Riti wodoo, unghie strappate, torture e violenze sessuali per costringere le ragazze a prostituirsi.

Mafia Nigeriana

Arrestate quattro persone, tra cui un italiano, tutte accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tratta di esseri umani e sfruttamento della prostituzione ai danni di ragazze nigeriane.

Blitz della Guardia di Finanza a Palermo. I finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo hanno fermato quattro persone, accusate di appartenere ad un’associazione per delinquere transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione di giovani donne provenienti dalla Nigeria.

Le operazioni di polizia giudiziaria si sono svolte fra Palermo, Napoli, Dervio, Bergamo, concludendosi nella nottata presso l’aeroporto di Orio al Serio (Bergamo) con l’individuazione e la cattura della "mamam" che era anche a capo dell’organizzazione criminale, in Italia come rifugiato politico. La donna in fuga si stava imbarcando per Lagos.

Mafia nigeriana e macabri riti

L’indagine delle Fiamme Gialle, coordinata dalla Dda palermitana, ha “consentito di smantellare una organizzazione criminale, operante tra la Nigeria, la Libia e l’Italia, che ha costretto giovani donne nigeriane, a fronte della promessa di opportunità lavorative in Italia, ad assumersi un debito di 30 mila euro, quale pagamento del viaggio verso l’Italia e per l’avviamento al lavoro

Vulnerabilità psicologica

Mafia Nigeriana
Approfittando del loro evidente stato di vulnerabilità psicologica, le giovani nigeriane erano sottoposte alla celebrazione di macabri riti ”Woodoo” posti a garanzia del debito ‘contratto’. “E per rendere l’assoggettamento delle vittime ancora più simbolico e potente, i rituali magici, eseguiti anche in Nigeria prima della partenza per il viaggio presso ”santuari o templi” (i cosiddetti ”shrines),  avevano ad oggetto il sacrificio di animali, il prelievo di unghie, capelli e biancheria intima delle vittime

Le donne venivano poi trasferite in Libia, dove erano costrette a sostare presso strutture di detenzione nella disponibilità dell’associazione criminale, per essere definitivamente imbarcate alla volta dell’Italia. Giunte in Italia e accompagnate nei centri di prima accoglienza in Sicilia, venivano successivamente "prelevate" e quindi avviate alla prostituzione, con l’obbligo di riscattare progressivamente la somma concordata per riottenere la libertà ed evitare conseguenze lesive per loro e i propri familiari in Nigeria.

A capo dell'organizzazione una donna crudele

Secondo gli inquirenti a capo dell’organizzazione criminale c’era una donna “crudele. Le indagini complessivamente svolte, sotto la costante direzione della Dda di Palermo, hanno consentito di accertare come i fermati concorressero, sinergicamente e in piena condivisione d’intenti, nel reclutamento delle giovani ragazze in Nigeria, nel loro ”trasferimento”, attraverso il deserto fino alle spiagge libiche dove, con l’utilizzo dei consolidati canali di migrazione illegale, venivano condotte in Italia e consegnate al capo dell’organizzazione criminale (una donna nigeriana, T.E. di 35 anni, residente a Palermo).

Minacce di morte

Nel palermitano la ”maman” provvedeva ad avviarle forzatamente alla prostituzione, spesso con minacce di morte e percosse, grazie al fattivo contributo di due "boys" residenti in Campania e Lombardia, G.P. di anni 26 e G.S. di anni 29. Il loro compito era quello di picchiare e violentare quelle ragazze che non obbedivano ai voleri della "mamam"

Un italiano di 78 anni faceva il "taxista" e la "vedetta" in cambio di favori sessuali

La ”maman” si avvaleva, inoltre, del contributo di un cittadino italiano, G.M. di 78 anni, il quale, con la propria autovettura, si adoperava per la collocazione delle vittime destinate allo sfruttamento presso i luoghi di prostituzione del capoluogo siciliano, promuovendo un servizio ”dedicato” di trasporto da e verso i luoghi di sfruttamento. L’anziano fungeva anche da vedetta, segnalando alla ”responsabile” l’eventuale sopraggiungere di pattuglie delle Forze dell’Ordine.

Le indagini hanno anche consentito di far luce su un articolato e lucroso sistema di trasferimento di denaro contante all'estero, denominato ”Euro to Euro”, utilizzato dalla compagine criminale per il trasferimento dei proventi illeciti grazie al concorso di due ulteriori cittadini nigeriani residenti a Palermo, denunciati a piede libero.





Articolo a cura di
Maris Davis


Condividi su Facebook


Nessun commento:

Posta un commento