Quando è ricomparso il virus ebola il 1° agosto 2018 nel Nord-Kivu e a Ituri, due province nella Repubblica Democratica del Congo, i più erano convinti che sarebbe stato debellato presto, ma così non è stato.
La lotta contro la febbre emorragica è complessa per le continue aggressioni da parte di vari gruppi armati nell'area e per l’ostruzionismo di una parte della popolazione che rifiuta di sottoporsi ai controlli medici, ai vaccini, a far ricoverare i congiunti e si oppone ai funerali sicuri.
Secondo l’ultimo bollettino epidemiologico nazionale rilasciato il 26 maggio 2019, contagiate da ebola, sono morte 1277 persone, 1912 sono state infettate dal virus e 496 sono guarite.
Un operatore sanitario dell’equipe per la prevenzione della malattia infettiva è deceduto domenica durante il trasporto in ospedale dopo un’aggressione da parte di alcuni residenti del villaggio di Vusahiro, nel Nord-Kivu. Il centro è stato saccheggiato e tre case sono state incendiate. Nella zona di Butembo un ambulatorio è stato distrutto da sconosciuti.
Nel suo ultimo rapporto del 25 maggio l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha precisato che gli operatori sanitari, responsabili locali per l’igiene pubblica, membri delle comunità che collaborano per arginare la propagazione del virus ebola, subiscono di continuo intimidazioni da vari gruppi armati. Di conseguenza in alcune aree gli addetti ai lavori non possono intervenire. A Beni e Lubero alcune infermiere e medici hanno persino dovuto lasciare le loro case e traslocare con le famiglie in altre zone per le continue minacce di morte.
Per dare risposte concrete alla lotta contro il virus ebola, è stato nominato come vice-rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU nell’ex colonia belga, David Gressly con il compito di coordinatore per gli interventi d’urgenza del Palazzo di Vetro nelle zone colpite dalla letale malattia. Gressley dovrà affrontare parecchi problemi, come migliorare la questione sicurezza e il clima politico affinché la lotta contro l’ebola possa essere più rapida e efficace. “Finora la costante insicurezza e le manifestazioni politiche hanno reso molto difficile il nostro compito. Non possiamo assolutamente perdere altro tempo se vogliamo annientare la malattia”.
In occasione della settantaduesima assemblea dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione, ha sottolineato che per combattere il nemico pubblico numero uno bisogna essere uniti: il governo di Kinshasa, l’opposizione, le persone sul campo devono collaborare tutti insieme per sconfiggere la malattia.
Intanto il governo congolese ha fatto sapere che in dieci mesi si sono verificati ben centotrentadue aggressioni contro le equipe sanitarie. Attacchi che sono costati la vita a quattro persone e trentotto feriti tra personale e pazienti. Inoltre, il personale addetto alla cura dell’ebola è particolarmente esposto al contagio. Dal 1° agosto ad oggi sono morti oltre trenta operatori del settore infettati dal virus killer.
Nella Repubblica Democratica del Congo ci sono state dieci epidemie da quando è scoppiata la prima nel 1976. Durante quella del 1995 morirono alcune suore italiane a Kikwit.
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