giovedì 20 luglio 2017

Napoli, 15enne violentata in spiaggia trova i colpevoli su facebook e li fa arrestare

«Mi hanno circondata e poi spogliata, loro erano nudi» .. Racconta gli abusi ad una amica: «Uno di loro mi ha detto se avevo voglia di seguirlo e comprare qualcosa da bere e per ripararci dal sole. Io mi sono fidata perché c’era gente, c’erano altre persone attorno. Cosa poteva mai accadermi?»


«Io neanche ci volevo andare, poi uno di loro mi ha girata di spalle e ha fatto quello che non volevo mi facesse. Ho paura adesso, li ho anche riconosciuti su Facebook, non voglio raccontarlo a nessuno, anche se piango da questo pomeriggio, che devo fare?»

Una scusa per «isolare» la ragazza
La quindicenne era con un gruppo di amici e i tre ragazzi, che si conoscono tra loro sin da bambini e che hanno un amico in comune nel gruppo della ragazza presa di mira. Una parola, una battuta, qualche bibita fredda e poi l’invito a spostarsi per poter ripararsi dalla calura. La quindicenne decide di andarci, perché con lei c’era anche un suo amico, poi sparito nel nulla.

Forse era una trappola, ma quello che è successo dopo, lei lo ha raccontato ai medici dell’ospedale quando si è fatta visitare. Aveva delle abrasioni e le sono stati fatti dei tamponi vaginali i cui risultati saranno comparati con il Dna di uno degli indagati. I due ragazzi di Capodichino prima l’hanno denudata e poi hanno provato ad abusarla. Non ci sono riusciti. C’è riuscito invece il ragazzo di Forcella che andato via dopo aver schiacciato il volto della ragazza al muro, prendendola per la nuca.

Singhiozzava al telefono parlando con la sua amica del cuore. Era appena tornata dal mare ma non aveva il volto felice e spensierato di una ragazza di quindici anni che aveva passato una giornata in spiaggia con gli amici. No, soffriva perché era stata sfregiata nell'anima e nel corpo da un branco di ragazzi che ora, grazie al suo coraggio, sono accusati di stupro.

Aveva pensato di non dire nulla a nessuno, di nascondersi dentro quel segreto. Ma poi ci ha ripensato: ha acceso il cellulare che aveva tenuto spento per un po’ perché voleva isolarsi, e ha iniziato a scrivere in chat ad una amica raccontando quello che aveva vissuto poche ore prima. E anche che aveva subito indagato e usato l’arma più facile per un adolescente ai giorni d’oggi: Facebook.

Individuati sul social network
Due degli indagati nel loro profilo FB
Ed è così che ha riconosciuto e individuato i suoi aggressori. Li ha mostrati a sua madre dopo che un’amica con la quale si era confidata, l’aveva aiutata a raccontare tutto a sua madre, perché lei da sola non ci riusciva. E poi, dopo, è stato più facile denunciare ogni cosa ai carabinieri portando anche nomi e volti a supporto di un racconto crudo e sconvolgente.

Il branco. Adesso dovrà nuovamente guardare quei volti, forse per l’ultima volta, in un riconoscimento di persona che il pm ha disposto, dopo il suo interrogatorio alla presenza del giudice, degli psicologi e dell’avvocato dei ragazzi indagati. Ieri uno dei ragazzi, un sedicenne di Forcella che nella vita fa il barista, indicato dalla vittima come l’unico con il quale è stata costretta ad un rapporto sessuale completo, è stato sottoposto al tampone salivare per il Dna. Sarà confrontato con residui di liquidi ritrovati sul corpo della quindicenne. La terribile storia risale a domenica 28 maggio. Allo «scoglione» di Marechiaro, dove ci si arriva a nuoto o con barchette di pescatori, c’erano tantissime persone.

Le confidenze con una compagna di studi
Li aveva cercati, guardando tra gli amici del profilo facebook del suo amico, e alla fine li aveva trovati. Individuati. I suoi aggressori avevano un volto e un nome. A quel punto la chat non bastava più, aveva bisogno di ascoltare una voce che l’aiutasse. Di un contatto umano. Così ha telefonato alla sua compagna di studi e ha detto tutto.

«Ero con gli altri, allo Scoglione di Marechiaro, poi uno di loro mi ha detto se avevo voglia di seguirlo per andare a comprare qualcosa da bere e per ripararci un po’ dal sole. Io mi sono fidata perché c’era gente, c’erano altre persone attorno. Cosa poteva mai accadermi?». Sembravano dei bravi ragazzi, innocui anche perché piccoli di età e facevano parte di una comitiva di altri conoscenti, di quartieri diversi ma spesso a mare allo «scoglione». «A Marechiaro cosa mi poteva mai accadere?», ripete all’amica. E invece quello che le hanno fatto, lei non riusciva proprio ad immaginarlo, né a raccontarlo: «Io voglio denunciare ma come faccio con i miei? Mi manca la forza», aveva detto all'amica anche lei terrorizzata per quanto stava ascoltando dall'altra parte del telefono.

Lo scoglione di Marechiaro (Napoli), luogo dello stupro

«Mi hanno circondata e poi spogliata»
«In due mi hanno spogliata, tolto il costume, e toccata, loro erano nudi e mi hanno circondata. Mi toccavano, mi toccavano. Sono riuscita a scappare e loro sono andati via». Ed è lì che ha detto di aver incontrato un altro ragazzo che faceva parte di quel gruppo e che ha finto di volerla aiutare: «Mi ha chiesto cosa mi fosse successo e poi invece mi ha trascinata in un angolo e mi ha girata di spalle»

Quel racconto la giovane vittima lo ha ripetuto poi ai medici, ai carabinieri e al pm e lo ripeterà nella sua mente, forse per tutta la vita.

E poi, come se non bastasse, come spesso accade in queste drammatiche storie, le offese e le provocazioni si dispensano anche sotto gli occhi di tutti nelle pagine Facebook. «Parlate di meno e scopate di più», è la frase choc che il ragazzino accusato di averla violentata ha scritto sulla sua bacheca un mese dopo lo stupro a Marechiaro.

Le imprese del branco su FB
Il giorno stesso dello stupro, in compagnia di amici si è fatto ritrarre felice e spensierato mentre beveva una birra. Gli altri due invece, i ragazzi di Capodichino, proprio ieri, nel giorno nel quale hanno saputo di essere indagati per violenza, hanno postato una foto abbracciati: «Passerà anche questa, sempre insieme amico». Nel giorno della violenza si sono «taggati» proprio a Marechiaro: «Io e te sempre assieme».
(Corriere del Mezzogiorno)

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