La mafia nigeriana dietro il traffico di pistole, fucili e mitragliatori.
C’è un passaggio di armi che avviene quasi alla luce del sole e che sembra venga spesso utilizzato dalle organizzazioni terroristiche come ISIS e Boko Haram. Si tratta del trasferimento di armi "in parti" e cioè smontate. Fucili e pistole in pezzi possono infatti viaggiare con bolle di accompagnamento che le qualificano come carpenteria metallica.
In questo modo può essere facile spostare armi da tenere a disposizione dei terroristi per eventuali attentati. Pezzi che diventano subito utilizzabili perché la maggior parte di chi arriva da zone di guerra sa facilmente e rapidamente montare pistole e fucili.
"Io per esempio sono stato un soldato bambino in Liberia e lì ho imparato tutto. Quando avevo 13 anni ero già in grado di montare un fucile in pochi minuti". Potremmo chiamarlo Jo, quelli come lui sono abituati ai nomi di fantasia. Non tanto per una sorta di protezione, come in questo caso, ma perché come tanti altri che arrivano dell’Africa occidentale e vivono in alcune ben definite aree in Italia, sono dei fantasmi, gente senza identità, arrivati da altri paesi europei in aereo e mai identificati (a differenza di chi ci raggiunge sui barconi della disperazione).
Lui, Jo, collabora da tempo con le forze dell’ordine italiane e ha denunciato e fatto arrestare componenti della cosiddetta mafia nigeriana, una organizzazione criminale molto ben radicata nelle aree del litorale casertano fino al basso Lazio, a Roma (Tor Bella Monaca), Genova, Catania, Veneto.
"Ci sono personaggi che hanno fatto parte di Boko Haram (feroce organizzazione terroristica jihadista nigeriana) e che oggi vivono qui anche se non è facile individuarli. Loro hanno la possibilità di offrire supporto ai terroristi in caso di attentati e si approfittano anche degli altri. Tutti sanno come spostare le armi qui e tutti sanno montarle. Spesso le sotterrano nei terreni della zona di Castelvolturno".
È un fiume in piena mentre giriamo in auto tra case basse, una volta dimore estive delle famiglie napoletane e casertane e oggi quasi disabitate o occupate dagli immigrati. Mi mostra villette fatiscenti dove vivevano esponenti della mafia nigeriana che ora sono in galera, dove venivano eseguiti gli omicidi, dove confezionata la droga, dove schiavizzate le prostitute.
Non sono l’unica, né la prima. Ha già detto tutto agli investigatori dell’antimafia. "La situazione è potenzialmente pericolosa perché per soldi gli esponenti di Eye (così si chiama l’organizzazione) farebbero tutto per i terroristi". Gli chiedo se sia vero che le armi le spostano in pezzi. "Certo, a volte le parti delle pistole le nascondono all'interno delle patate nigeriane che sono molto grandi. Le tagliano a metà e nella parte più morbida sistemano i pezzi. Chi può mai accorgersi del carico illegale?".
Per ciò che riguarda i pezzi di ricambio e le parti staccate la legislazione di fatto non esiste e i controlli sono quasi impossibili. Anche in termini internazionali, secondo l’ultimo trattato che si chiama ATT (Arms Trade Treaty) e che è stato approvato dall’ONU nel luglio di due anni fa, il problema delle armi staccate non si pone, quindi non è controllabile sul piano internazionale.
Questo problema lo abbiamo posto con forza sia come ricercatori che come associazioni ONG che lavorano nel settore e anche attraverso Amnesty International alle conferenze di preparazione di quel trattato. Quindi la questione era stata posta, ma per veti politici di grande peso sia le armi in parti staccate che le munizioni sono in gran parte uscite dalla copertura di quel trattato. Il risultato è che per molte legislazioni di vari paesi armi e munizioni in parti staccate possono circolare liberamente.
In Italia la situazione è particolare. Esiste certamente una legge tra le migliori, ma in realtà se l’arma per esempio è destinata a forze di polizia non viene considerata arma militare e quindi esce dal controllo che si deve fare ai sensi della legge 185/1990 sulle armi militari ed entra invece sotto l’egida di un’altra legge, la 110/1975, che non prevede controlli dello stesso tipo e soprattutto non prevede la pubblicazione dei dati in un rapporto così come invece si fa per le armi militari.
"Quindi noi non ne sappiamo in gran parte niente. E se io spedisco una partita di armi staccate, per esempio 100 canne, 100 calci, 100 percussori, 100 grilletti, intanto sarà un gioco abbastanza semplice ricomporre altrettante armi complete ma poi, soprattutto, i pezzi che hanno viaggiato staccati non saranno stati mai classificati come armi e quindi non saranno mai entrati sotto i controlli di legge che invece dovrebbero logicamente seguirli. Una bolla di canne di fucile per esempio, viene classificata come parti metalliche o carpenteria metallica".
"Con queste premesse, purtroppo, se un terrorista ha intenzione di colpire un obiettivo rilevante in un paese come i nostri noi siamo alla mercé di qualunque attentato".
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