giovedì 27 luglio 2017

Bologna, stuprata dal branco perché non si voleva prostituire. Nigeriana fa arrestare 11 connazionali

Tratta di schiave dalla Nigeria. Bologna base operativa, ma le vittime venivano "smistate" in tutto il nord-Italia e anche all'estero. 18-19 anni, preferibilmente vergini e provenienti da situazioni socio-familiari difficili.


Donne che sfruttano altre donne. Dopo un viaggio di oltre 6mila chilometri, la promessa di un lavoro svanito una volta compreso di essere stata comprata in patria per prostituirsi in Italia. È l'operazione denominata "Falsa speranza". Tra gli arrestati anche la sua "mamam"

È durata un anno l'indagine dei Carabinieri di Bologna che oggi ha portato al fermo di 11 persone, 8 in città (4 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 1 con trasmissione degli atti alla Procura per i minorenni), due in carcere a Modena e a Crotone e una a Bolzano in attesa di convalida, mentre sono ancora in corso perquisizioni a Cesena e Torino.

Sono state tratte in salvo e affidate a strutture protette sei giovani nigeriane, sequestrati circa 15.000 euro, contante nigeriano e inglese, nonché carte e documentazione

La denuncia. Una 23enne nigeriana a giugno del 2016 aveva denunciato i suoi aguzzini. Ingannata in patria dalla promotrice della "tratta", una volta arrivata in Italia si era rifiutata di "lavorare" in strada, così a gennaio 2015 era stata picchiata e aveva subito uno stupro di gruppo da parte di connazionali, infine era stata abbandonata in strada in fin di vita. La violenza era stata tale da causarle lesioni permanenti, sottoposta a intervento chirurgico, le era stata asportata parte dell'utero, oltre a essere stata contagiata dal virus HIV. Grazie al coraggio della ragazza i Carabinieri hanno avviato l'indagine, coordinati dal PM Marco Orsi.

I reati. Art. 416 c.p. aggravato art. 4 L. n. 146/2006: Associazione per delinquere aggravata dal carattere transnazionale. Art. 12 D. Lgs. n. 286/1998 aggravato art. 4 L. n. 146/2006, disposizioni contro le immigrazioni clandestine aggravate dal carattere transnazionale. Artt. 582, 583 e 585 c.p., lesioni gravissime pluriaggravate. Art. 600 c.p.riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù. Art. 601 c.p. aggravato art. 4 L. n. 146/2006, tratta di persone aggravata dal carattere transnazionale. Art. 609 octies c.p., violenza sessuale di gruppo. Art. 3 L. n. 75/1958Induzione, agevolazione e sfruttamento della prostituzione. Art. 130 e 132 D. Lgs. n. 385/1993abusiva attività di raccolta del risparmio ed abusiva attività finanziaria.

"Un inferno" ha definito le condizioni di vita di queste nuove schiave il Comandante della Compagnia Bologna Centro Giuseppe Musto che ha sottolineato la dedizione dei Carabinieri per giungere allo smantellamento di questa struttura "perfida", ma, ha aggiunto "le lacrime delle ragazze salvate ci hanno ripagato ampiamente degli sforzi fatti per portare a termine l'indagine, nella speranza che da domani possano avere una giusta aspettativa di vita"

Bologna rappresentava la base operativa, ma le vittime venivano "smistate" in tutto il nord-Italia e anche all'estero. Durante le intercettazioni gli inquirenti hanno potuto constatare una situazione "aberrante, ragazze che speravano di non svegliarsi la mattina dopo, il timore per la vita dei parenti in patria, i riti tribali, le punizioni"

La "scelta". Le giovani non venivano selezionate a caso, giovani, di 18-19 anni, preferibilmente vergini e provenienti da situazioni socio-familiari difficili (matrimoni falliti, gravidanze extra coniugali).

"Necessario un intervento alla fonte" ha detto il Procuratore Capo Giuseppe Amato richiamando le parole del Ministro dell'Interno Marco Minniti "il fenomeno va interrotto all'origine" ovvero in quei paesi, dove le ragazze vengono circuite e fatte emigrare con l'inganno.

L'organizzazione. I membri conoscevano perfettamente il meccanismo dell'accoglienza ed erano in contatto con gli scafisti che dalla Libia traghettavano le ragazze in Italia, ma il loro viaggio, iniziato in Nigeria, da Benin City, passando per Agadez, in Niger, per arrivare a Sabha e poi a Tripoli.

A dirigerla una 38enne nigeriana, residente a Bologna, ma vi era una netta ripartizione dei ruoli. Alcuni soggetti erano deputati all'individuazione in Nigeria delle potenziali vittime, all'organizzazione del viaggio in Italia via Libia, alla fuga dai centri di accoglienza fino al trasferimento a Bologna, altri all'attività contabile ed alle “punizioni” in caso di resistenze a vendere il proprio corpo per ripagare il debito contratto, dai 40mila ai 70mila euro.

Erano alloggiate in veri e propri tuguri che condividevano in città. I proventi venivano reinvestiti nell'acquisto di nuove donne o reintrodotti in Nigeria dentro container o trasportati di persona. L’estinzione del debito era garantito da rituali woodoo, così da instaurare un vincolo psicologico per timore ritorsioni.
(Bologna Today)

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