Istruzione, il futuro dei bambini rifugiati al bivio. Una campagna per aiutarli. Con un sms al 45516 sarà possibile donare 2 euro e contribuire all'istruzione di un bambino per un mese.
Un bambino che non va a scuola è un bambino vulnerabile. Partendo da questo presupposto non è difficile immaginare l’importanza che l’educazione raggiunge per i minori che hanno dovuto abbandonare il proprio paese e con esso tutto il mondo a loro familiare per sfuggire alla guerra, alla fame e alle persecuzioni.
Si può fare. Per questo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati sta promuovendo la campagna #mettiamocelointesta che grazie ad un sms al 45516 rende possibile donare due euro: l’ammontare di un mese di scuola di un bambino rifugiato in un paese in via di sviluppo.
“È importante fare campagne di questo genere – sottolinea Carlotta Sami, portavoce dell'Unhcr per il Sud Europa - perché i dati sono preoccupanti. Circa la metà dei rifugiati è minorenne e se non si inizia da subito a garantire l’accesso all'istruzione così come si fa per cibo e cure mediche il rischio è poi di avere degli adulti che non saranno in grado di prender in mano la propria vita”
L'iniziativa. Con la Campagna “Mettiamocelo in Testa. Solo l’istruzione può salvare la vita e il futuro di un bambino rifugiato” le Nazioni Unite sosterranno il programma “Educate a Child”. Avviato nel 2012 in 12 paesi questo progetto ha garantito, nei primi 5 anni, accesso all'istruzione a 1 milione di bambini rifugiati.
Prima che sia tardi. Instabilità politico-economica, guerre, carestie, regimi dittatoriali: sono queste le cause che spingono le persone a fuggire verso una nuova vita. Si stima che nel mondo ci siano circa 65 milioni tra sfollati e rifugiati. L’86% ha cercato rifugio in paesi vicini alla patria ma spesso poveri, in via di sviluppo dove l’accesso all'istruzione è difficile.
“I rifugiati rimangono tali mediamente per 18-20 anni prima di poter tornare nei loro paesi di provenienza, dobbiamo quindi iniziare a investire sui più giovani prima che sia troppo tardi”
Istruire come curare. L’educazione dunque deve essere intesa come un bene di prima necessità, non meno importante delle cure mediche o del cibo. Il futuro dei propri figli è infatti il primo motivo che spinge intere nuclei alla fuga.
“Il motivo per il quale molte famiglie fuggendo vendono tutti i loro beni, chi un’auto chi una casa è dare un’educazione ai propri figli. È il primo motore, ancora più del trovare lavoro per i genitori: sanno che solo così i figli potranno crescere e realizzarsi, rendersi autosufficienti”
La scuola contro le violenze. L’educazione dunque rappresenta una garanzia per il futuro, ma nel presente è un modo, il più efficace per salvare i bambini da arruolamenti, matrimoni forzati e altre innumerevoli forme di sfruttamento.
“Tenere i bambini a scuola vuol dire togliere dalle loro mani un’arma e metterci un quaderno e un libro. Le bambine non solo vengono arruolate, ma ridotte anche in schiavitù. Gli istituti sono luoghi dove si distribuiscono pasti che spesso le famiglie non hanno la possibilità di comprare, ci sono le divise che spesso sono gli unici abiti a disposizione, dove si fanno le campagne di salute, vaccinazioni. Diventa così il centro della loro vita”
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