Il rapporto è basato su decine di interviste fatte dai ricercatori in un campo profughi nella zona di Aburoc, in un sito per la protezione dei civili difeso dalle Nazioni Unite nella città di Malakal, e su foto satellitari. Gli intervistati hanno raccontato di come, dopo gli attacchi, i soldati e i miliziani loro alleati rubassero ogni cosa: dalle scorte di cibo, ai mobili, e persino le porte delle case. Un capo villaggio ha descritto la distruzione come “essere stati sommersi da un’inondazione”.
Secondo le dichiarazioni di Joanne Mariner, consulente per le risposte alle crisi dell’organizzazione, “Intere zone del territorio degli shilluk sono state devastate; le loro case saccheggiate e poi date alle fiamme. Le prospettive di tornare indietro sono scarse, anche a causa della crescente crisi umanitaria nella regione e del timore di subire nuovamente violenza”. La Mariner ha continuato “Pur avendo presente che la storia del Sud Sudan è segnata da ostilità tra le etnie, lo sfollamento di massa di quasi tutta la popolazione shilluk è un fatto veramente sconcertante”.
Ora 10.000 persone si trovano nel campo per sfollati di Aburoc in condizioni drammatiche, con pochissima acqua a disposizione e poco supporto alimentare. Nel campo si sono già verificati numerosi casi di colera. La maggior parte della popolazione ha passato il confine con il Sudan in cerca della protezione internazionale.
La zona di stanziamento degli shilluk, terzo gruppo etnico del paese, si trova sulla riva occidentale del Nilo Bianco e, fino all'offensiva dell’esercito governativo sferrata all'inizio dell’anno, era sotto il controllo del gruppo di opposizione di Johnson Olony, conosciuto come Agwelek, alleato dell’Splm-Io di Riak Machar.
(Amnesty International)
Nessun commento:
Posta un commento