I fatti risalgono al 2013 e durano circa un anno. I soldati francesi erano in appoggio alla missione ONU Minusca nella Repubblica Centrafricana. Chiedevano favori sessuali a bambini e bambine di un campo profughi in cambio di cibo. I magistrati hanno respinto la causa perché contro di loro ci sono solo le testimonianze dei minori.
Nessun processo perché «le uniche testimonianze che si hanno sono i racconti dei bambini, senza altre prove indipendenti». È questa la motivazione data dai magistrati francesi che hanno respinto una causa contro almeno 13 soldati francesi in missione di pace nella Repubblica Centrafricana, accusati di abusi sessuali nei confronti di minori africani, «ripagati» con razioni di cibo e beni di prima necessità.
Una inchiesta che ha imbarazzato la Francia, così come le Nazioni Unite, anche se, all’epoca dei fatti, gli uomini non stavano lavorando per i Caschi Blu, come ora sta imbarazzando la decisione a non procedere.
Il campo profughi nei pressi dell'aeroporto di Bangui dove sarebbero avvenuti gli abusi |
La notizia, riportata da Reuters, e ancor prima dal New York Times, ricostruisce una vicenda inquietante, con tanto di commissioni d’indagine e informative passate da scrivania a scrivania, e tenute sotto il massimo riserbo. A portare alla luce il caso è stata l’associazione Aids Free World, che ha fornito al quotidiano britannico The Guardian copia di quei documenti nell'aprile del 2015.
I giudici hanno completato la loro revisione delle accuse lo scorso 20 dicembre e ora hanno ufficialmente annunciato che non porteranno avanti le accuse contro i soldati francesi perché «alcune testimonianze sono state giudicate incoerenti» e «non c’è modo per confermare le accuse», anche se «non si può escludere che gli abusi hanno avuto effettivamente luogo».
Paula Donovan di Aids Free World ha reagito con rabbia alla notizia: «Questa è una farsa. Se dei soldati africani avessero abusato sessualmente di ragazzini parigini l’indagine non si sarebbe conclusa sino a quando ogni autore non fosse stato messo dietro le sbarre». Intanto l’ong Ecpat ha detto a Reuters che non esclude la possibilità di fare appello alla decisione dei magistrati.
(La Stampa)
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