Il governo della Tanzania ha severamente proibito le esportazioni di cereali, promettendo misure draconiane per chi volesse cercare di portarli illegalmente oltre frontiera. “Tutti coloro che saranno arrestati nel tentativo di contrabbandare cibo fuori dal paese, si vedranno nazionalizzata la merce e il mezzo di trasporto su cui si trova”, ha dichiarato il primo ministro Kassim Majaliwa.
Il provvedimento è stato preso per contenere l’inflazione, che è al 6,1% su base annua ma rimane ben più alta del 5% programmato dal governo, ed è trainata dall'aumento del prezzo del cibo di base. Il governo si propone inoltre di sostenere lo sviluppo di una nascente industria alimentare locale.
La Tanzania ha prodotto l’anno scorso 3 milioni di tonnellate di surplus di cereali, ma l’esportazione libera ha scavato nelle riserve strategiche di un paese che è soggetto a crisi alimentari per le ricorrenti siccità. Anche quest’anno, nella stagione secca, secondo stime governative, un milione di tanzaniani hanno sofferto per la scarsità di cibo.
Secondo un rapporto della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite specializzata in sviluppo agricolo, nei paesi dell’Africa orientale i raccolti dello scorso anno sono stati rovinati dalla siccità e dai fenomeni atmosferici legati a El Niño, così la domanda sul mercato regionale è diventata pressante, con un notevole aumento dei prezzi, che hanno raggiunto livelli record in Sud Sudan, Kenya, Somalia, Uganda, Tanzania e parte dell’Etiopia.
La Tanzania, e in una certa misura l’Uganda, sono gli unici paesi nella regione ad aver prodotto un surplus di mais, il cereale più consumato dalla popolazione, e di altri cereali molto diffusi, come il sorgo.
(Reuters)
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