mercoledì 11 ottobre 2017

Milano, condannato all'ergastolo il "torturatore" del campo profughi di Bani Walid

Le vittime, noi sequestrati e picchiati. La Corte d’Assise conferma la richiesta della pena della Procura di Milano. A 23 anni ottiene il record di primo carceriere di un campo per emigranti in territorio libico a essere condannato in Italia.

Osman Matammud mentre esce dal Tribunale di Milano dopo la sentenza di condanna

Non era solo un guardiano violento, ma era anche un sadico feroce che godeva a far soffrire i prigionieri fino alla morte, a farli gridare di dolore al telefono per costringere a pagare di più le loro povere famiglie che dall'altro capo sentivano le urla strazianti, sempre più di quanto avevano già dato per il viaggio della speranza su un barcone diretto in Italia.

Ergastolo aveva chiesto la Procura, ergastolo infligge la Corte d'Assise di Milano al somalo Osman Matammud che ad appena 23 anni ottiene il poco invidiabile record di primo carceriere di un campo per emigranti in territorio libico ad essere condannato in Italia.

Quando esce in manette dalla gabbia dell'aula scortato da due agenti della polizia penitenziaria, sembra impossibile che questo giovane magro possa avere avuto la forza fisica e la ferocia sufficienti a fare quello per cui è stato condannato: omicidio, sequestro di persona, violenza sessuale ed altro ancora. Ma tutti gli immigrati che a settembre 2016 lo hanno riconosciuto mentre cercava di mimetizzarsi tra loro all'esterno della Stazione Centrale di Milano hanno puntato il dito contro di lui anche al processo.

Osman picchiava e rompeva le ossa con le spranghe di ferro, torturava con le scariche elettriche. Violentava le donne con bestialità e uccideva gli uomini nel campo di Bani Walid, 150 chilometri a sud-est di Tripoli, dove gli immigrati con il sogno dell'Europa dopo aver pagato 7.000 dollari racimolati vendendo tutto venivano ammassati in attesa di attraversare il Canale di Sicilia.

Osman, ha sostenuto il pm Marcello Tatangelo, era solo uno degli uomini di un'organizzazione criminale in grado di gestire migliaia di emigranti. Lo hanno confermato anche le vittime, tra cui alcune donne, alle quali teoricamente dovrebbe andare un risarcimento di 100 mila euro ciascuno, ma che non avranno mai nulla viste le condizioni di assoluta povertà in Italia del presunto torturatore.

Di fronte ai giudici, il somalo ha detto di non essere un aguzzino, di aver subito anche lui le sevizie, di essere una vittima come gli altri i quali fanno parte di tribù somale nemiche della sua e che per questo si sono coalizzati contro di lui inventandosi ogni accusa.
(Corriere della Sera)

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